
Appello ai naviganti, istruzioni per l’uso.
È un articolo lungo, richiede pazienza e volontà. Parla di presente e futuro di uno sport che molti ancora amano. Stavolta non racconto storie di campioni, ma tento di analizzare cosa possa esserci dietro l’angolo. Ho la presunzione di pensare che chiunque ami davvero la boxe, possa essere interessato alla lettura. Ma forse sono solo un ottimista presuntuoso.
Chi dice che il pugilato possa sparire è considerato un folle.
A chi crede sia impossibile, dico che è un ignorante. Nel senso che ignora quali siano le condizioni attuali di questo sport. Finge di non sapere cosa stia accadendo, anzi non vuole proprio sentirne parlare.
C’è un fantasma che si aggira nel mondo dello sport.
Divisioni, denaro, uomini senza passione rischiano di rompere per sempre il giocattolo.
Il mondo intero, con rare eccezioni, sta vivendo questo momento.
L’Italia, che ci arriva dopo un ventennio devastante, ne soffrirà ancora di più.
I fatti.
La Federazione mondiale (IBA) è stata estromessa dalla gestione dei Giochi di Tokyo 2020, resterà fuori anche da Parigi 2024 (sempre che il pugilato sia in campo in questa edizione).
La boxe non è tra le discipline nel programma dell’Olimpiade di Los Angeles 2028.
Il CIO ribadisce, a cadenze regolari, la sua intenzione di estromettere la nobile arte dalle sue competizioni.
Questo è già accaduto. Se non ve ne siete accorti, mi dispiace.
Ma a voi questo non basta.
All’interno del mondo dilettantistico è in atto una divisione che potrebbe risultare fatale per questo sport.
L’International Boxing Association da una parte, il Comitato Olimpico Internazionale dall’altra. Sei Federazioni Nazionali con una grande tradizione alle spalle (Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada, Repubblica Ceca, Svezia, Irlanda) hanno annunciato il boicottaggio per i prossimi Mondiali Femminili in India (New Delhi, 15-31 marzo) e cinque delle sei anche per i Mondiali maschili in Uzbekistan a maggio. L’IBA ha chiamato le forze a raccolta. Ha promesso soldi e assistenza a tutti i pugili dei Paesi ribelli, affermando di volerne tutelarne i diritti sportivi.
Ha cominciato la conta: chi sta con noi, chi contro di noi.
Il messaggio è stato lanciato a tutti in modo perentorio.
Pugili, maestri, dirigenti e arbitri, senza alcuna eccezione.
Non è un’operazione di difesa, è un’azione di attacco.
L’IBA non ha intenzione di trovare un accordo con il CIO. Vuole combatterlo, gestire in proprio il pugilato dilettantistico mondiale. Ha trovato soldi (l’accordo con la Gazprom, 50 milioni per due anni, e con un’azienda che garantirà la sponsorizzazione con fornitura di materiale tecnico), promette premi sempre più ricchi.
Ha accanto gran parte dei Paesi che appartenevano all’ex impero dell’Unione Sovietica, tutta l’Africa, parte dei Paesi asiatici. Per quel che riguarda il mondo occidentale, credo abbia grossi problemi.
Ma a voi questo non basta.
E sì, perché qui entra in gioco l’Italia.
Senza Olimpiadi, sarebbe in grave crisi l’intera Federazione.
Mancherebbero i soldi, l’appoggio politico, la possibilità di gestire l’attività.
Quindi, il dilettantismo rischierebbe l’estinzione.
Ma a voi questo non basta.
Continuate a guardare all’interno delle mura che delimitano la vostra palestra, pensando che il mondo cominci e finisca lì. Non pretendete chiarezza, non fate sentire la vostra voce, non affrontate il pericolo, non vi informate, non gridate al mondo intero la vostra rabbia.
A voi non interessa cosa stia accadendo nel mondo, tanto il pugilato non potrà mai finire. Questo pensate e vi raccontate.
Non vi siete accorti che è già finito.
Almeno quello che godeva di una popolarità universale.
Da nostalgico quale sono (beati voi che guardate al futuro, peccato non vediate il buio che nasconde quello che avete sempre amato) ricordo il tempo in cui erano i network in chiaro a trasmettere il pugilato. Poi è arrivato il circuito chiuso nei cinema con numeri che oggi sembrerebbero il frutto di un creatore di bufale, e invece raccontano la realtà.
Cinquanta milioni di spettatori per Ali vs Foreman (Kinshasa, 30 ottobre 1974).
Cento milioni per Ali vs Frazier III (Manila, 1 ottobre 1975).
Oggi c’è la pay per view.
