Rocky Balboa, pugile professionista solo per 57 secondi. Una storia piena di misteri…

Rocky Balboa.
Quel nome non poteva lasciarmi indifferente.
Nella nostra storia non apparteneva al pugile nato dalla fantasia di Sylvester Stallone, un personaggio immaginario a cui è stata dedicata una statua gigante e l’onore di essere inserito nell’International Boxing Hall of Fame. Come se fosse reale.
Il tizio di cui stavo leggendo non era il rivale di Apollo Creed e Ivan Drago.
Era un pugile vero, un professionista.
Anche se il suo record consisteva in un solo match all’attivo, da peso welter, disputato il 7 novembre 1981. Una sconfitta per ko dopo 57 secondi contro Robert Hines. Poi Rocky Balboa era scomparso. Il sito online worldboxingnews.net ne aveva parlato per la prima volta nel 2017 chiedendo a chiunque fosse in possesso di informazioni sul soggetto di contattare i responsabili del sito. Dopo quattro anni aveva riproposto l’articolo. Silenzio allora, silenzio adesso.
Si sapeva e si sa solo che era nato a Filadelfia, che viveva lì, che non aveva mai combattuto prima di quella notte, che non l’avrebbe mai fatto dopo. Pugile per 57 secondi, la storia poteva finire qui.
La mia curiosità però non era stata soddisfatta.
Cercavo nell’elenco telefonico di Filadelfia. Trovavo 49 Balboa, ma nessuno di loro si chiamava Rocky. Forse era un nome d’arte. Scrivevo una email alla Commissione Atletica del Nevada, per competenza territoriale. Il match di quarant’anni fa si era infatti svolto a Las Vegas, all’Hacienda Hotel e Casino che oggi non esiste più. Mi convincevo che ormai non mi restava altro che attendere un’improbabile risposta. Eppure sentivo che dovevo continuare a indagare. E la perseveranza veniva premiata legando la vicenda, passo dopo passo, fino ad arrivare in Italia.
Robert Hines, l’uomo che aveva aperto e chiuso la carriera di Rocky Balboa, il 4 novembre 1988 era diventato campione del mondo dei superwelter battendo Matthew Hilton. E aveva conquistato la cintura come solo Rocky avrebbe potuto fare, quello della saga cinematografica, non il Balboa che Hines aveva sconfitto in meno di un minuto.
Robert subiva una ferita all’arcata sopracciliare sinistra nel primo round.
Un brutale knock down nel secondo, con il rischio di finire ko.
Il sangue scendeva in maniera copiosa dal suo naso nella terza ripresa, un altro knock down.
Nel quinto veniva travolto dall’azione del rivale e rischiava più volte di chiuderla lì.
Nella seconda metà del combattimento, la sua riscossa. Hilton, che aveva faticato terribilmente per rientrare nei limiti della categoria fino a dover perdere tre chili nelle ultime 24 ore, calava alla distanza. Hines vinceva ai punti e diventava titolare della cintura IBF dei medi jr.
Cosa c’entra l’Italia?
Tre mesi dopo Robert Hines perdeva nettamente ai punti contro Darrin Van Horn, il ragazzo d’oro del pugilato statunitense. Il giovanotto restava campione per cinque mesi, poi affrontava un umbro ormai vicino ai 32 anni, uno che in molti pensavano fosse agli ultimi giorni di carriera. E invece Gianfranco Rosi, ad Atlantic City il 15 luglio 1989 metteva due volte al tappeto il campione e lo dominava ai punti.
Fine della nostra storia, per ora.
E Rocky Balboa? Chiedetelo a Sylvester Stallone…

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