Un arbitro indonesiano e la finale olimpica dei pesi medi

L’arbitro della finale dei pesi medi è stato un indonesiano, proveniente cioè da un Paese con poca tradizione pugilistica, parlo a livello dilettantistico, alle spalle. Sia per quanto riguarda gli ufficiali di gara, sia per quel che concerne i pugili. Fino ad oggi non figura nel medagliere olimpico. Decisamente meglio tra i professionisti dove può vantare quattro campioni mondiali: Chris John, Ellyes Pical, Nico Thomas, Muhammad Rachman.
L’arbitro in questione è Muhammad Arisa Putra Pohan. 
Non è mai stato in grado di imporre la sua autorità sul ring. Ha permesso che l’ucraino Oleksandr Khyzhniak colpisse ripetutamente alla nuca e alla schiena il suo avversario, solo nel primo round ho contato 12 colpi alla schiena e 13 alla nuca. Ha concesso al brasiliano Hebert Sousa di legare continuamente. I pugili hanno quasi sempre ignorato sia il break che lo stop dell’arbitro. In due riprese e mezzo, nonostante le numerose scorrettezze di entrambi, Putra Pohan li ha richiamati due sole volte in modo non ufficiale.
Di errori ne ha commessi anche il favorito. Oleksandr Khyzhniak domina i primi due round, è avanti di due punti e ha l’oro in tasca. Eppure continua ad andare a caccia dell’avversario come se non ci fosse un domani, si cura poco della difesa, non realizza che da un minuto l’altro sta cercando la strada per mettere a segno l’unico colpo che potrebbe capovolgere la situazione. Niente. È un robot programmato per questo. Attaccare, attaccare, attaccare, Testa bassa, mento giù e via. L’altro piazza la botta e lui si ritrova giù, con il sedere sul tappeto. Il mondo è diverso se lo guardi dal basso all’alto. E l’ucraino ha appena visto l’altra faccia della Luna.
Non discuto sull’azione che ha chiuso il match.
Mancava 1:31 alla conclusione, l’ucraino era avanti di due punti su tutti e cinque i cartellini.
Il gancio sinistro con cui il brasiliano lo ha mandato al tappeto è stato preciso, potente, efficace. Khyzhniak si è rialzato subito, l’arbitro non l’ha contato e ha decretato il kot.
Io ero davanti al televisore, lui era su ring a pochi centimetri dal pugile. Lo ha visto in faccia, ha guardato i suoi occhi, ha sentito le sue condizioni fisiche in quel momento. Aveva tutti gli elementi in mano per prendere una decisione, io avevo solo un’intuizione. E su un’intuizione non si può certo mettere in piedi una discussione. Ha ragione lui.
Per il resto però la sua non adeguatezza alla situazione è stata imbarazzante.
È l’ennesima conferma del livello arbitrale in questo torneo olimpico. Non adeguato all’importanza della manifestazione. Un’Olimpiade merita di meglio.
Il sorteggio integrale dovrebbe garantire maggiore neutralità di giudizio. Questo è vero, tutto il procedimento è apprezzabile. Ma sul ring dovrebbe comunque salire un giudice di gara con tre qualità: capacità tecniche, personalità, imparzialità. Spesso ne sono mancate due su tre.

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