Interviste senza tempo La vita e il pugilato 10. Luigi Minchillo

Senza memoria non si costruisce il futuro. In questi giorni mi sembra sia un concetto da urlare. Lo sport è fermo, la boxe non fa eccezione. E allora sono andato a cercare delle parole che propongano una storia. Un intreccio tra ieri, oggi e domani. Interviste con personaggi che si sono saputi raccontare. Sono dieci, questa conclude la serie. Ve le ripropongo ferme nel tempo, domande e risposte senza (quasi) alcun ritocco. Buona lettura.

10. fine
(1. Leonard Bundu, 6 aprile; 2. Luca Rigoldi, 7 aprile;
3. Mario Romersi, 8 aprile; 4. Patrizio Oliva, 9 aprile, ,
5. Massimiliano Duran, 10 aprile; 6. Alessio Lorusso, 11 aprile; 7. Emiliano Marsili, 12 aprile; 8. Francesco Damiani, 13 aprile; 9. Michele Di Rocco, 14 aprile)

Luigi Minchillo perde ai punti il mondiale superwelter contro Thomas Hearns a Detroit. L’intervista è nello spogliatoio della Joe Louis Arena. In carriera Minchillo ha sconfitto per l’europeo Acaries, Benes, Hope. Ha affrontato Hearns, Duran, McCallum.
Quattro mesi dopo quella sfida, Hearns metteva Duran ko in 2 .
Nel finale di questo servizio, uno scambio di battute con Elio Ghelfi, il maestro riminese che ci ha lasciati da poco.

 

12 febbraio 1984

Luigi Minchillo è sdraiato sul lettino, nella penombra del suo spogliatoio. Ha pianto. Gli occhi sono gonfi per i colpi di Thomas Hearns. Bacia la foto dei suoi bambini, stringe  la mano della moglie Enza. Piange.

A cosa stati pensando, Luigi?

“Dovevo nascere più fortunato. Ma non è questo il momento per lamentarmi. Mi dispiace solo che per farmi apprezzare io sia dovuto venire all’estero”.

Pensi di dover dire qualcosa a chi ti ha spesso criticato?

“Mi dispiace di non essermi potuto prendere una rivincita nei confronti di alcuni grandi campioni. Penso a chi a Venezia ha detto: Dopo di noi, l’Italia non avrà più campioni del mondo. Non si sono comportati bene. Non dico tanto per me, quanto per Loris Stecca e Patrizio Oliva, due giovani che sono da mondiale. Mi dispiace di non poter dire a quei campioni del passato: Eccolo qui il titolo, ecco la cintura! Lo vedi che hai detto una fesseria?”.

Cosa racconterai ai tuoi figli di questa notte mondiale?

“Gli farò vedere il filmato del match, si dovranno rendere conto da soli di cosa sia stato questo incontro. E poi, quando leggeranno i libri e vedranno chi sono stati Hope, Duran, Hearns e Acaries, capiranno il resto. Ma non voglio che i miei figli mi giudichino per quello che ho fatto nello sport. Spero che ne siano orgogliosi, ma credo sia giusto sperare che mi giudichino come padre, non come pugile”.

Torniamo al match. Quale è la ripresa in cui hai sofferto di più?

“L’ultima. È stata terribile”.

Pensavi che il match sarebbe stato più o meno duro di quanto in realtà è stato?

“Non pensavo a niente. Quindi, niente mi meraviglia”.

Sembri deluso. Eppure, fuori da questo spogliatoio, tutti parlano bene di te.

“Ho una mentalità vincente, quando scendo dal ring voglio farlo da vincitore. Non mi importa chi sia l’avversario che mi sta davanti. Stavolta ho perso, non posso sentirmi soddisfatto. Anche se chi mi ha sconfitto si chiama Thomas Hearns. Non riesco proprio ad essere contento, non ce l’ho fatta”.

Lui ha il pugno più potente tra tutti quelli che hai incontrato?

“No, Benes faceva più male”.

Chi vincerà tra Hearns e Roberto Duran?

“Hearns, senza dubbio”.

Hai incassato colpi terribili e subito dopo hai replicato con coraggio e aggressività. Come hai fatto?

“Fa parte della mia personalità. Se prendo un colpo, so che devo reagire, altrimenti lascio all’altro tempo e spazio per sovrastarmi. È dopo che sono stato nei guai che riesco a esprimere il meglio di me”.

Che valore dai alla prova che sei stato capace di offrire qui a Detroit?

“Un anno fa mi ero ritirato. Stanotte ho fatto soffrire Hearns, giudicate voi”.

Il sinistro del campione mi è sembrato straordinario. È il più pericoloso che ti sia capitato di fronteggiare?

“È un colpo velocissimo, spesso non lo vedi neppure partire. Ma anche quello di Acaries era una spada”:

Hai pensato di dire: Basta, abbandono?

“Mai!”

E adesso? Una settimana di vacanza in America?

“No, torno a casa. La mia America è in Italia”.

Accanto a lui Elio Ghelfi. Il maestro ha vissuto momenti di grande tensione. È decisamente soddisfatto della prova del suo pugile.

Elio, come valuti il rendimento di Minchillo?

“Avete visto che condizione atletica aveva Luigi? Il lavoro diventa facile quando c’è un pugile che si sottopone con grande applicazione a una preparazione che certamente non è leggera. Nella nostra palestra vige l’impegno e la serietà. Chi non ci segue, si perde per strada”.

Un giudizio globale sul match.

“Minchillo ha compiuto un capolavoro, è riuscito a cambiare tattica sul ring dimostrando grande intelligenza. Non è stato solo un fighter, ha fatto vedere anche una grande abilità tecnica. Qualcuno ne sarà rimasto sorpreso, non io”.

Anche tu pensi che il momento più difficile sia stato nel dodicesimo round?

“Sì. Dall’angolo io e Giovanni Branchini gli abbiamo trasmesso un freno psicologico, ma è uno sbaglio che rifaremmo. Il verdetto ormai era deciso, per dieci riprese avevamo provato a vincere, a quel punto era meglio evitare un colpo pericoloso, meglio non correre rischi inutili. Luigi ha portato a termine un match perfetto in cui ha messo in difficoltà Hearns in più di un’occasione. Complimenti, è stato un grande”.

Soddisfazione anche per te.

“È una rivincita personale. Adesso chi diceva che avrei potuto allenare solo i dilettanti, forse si sarà ricreduto…”

 

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