Le magie dei personaggi che il 26 ottobre entreranno nella Hall of Fame

Il 26 di questo mese al Grand Hotel Terme di Castrocaro – Terra del Sole ci sarà la seconda serata di gala della Hall of Fame del Pugilato Italiano. Saranno celebrati sei campioni: Primo Carnera, Sandro Mazzinghi, Bruno Arcari, Francesco Damiani, Gianfranco Rosi e Simona Galassi.
Qui racconto i momenti più emozionanti delle loro carriere. Lampi di magia.

New York, 29 giugno 1933

Quello tra Carnera e Jack Sharkey è un match da veri gladiatori. Condotto su un piano di equilibrio, ma con l’americano in vantaggio nei round iniziali. Un vantaggio che rischia di essere definitivo poco prima del ko finale, quando l’italiano barcolla su un gancio destro del campione. Il montante destro dalla corta distanza con cui Primo chiude l’incontro, al sesto round, è rapido e potente. In quel colpo si racchiude la grande favola di un gigante sicuramente troppo buono, ma anche molto ingenuo. Sul mondiale non ci sono voci di combine. Il titolo è tutto suo e la cintura è il ricordo più bello di un campione come Carnera, il primo italiano a conquistare un mondiale. Il gigante festeggia in un ristorante di Brooklyn assieme agli amici. Per loro canta una romanza dalla “Fanciulla del West” di Puccini, poi prende una fisarmonica. Suona e canta “O sole mio”. È un trionfo storico, va celebrato accompagnandolo con un pizzico di sana follia.

Madison Square Garden Bowl, Long Island, New York.
Primo Carnera b. Jack Sharkey ko 6 (mondiale pesi massimi)

Milano, 26 maggio 1968

La faccia di Mazzinghi è una maschera di sofferenza. I capelli, non più folti e ricci ma radi e lisci, sono appiccicati alla fronte dal sudore. Gli occhi sono gonfi, un taglio profondo e sanguinante segna brutalmente lo zigomo destro. È il volto di un eroe appena tornato dalla battaglia. Una lotta antica che solo guerrieri senza paura possono combattere. Anche l’altro porta i segni dello scontro. Ha l’occhio destro chiuso, gli zigomi gonfi e un taglio sulle labbra. Una foto meravigliosa cattura l’immagine dei due gladiatori. Pesti, stanchi, sanguinanti e distrutti dalla fatica e dai colpi subiti. Ma vicini. Testa contro testa, guardano la macchinetta fotografica. Le mani vanno ad accarezzare il volto di quello che fino a poco prima è stato un nemico da distruggere e ora è solo un compagno di viaggio lungo la difficile strada della boxe. Di combattimenti così puoi permettertene solo uno nella vita.

Stadio San Siro, Milano.
Sandro Mazzinghi b. Ki-Soo Kim p. 15 (mondiale superwelter Wba, Wbc)

Roma, 3 gennaio 1970

Personaggio schivo, fighter difficile da interpretare. La sua era una boxe per palati fini. Vederlo in azione dagli anelli più alti dei Palasport non rendeva l’idea di quanto fosse bravo. Ma ti restava negli occhi la forza con cui avanzava, la capacità di divorare qualsiasi avversario. Un uragano senza eccessi. Nessun urlo, rare folate di vento. Ma un avanzare implacabile che si fermava solo dopo la resa dell’avversario. Era una boxe fatta di infiniti scambi dalla corta distanza, colpi alla figura che sgretolavano la resistenza anche dei più tenaci. Il 31 gennaio del ’70 Bruno conquistava il titolo mondiale dei superleggeri battendo Pedro Adigue jr. Rimaneva campione per quattro anni, difendendo nove volte il titolo. Lo lasciava solo perché non ce la faceva a rientrare nei limiti della categoria. Passava nei welter e, a 34 anni, pareggiava con l’astro nascente Rocky Mattioli, che di anni ne aveva solo 23.

