
Gli schieramenti si stanno formando.
Sono sei le Federazioni Nazionali che hanno ufficialmente dichiarato il loro boicottaggio ai Mondiali femminili in programma a New Delhi (India) dal 15 al 31 marzo.
Stati Uniti, Irlanda, Gran Bretagna, Repubblica Ceca, Svezia e Canada hanno aperto il fronte della protesta nei confronti dell’International Boxing Association.
Dura la presa di posizione del presidente canadese Ryan O’Shea.
“Il messaggio che dobbiamo dare deve essere forte. Non possiamo accettare che Russia e Bielorussia siano presenti con le loro squadre nazionali. Non possiamo accettare il modo di operare dell’IBA. Il nostro obiettivo è la partecipazione all’Olimpiade di Parigi 2024, per questo parteciperemo ai Giochi Panamericani di Santiago del Cile dal 20 ottobre al 5 novembre, è quello per noi il torneo più importante dell’anno”.
Canada, Stati Uniti, Repubblica Ceca, Svezia e Irlanda boicotteranno anche i Mondiali maschili, in calendario in Uzbekistan dall’1 al 14 maggio. La Gran Bretagna non si è ancora pronunciata sulla sua partecipazione a questo torneo.
Umar Kremlev, presidente dell’IBA ha definito “iene o sciacalli” coloro che si comportano in questo modo e ha invitato i pugili di queste nazioni a ribellarsi, promettendo aiuti finanziari e logistici a tutti coloro che vorranno partecipare ai Mondiali, nonostante il boicottaggio delle loro Federazioni.
Un invito alla rivolta, insomma.
Il CIO ha detto di considerare positivamente l’ipotesi di partecipazione dei pugili russi e bielorussi ai Giochi, ma in forma individuale. Senza inni, bandiere e denominazione.
L’IBA ha tolto ogni limite, Bielorussia e Russia saranno presenti alle sue competizioni.
Il fronte si è dunque spaccato. Ero certo si sarebbe arrivati a questo punto.
Da una parte chi accetta la gestione IBA. Soldi e tornei, ma niente Olimpiadi.
Dall’altra chi resta concentrato sull’evento più importante del quadriennio, i Giochi.
L’IBA da una parte cerca di adulare gli atleti, dall’altra minaccia le Federazioni nazionali.
L’accusa è di avere violato il Codice Disciplinare ed Etico dell’International Boxing Association in almeno cinque articoli: 19. denigrazione della reputazione e degli interessi dell’IBA; 24. incitamento al boicottaggio di un torneo; 27. rifiuto o ritardata partecipazione al torneo stesso; 39. neutralità e lealtà; 49. discriminazione e diffamazione fuori torneo.
“Le sanzioni saranno pesanti” annuncia Kremlev.
La risposta arriva ancora una volta da Ryan O’Shea: “Il CIO ha tolto la boxe dal programma dei Giochi di Los Angeles 2028, a meno che non veda un serio cambiamento a livello di governance. Ecco perché le Federazioni Nazionali hanno cominciato a prendere posizione, boicottando i tornei mondiali”.
E l’Italia?
Ho già risposto a questa domanda, ripeto quando già scritto.
La scelta è scontata, può comportarsi in un solo modo.
È legata a un organismo governativo da rapporti finanziari. Il 76% dei contributi che arrivano alla FPI provengono da Sport e Salute.
È legata al CONI da legami di territorio e di gestione. Il 51% dei contributi arriva perché destinato ai Probabili Olimpici e all’attività di alto livello.
È legata a CONI e Sport e Salute da legami politici.
Scegliere l’IBA significherebbe dire addio alle Olimpiadi, ai contributi, alla salvaguardia politica, all’integrazione nello sport nazionale italiano.
È quindi fin troppo chiaro che la Federazione Pugilistica Italiana sarà sempre e solo da una parte, quella del Comitato Olimpico Internazionale.
Magari potrebbe manifestare ufficialmente la propria posizione.
Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna, Repubblica Ceca, Irlanda si sono esposte. Ora tocca alle altre dire da che parte vogliono stare.