
Il presidente federale Flavio D’Ambrosi su due pagine Facebook (quella del suo profilo e quella della Federboxe), oltre che sul sito ufficiale della FPI, dedica una delle sue sintetiche note, non più di 700 righe, al “frate apocalittico che suona anticipatamente le campane, preparando le esequie al defunto pugilato!”.
Riporta, senza mai citarmi, quello che ho scritto nel mio ultimo articolo: “La boxe rischia di sparire. Ma il suo popolo non se ne accorge…” (https://dartortorromeo.com/2023/02/17/la-boxe-rischia-di-sparire-ma-il-suo-popolo-non-se-ne-accorge/).
La situazione del pugilato italiano, stando agli scritti presidenziali, è esaltante. Vittorie ovunque si vada, podi olimpici che ci aspettano a Parigi 2024, e (a breve scadenza) trionfi ai vertici internazionali tra i professionisti.
Inutile preoccuparsi.
Il presidente risponde a una serie di fatti con una valanga di parole.
E alla fine si applaude.
D’Ambrosi dice che il mio articolo è eccessivamente pessimista, come se “di fronte ad un match ostico, il maestro dicesse al suo pugile mentre sale la scaletta del ring, “tranquillo andrai KO!!”.
Esempio totalmente inappropriato.
Il mio maestro, se proprio volessimo salvare il paragone, direbbe: “Attento, è un match molto difficile. Vai e combatti al meglio delle tue possibilità, hai tutto per farcela”.
Dice: “Ritengo inutile mettere continuamente l’accento su situazioni internazionali, vedi l’annosa controversia tra CIO ed IBA che non può essere risolta a livello nazionale”.
Tra una controversia e l’altra, è scoppiata una vera e propria rissa che lascerà sul campo molte macerie. Per due Olimpiadi consecutive la Federazione mondiale è stata estromessa dalla gestione dei Giochi. Sono fatti, non parole.
Certo, una sola Federazione Nazionale non può combattere contro i giganti, ma può farlo assieme ad altre. Non ho mai parlato di rivoluzione. Non servono barricate.
Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada, Repubblica Ceca, Svezia, Irlanda e adesso anche Olanda lo hanno già fatto con coraggio e indipendenza di giudizio. Hanno boicottato i Mondiali dell’IBA. Si sono schierate.
Aggiunge: “nel momento in cui dovremo fare scelte di rilevanza internazionale, la Fpi saprà da che parte stare: quella più conveniente per il movimento pugilistico italiano. Senza se e senza ma!”.
Questa sì che è retorica. La sua non sarà una scelta, sarà costretto a prendere l’unica strada possibile. Non avrà alternative. Dovrà stare dalla parte del CIO, altrimenti rischierebbe di distruggere la Federazione che presiede.
Dice: “Anche nel settore Pro le cose sono migliorate rispetto allo stato comatoso in cui vegetava nel 2017; forse il punto più profondo della crisi del pugilato professionistico italiano “.
Magari avrebbe potuto fare un piccolo sforzo e ricordare come e perché si sia arrivati a quel punto, avrebbe potuto fare un accenno al ventennio (a partire dall’anno 2000) in cui la boxe nazionale è vissuta sui dilettanti di stato (scelta legittima per i pugili, distruttiva per il movimento). Avrebbe potuto andare in archivio e analizzare i dati, trovandosi davanti alla sconfitta epocale del piano fortemente voluto dalla Federazione, non certo dalle funeree profezie di un frate apocalittico.
Un programma che ha distrutto il professionismo, come lei stesso ammette, e portato a risultati vergognosi il dilettantismo: zero medaglie a Rio 2016, nessun partecipante a Tokyo 2020. Una macchia nera, quest’ultima, che resterà nella storia della boxe azzurra a rappresentare il momento più brutto nell’intera vita della Federboxe.
L’anno 2000 è quello da cui dovrebbe partire ogni ricostruzione storica.
E lei si è sempre tenuto lontano dal procedere in questa direzione.
Pubblico due quadri statistici, forse serviranno a rinfrescare la memoria.


Tra le righe, scopro che ha anche doti divinatorie.
Dice: “l’Italia saprà vincere, a Parigi, le sue medaglie olimpiche ed entro pochi anni torneremo ai vertici internazionali anche nei Pro”.
Con tutta sincerità, spero abbia ragione.
Del resto, come ci ha informato a più riprese, gestisce 1.039 società affiliate, 60.144 tesserati, dilettanti al comando delle classifiche mondiali, 366 professionisti tra cui molti già titolari di cinture importanti; ha un parco attività di assoluto rispetto: mille eventi per complessivi 10.000 match nel solo 2022. Una struttura da record. Mai accaduto prima. Con questi numeri e partendo da questa situazione, se non ottenesse quello che ha promesso, il biennio 2023/2024 sarebbe un autentico fallimento.
Aggiunge: “Il pugilato sarà sicuramente alle Olimpiadi 2024 e con molta probabilità a quelle del 2028 di Los Angeles.”
Al momento Parigi è in forse e a Los Angeles il pugilato non è in programma.
Io non ho la palla di vetro e non mi avventuro in previsioni definitive sul tema, ma all’interno della comunità pugilistica internazionale non conosco molta gente con lo stesso ottimismo del presidente.
Mi sembra un po’ nervoso. E anche un po’ reticente. In un comunicato di qualche giorno fa ha esaltato i risultati della nazionale azzurra nella prima tappa delle Golden Belt Series, quella disputata in Marocco. Sono felice per Aziz Abbes Mouhiidine, che a mio parere è davvero tra i principali candidati all’oro olimpico in terra di Francia. Ma forse, per completezza di informazione, D’Ambrosi avrebbe dovuto spiegare qualcosa che non è andata altrettanto bene. Riguarda il settore femminile.
E non mi riferisco alla sconfitta al primo turno di Irma Testa, quella può starci. Non ho visto il match, magari le hanno scippato il verdetto. Parlo del forfait di Giordana Sorrentino. Una rinuncia le cui cause non sono state neppure accennate nei numerosi comunicati federali.
A presto presidente, e faccia i complimenti al suo papà 84enne. Deve essere terribile sapere (come lei stesso ricorda nel comunicato) che la pensi come me…