Il pugilato secondo De Carolis, il 13 a Milano la sfida con Scardina

C’è entusiasmo e passione nel vecchio capannone abbandonato, trasformato ormai da molti anni in una palestra di pugilato. È il Team Boxe Roma XI, in via Pico della Mirandola alla Montagnola, Roma sud. È il regno di Italo Mattioli e Gigi Ascani. I due maestri sono impegnati con giovanissimi che sognano di calcare il ring e campioni affermati. C’è anche Giovanni De Carolis, venerdì 13 maggio all’Allianz Cloud di Milano affronterà Daniele Scardina per il titolo Intercontinentale WBO dei supermedi.

Giovanni, a quasi un anno dall’operazione al braccio destro, torni a combattere in un match importante. Cosa è successo in questo spazio di tempo?
“In Inghilterra, nell’europeo dei supermedi contro Lerrone Richards, ho combattuto con una calcificazione al gomito, pochi giorni dopo sono stato operato dal professor Di Giacomo. Tre settimane fermo, poi sono tornato ad allenarmi. Due match, con Crivello e Abramshvili, per riprendere confidenza con il ring, per ritrovare le sensazioni, l’atmosfera del pugilato. Ne avevo bisogno, dal 2019 a oggi ho disputato solo tre incontri, davvero poco. Ma adesso sono pronto”.
Ti sei allenato in Inghilterra.
“Sì, sono andato a Portsmouth nella palestra di Michael Bellinghall dove ho fatto sparring con due professionisti imbattuti: il welter Michael McKinson (22-0) e il medio Aaron Sutton (13-0). Poi mi sono allenato alla Matchroom Gym nell’Essex. Ho seguito il programma di ogni avvicinamento alle sfide importanti: dodici round di sparring due volte a settimana, per sei settimane”.
Mancano ancora dieci giorni al match contro Daniele Scardina, ma l’evento è da tempo sui giornali, i social ne parlano. C’è interesse, un’incoraggiante attesa.
“Si sono incrociate diverse situazioni. Un pugile con un buon passato contro uno che vuole conquistarsi la grande occasione. Lui è decisamente popolare, anche e soprattutto fuori dal ring. Io sono un personaggio che resta nei confini del pugilato, ma credo di avere buona credibilità. Due italiani impegnati in una sfida incerta. Gli ingredienti ci sono, il pubblico ha risposto”.
Credi che Scardina abbia già fatto vedere tutto quello di cui è capace?
“No. Penso che abbia altro in repertorio. A volte un pugile si esprime al meglio proprio negli incontri più difficili”.
Fortunatamente, almeno per me, da entrambe le parti non sono arrivate dichiarazioni tracotanti, nessuna minaccia di sfracelli. Un approccio serio all’evento.
“La penso come te. Sono convinto che non serva a niente lanciare insulti o accuse. Sa tanto di finto, di costruito. Prima del match con Abraham in Germania mi avevano chiesto di comportarmi in modo tracotante, mi sono rifiutato. Non ho il carattere adatto per fare queste cose. Penso che la boxe sia una sfida a scacchi. Prepari ogni mossa, pensando a come si comporterà l’altro. Certo devi essere pronto atleticamente, conoscere il tuo lavoro, allenarti duramente, impegnarti sempre. Ma sul ring la sfida è tra uno che vuole fare un’azione e l’altro che cerca di impedirgli di concluderla. E uno scontro di pensieri, mentalità, carattere, non solo di colpi dati e presi”.
Hai sempre pensato così, anche il primo giorno che sei entrato in una palestra?
“La prima volta che sono entrato in una palestra non pensavo proprio che avrei fatto il pugile. Volevo solo muovermi, fare qualche esercizio. Era una palestra sulla Circonvallazione Ostiense, a Roma in zona Garbatella. Il maestro era Roberto Chiacchierini. C’erano Enzo Domino e Roberto Pilo, un poliziotto, che si allenavano. Sono uscito dalla sala pesi e li ho visti. Ho pensato che mi sarebbe piaciuto provarci”.
È nato in quel momento il pugile De Carolis?
“No. La passione profonda per questo sport me l’hanno data gli allenamenti qui nella palestra di via Pico della Mirandola con Italo (Mattioli) e Gigi (Ascani). Era il 2003. La prossima stagione festeggeremo il ventennale. Quanto tempo, se ci penso mi spavento. Tutta la mia vita è passata da qui. Non solo la mia, anche quella dei miei figli che oggi hanno 13 (Erin) e 9 anni (Noah), e della mia compagna (Veronica)”.
La boxe ce l’hai nel sangue, a 38 anni hai l’entusiasmo di un ragazzo.
“È vero. E non è difficile spiegare il perché. È una questione di passioni, emozioni. Gioie e delusioni. Della notte in cui ho vinto il titolo mondiale, non mi è rimasto fisso nella mente un pugno dato o preso, ma l’attimo dopo il verdetto quando ho visto Gigi e Italo esultare, farmi festa. Quando ho fatto il giro del ring abbracciato alla mia compagna. Ogni tanto rivedo quel filmato e mi commuovo. Siamo partiti con un sogno che non era più grande di un granello di sabbia e siamo tornati a casa con un castello”.


Oggi fare il pugile in Italia è difficile.
“Direi che è un lusso. Devi avere un lavoro per potertelo permettere. All’inizio facevo il cameriere e, dopo ogni match, pregavo Italo di riportarmi velocemente al ristorante per fare l’ultimo turno. Poi ho lasciato, avevo poco tempo per la boxe. Sono andato a lavorare allo smorzo (parola dialettale in uso a Roma per indicare una rivendita di materiali edili, ndr). Poi, andando avanti con la carriera, ho capito che dovevo farmi aiutare proprio dal pugilato. Ho cominciato a insegnare, ho aperto una palestra. Ora ne ho una a Monterosi, a un’ora di macchina da Roma. Il Covid ci ha dato una botta terribile, ci stiamo lentamente riprendendo”.
Il pugilato è sacrificio?
“Nessuno ti obbliga a fare questo sport. La boxe è amore, a dirla tutta a volte diventa proprio una malattia. Ti dà dipendenza, non puoi farne a meno. Credo che non la lascerò mai. Non voglio dire che farò il pugile fino a 80 anni, ma che resterò sempre e comunque nell’ambiente”.
Il titolo mondiale supermedi WBA ti ha reso orgoglioso?
“Non è la parola giusta. Direi che mi ha reso felice. Sono un tipo riservato, l’orgoglio è qualcosa che ti senti quasi obbligato a mostrare. E io non sono portato per un atteggiamento così, sono riservato. Sicuramente mi ha dato una grande gioia. Ma non ho mai pensato: sono il campione del mondo, ho raggiunto il tetto, ora posso smettere”:
Come finirà il match con Scardina?
“Non sono uno che fa proclami o si lancia in previsioni. Sicuramente darò il massimo, ho visto molti suoi incontri e credo di avere capito cosa dovrò fare per riuscire a batterlo. Se ne sarò capace, potrebbe finire davvero bene. Per me”.

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