Negli ultimi vent’anni, Mayweather escluso, non ha mai superato i due milioni. Per la precisione dall’8 giugno 2002 con Lewis vs Tyson. Oggi, se si supera il milione, si balla per una settimana. Questa è l’audience della PPV. Uno spettacolo per pochi intimi a costi molto alti per chi ne vuole godere.
Dall’analisi delle cifre si deduce che il caos attorno alla boxe professionistica, il moltiplicarsi di enti, categorie e titoli, la crescita della spesa per vederla, la riduzione dell’audience potenziale ne ha ridotto non solo la popolarità, ma ne ha messo addirittura in pericolo, a lungo termine, la stessa esistenza. Meno soldi per la maggior parte dei protagonisti, meno spettacoli di prima categoria per gli appassionati, meno promozione nel mondo.
La boxe è già oggi uno sport di nicchia, non si può garantirne la sopravvivenza vendendo a prezzi accessibili solo gli eventi di medio interesse. Sono i grandi match a catturare l’attenzione, a divulgare il messaggio. Se diventeranno uno spettacolo per pochi eletti, le conseguenze potrebbero essere devastanti.
Ma a voi questo non basta.
I pugili italiani non entrano nella sfera della pay per view. Quello è uno spettacolo riservato a chi ha alle spalle credibilità internazionale, record importanti, carisma e personalità. Vogliono campioni che siano anche personaggi spendibili nella promozione dell’evento. Il fatto che un fenomeno del ring come Terence Crawford non sia riuscito a sfondare in questo campo, dovrebbe servire da insegnamento.
Ma a voi questo non basta.
L’Italia ha bloccato per vent’anni il naturale ricambio generazionale, ha chiuso il serbatoio del dilettantismo. Dal 2000 in poi i nostri professionisti sono stati veri e propri dilettanti di stato. Con conseguenze inquietanti per il movimento. Risultati positivi a breve termine (qualcosa ad Atene 2004, exploit a Pechino 2008, ottima tenuta a Londra 2012). Poi, il nulla. Zero medaglie a Rio 2016, e per la prima volta nella storia neppure un atleta qualificato per un’Olimpiade, quella di Tokyo 2020 (la mia analisi riguarda il settore maschile).
Gli ultimi ventidue anni, tra i professionisti, hanno prodotto cinque detentori di un titolo di sigla. Il precedente ventennio (1979/2000) ne ha avuti ventuno. E questo nonostante siano aumentate le categorie e gli Enti riconosciuti dalla FPI.
La nostra Federazione rappresenta un’anomalia nel panorama occidentale. Vive, sul piano della forza economica e politica, grazie a Sport e Salute e Coni. Ovvero un Ente Pubblico che ha come unico azionista il Ministero dell’Economia e un Ente Pubblico non economico che è sotto la vigilanza del Consiglio dei Ministri.
La partecipazione alle Olimpiadi è il punto focale del suo essere, senza i Giochi la Federboxe avrebbe difficoltà ad operare.
Ma a voi questo non basta.
Dilettantantismo e professionisno, almeno da noi, sono mondi legati a doppio filo. Il crollo dell’uno minaccerebbe seriamente l’altro. Lo abbiamo sperimentato, anzi lo stiamo subendo, dal 2000 a oggi.
Ecco, a grandi linee, questo è il panorama attuale del pugilato nel mondo e , soprattutto, in casa nostra.
Ma voi continuate a non informarvi, a non partecipare politicamente alla vita politica del vostro sport. Dite di amare il pugilato, raccontate che è la vostra è una passione infinita. Ma non vi interessate minimamente del suo reale stato di salute, subite acriticamente (tranne qualche debole lamentela sui social).
Il mondo del pugilato sta attraversando un momento di cambiamento epocale che potrebbe avere conseguenze catastrofiche e voi continuate a ballare sul Titanic.
Cosa ci sia da festeggiare, proprio non riesco a capirlo.
P.S. Siete tutti coinvolti, non scaricate il peso solo sulle spalle della FPI. L’appello è rivolto all’intero mondo del pugilato italiano: maestri, pugili, arbitri, organizzatori, dirigenti societari. A tutti chiedo attenzione e partecipazione. Assieme potete lottare per contrastare il pericolo. Se continuerete a chiudere occhi, orecchie e bocca sarete corresponsabili di quanto accadrà. Quando vi renderete conto che l’incubo peggiore si è concretizzato, sarà troppo tardi.
Il mio pensiero,
In fpi c’è gente che non ama il pugilato ma lo usa come copertina personale , 40 anni di tesseramento fpi ho vissuto tante elezioni federali dove tutto è tutti promettono e non mantengono .
Alla fine faremo la fine dei tracchi come si dice a Napoli.
Complimenti per l’iniziativa del giornale. Vi seguiro’ con gran piacere