7 agosto del ’99. La notte in cui il Pirata è diventato mago…

Sono stato fortunato. Ho visto passare davanti ai miei occhi mille storie. E ho potuto raccontarle. Da quasi  di cinquant’anni seguo il pugilato, la maggior parte del tempo l’ho vissuto a bordo ring a contatto con i protagonisti. Sfogliando l’album dei ricordi ho trovato una sfida che mi è rimasta nel cuor,  Stefano Zoff vs Julien Lorcy, mondiale leggeri Wba, voglio raccontarla ancora una volta.

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Le Cannet, 7 agosto 1999

Veronica ha otto anni, riccioli castani, lo sguardo sempre attento. È la bambina di Stefano Zoff, diventato campione del mondo dei leggeri a 33 anni. Un’età in cui in molti smettono di combattere. E anche di sognare.
Sabato notte Veronica è entrata nello spogliatoio, aveva gli occhi rossi di sonno e di pianto, ha tirato su il faccino ed ha detto poche parole.
Papà, ti ha fatto male?
Anche un guerriero si commuove. Zoff ha preso su la figlia e si è fatto il primo regalo da campione stringendola in un tenero abbraccio.
Veronica il match l’ha visto a tratti. Stefano non avrebbe voluto, ma lei e mamma Deborah non hanno resistito. Hanno guardato le 12 riprese del mondiale pregando che non accadesse niente di brutto. Erano accanto alla porta, su in alto, nelle gradinate di un Palasport pieno di gente. Un round visto per intero, altri due immaginati attraverso gli occhi chiusi. Poi, alla nona ripresa, Veronica ha sentito la mano della mamma che stringeva con più forza la sua.
La bambina l’ha guardata in faccia e le ha detto una frase da grande.
Andiamo via, assieme a te non si può vedere niente.”
Sono rientrate solo al momento del verdetto.
Julien Lorcy aveva gli occhi gonfi, una brutta ferita sotto l’arcata sopracciliare sinistra, rivoli di sangue gli disegnavano la faccia. Il torello infuriato alla fine aveva incontrato il suo matador.  Lo sfidante aveva preso in mano la partita dopo appena tre minuti, il tempo di una ripresa. Aveva tolto spazio, respiro, possibilità di movimento al campione. Attaccato, soffocato da quel sinistro che non gli concedeva tregua, il francese aveva cercato di abbozzare una reazione. Ma l’altra notte Zoff apparteneva alla schiera dei grandi del ring, di quelli che sanno regalarti emozioni andandole a pescare nel profondo dell’anima. E così quando anche l’energia stava finendo, è stato il coraggio a fare da terreno fertile, da riserva a cui poter attingere per le ultime decisive risorse.
Quando vado a trovarlo negli spogliatoi, Stefano ha la faccia di uno che ha appena visto passare un marziano, ma non ha avuto il coraggio di chiedergli nulla.

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Non mi sembra vero. Sto pensando che domani, quando tornerò a casa, mi sveglierò e riprenderò a vivere la mia esistenza di sempre. La gente mi darà le solite pacche sulle spalle dicendomi: “Bravo Stefanino, ma non vinci mai niente. Stefanino, hai 33 anni, è ora che tu faccia qualcosa.
È difficile spiegare come un bravo pugile di questa età possa essere diventato quel campione che ho visto sul ring l’altra sera. Certo si allena con più metodo. A Ferrara, da Massimiliano Duran si fa sul serio.
Palestra, dieta, a letto presto. Quando avevo 20 anni mettevo il cambio dei vestiti nel bagagliaio della vespa, andavo ad allenarmi, mi cambiavo e via in giro fino alle 3 di notte. Alle 7 ero già in piedi per andare a lavorare (faceva l’imbianchino, ndr). Adesso se provo a farlo una sola volta, mi ricoverano.”
È un tipo allegro Stefano. Un tempo si faceva accompagnare anche dalla superstizione, adesso ha capito che può farne a meno. Ma fedele al passato qualcosa si porta ancora dietro: una moneta da mezzo dollaro d’argento regalatagli da Franco, il fratello del manager.
Salvatore Cherchi è l’uomo che ha creduto in Zoff quando a 32 anni è andato a chiedergli un grande finale di carriera. Che questo mondiale si sarebbe fatto, glielo ha detto mentre gli sfilava i guantoni dopo la vittoriosa difesa del titolo italiano contro Perugino. Il pugile ci ha messo qualche giorno a credere che quelle parole avrebbero avuto un seguito.
Sì, mi sono detto, è la solita storia. E invece è arrivata la sfida a Lorcy. In giro non c’era nessuno disposto a scommettere su di me. Non dico 100.000 lire che sono tante, ma neppure 5.000. In allenamento, durante una seduta di guanti con Casamonica, mi sono fatto un taglio sotto l’arcata sopracciliare destra. Proprio io che in carriera non mi sono mai spaccato. Per fortuna è andata bene, così come è andata bene dopo quella testata del francese nell’ultima ripresa.
Un taglio di due centimetri sotto il sopracciglio sinistro, tre punti di sutura. Ieri mattina era già tutto dimenticato. Michel Acaries mentre prendeva un aperitivo con lui sulla Croisette di Cannes, gli ha lanciato la proposta: 15 novembre a Parigi contro Gabriel Serrano, lo sfidante ufficiale.
Parigi? Serrano? Mi va bene tutto, basta che la borsa sia buona. Io però vorrei togliermi un altro sfizio: combattere a Las Vegas. Cherchi dice che sono matto e che è tempo di bussare a denari, basta inseguire i sogni.”
Campione del mondo. Ieri una favola, oggi una realtà.
Ho pensato mille volte a cosa avrei detto. Ora sono senza parole. Ho solo una piccola cattiveria: spero che i “nemici” sabato notte siano stati davanti alla tv ed abbiano sofferto il giusto.

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Si torna a casa. Stefano foto) si farà un nuovo tatuaggio. Andrà a fare compagnia ai tre che già disegnano il suo corpo: un cobra sulla spalla sinistra, un disegno tribale sulla destra, un vichingo e un lupo sulla schiena. La vita continua, adesso però Zoff, che si porta dietro anche il soprannome di Pirata, la attraverserà da campione del mondo. Un titolo vinto all’estero, in un match vero, contro un bravo avversario.
Ha ragione Veronica quando gli dice una frase che lo riempie d’amore.
Papà, sei stato davvero bravo.

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