Palasport, Roma
Bruno Arcari b. Pedro Adigue jr p. 15 (mondiale Wbc superleggeri)

Monaco, 11 maggio 1982

Il terzo piano dell’albergo dove alloggiavano i pugili era occupato dai cubani. Una bolgia perenne. Musica e urla in continuazione, quelli dell’hotel avevano addirittura pensato di mandarli via. Era una festa continua. Aspettavano la raccolta dell’oro e festeggiavano in anticipo. La sera dei miracoli Francesco Damiani disputava il match perfetto. Non sbagliava nulla. Attaccava, attaccava, attaccava. E nel secondo round, se l’arbitro non avesse concesso a Teofilo Stevenson il tempo di riprendersi, forse avrebbe addirittura chiuso prima del limite. Il cubano aveva guardato l’orologio segnatempo sopra il ring e aveva cominciato a legare, poi erano tornato pesante e affaticato al suo angolo. Terzo round. I montanti di Stevenson erano quelli dei bei tempi. Entravano al corpo e sembrava volessero affondare sino ad uscire dall’altra parte. Ma Checco resisteva, incassava, riusciva addirittura a replicare. Gong. Era finita. Damiani cadeva sulle ginocchia. Era la stanchezza, non una manifestazione di gioia. Poi si alzava e ascoltava il verdetto. Aveva vinto 5-0, tutti i giudici avevano visto la sua superiorità. Al terzo piano dell’albergo le stanze dei cubani erano chiuse, da quelle parti regnava un silenzio assordante.

Palasport, Monaco di Baviera
Francesco Damiani b. Teofilo Stevenson p. 3 (quarti di finale Mondiale dilettanti)

Atlantic City, 15 luglio 1989

Erano in tanti a pensare che la carriera di Gianfranco Rosi fosse ormai finita. Quando arrivava la notizia di un tentativo mondiale ad Atlantic City contro il Golden Boy da un milione di dollari Darren Van Horn, il verdetto sembrava già scritto. Il campione aveva un record immacolato: 39-0, con 24 successi prima del limite. Era più giovane di undici anni (21 contro 32) e poteva sfruttare il vantaggio di boxare in casa. Anche la storia era contro Rosi: solo due italiani avevano conquistato il mondiale in America. C’era riuscito Primo Carnera, l’aveva imitato Nino Benvenuti. Si combatteva al Trump Plaza. Già nel primo round si era capito che ci saremmo trovati davanti a un pomeriggio magico per l’Italia del pugilato. Dopo soli ventiquattro secondi l’umbro portava un sinistro in approccio, doppiato da un diretto destro che mandava il campione al tappeto. Era l’inizio di un dominio assoluto concluso con una larga vittoria ai punti (117-109, 118-108, 116-109). Un successo arrivato in maniera tanto clamorosa, quanto inaspettata. Un trionfo in piena regola.

Trump Plaza, Atlantic City.
Gianfranco Rosi b. Darren Van Horn p. 12 (mondiale Ibf superwelter)

Forlì, 29 marzo 2008

La Bianchini attacca subito, aggredisce. Simona la centra d’incontro, evita i suoi pugni, le sembra tutto facile. Alla quinta ripresa, anzichè andare al suo angolo, Stefania si dirige verso quello neutro. U la j à rimbabida! urla Ben. È un po’ suonato, tifa per la Galassi e ha portato un cartellone su cui ha disegnato la Bianchini con un occhio nero. Ben non riesce a calmarsi. Vanno avanti così sino alla fine. Stefania Bianchini che attacca furiosamente, ma non trova quasi mai il bersaglio, e Simona Galassi che la martella in continuazione. Le mette in faccia un gancio sinistro perfetto. Os cia ach bòta! strillano da bordo ring. La romagnola sa che se accettasse di entrare in battaglia finirebbe per rimetterci. La boxe dell’altra è prevedibile, Simona può chiudere il match senza rischiare nulla e mostrando a tutti cosa sia la tecnica. Finisce senza sorprese. La Galassi domina e vince con un margine enorme. Gli spettatori gridano il suo nome, poi cominciano a cantare. Sei beee-lliii-ssimaa. Lei sorride. So che mi stanno prendendo in giro, ma mi viene lo stesso da piangere.

 

Grand Hotel Castrocaro
La serata di gala, aperta a tutti coloro che vorranno assistere alla manifestazione, si terrà nel prestigioso Salone Piacentini, all’interno dell’albergo.
Si potrà accedere solo attraverso una prenotazione.
Il prezzo della cena sarà lo stesso della prima edizione: 38 euro.
Informazioni e prenotazioni inviando una email a: flaviodellamore@boxeringweb.net
O telefonando direttamente al Grand Hotel: 0543/767114.
Al raggiungimento della capienza del ristorante le prenotazioni saranno chiuse.

 

 

 

 

 

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