C’erano undicimila spettatori paganti quella notte al Luna Park di Buenos Aires.
Era il 18 luglio del 1970, cinquant’anni fa.
Carlos Monzon era il favorito, il suo manager Tito Lectoure aveva praticamente chiuso l’accordo con Rodolfo Sabbatini per il mondiale dei pesi medi contro Nino Benvenuti in Italia.
Ancora un paio di match e sarebbe partito per la grande avventura.
L’avversario si chiamava Eddie Pace, detto Bossman. Il capo.
Veniva da Los Angeles, anche se era nato in Texas. Lavorava come infermiere in un ospedale di Los Angeles e occasionalmente faceva la comparsa a Hollywood, interpretando quasi sempre l’indiano nei film western. Non molto alto (1.73), fisico tozzo, capelli in stile afro, ventinove anni vicino ai trenta. Ma era soprattutto un pugile di valore. Veniva dai welter, adesso si muoveva tra superwelter e pesi medi. Aveva un record di 32-22-1 (9 ko) ed era campione nordamericano, titolo vinto dopo la vittoria per squalifica contro Fred Little a Roma nel gennaio del ‘70. Nella capitale aveva già combattuto nel dicembre del ’69, perdendo chiaro contro Carlo Duran, in una delle migliori esibizioni di Carlo. Aveva battuto Little, Cokes, Hurrican Kid. Aveva perso ai punti con Emile Griffith e Luis Rodriguez.
Monzon (65-3-9) era il numero 1 della classifica mondiale nei pesi medi ed era campione sudamericano. Dodici centimetri più alto del rivale era indicato dagli esperti come vincitore certo. L’altro era un incontrista, abile dalla corta distanza, ottima mascella e resistente alla fatica. Ma doveva avvicinarsi per esercitare la sua boxe migliore, il sinistro dell’argentino lo avrebbe tenuto a distanza, il destro avrebbe fatto il resto del lavoro.
Così era stato. Netta la vittoria ai punti per Monzon: 99-94, 99-94, 99-95 nell’ultimo test impegnativo in previsione del grande appuntamento. Prossima tappa (il 19 settembre dello stesso anno) Santiago Rosa, messo via in quattro riprese. Poi, il 7 novembre del 1970 ci sarebbe stato Nino Benvenuti sul ring del Palazzo dello Sport romano. Successo per kot 12 e titolo mondiale riportato in Argentina.
Eddie Pace avrebbe combattuto di nuovo il 10 settembre di quell’anno al Vigorelli di Milano contro Sandro Mazzinghi, che nell’occasione aveva all’angolo assieme al fratello Guido anche il nuovo manager Umberto Branchini, che aveva esordito al suo fianco in occasione del precedente impegno a Las Vegas.
Sandro aveva faticato, ma ce l’aveva fatta con pieno merito, anche se il verdetto era stato una split decision: 49-47, 49-47, 43-47.
Eddie Pace chiudeva lì la sua avventura sul ring.
Mazzinghi si sarebbe concesso un ultimo combattimento a Bologna, il 31 ottobre contro Willie Warren. Vittoria per ko 8 e ritiro.
Sarebbe tornato sette anni dopo, ma questa è un’altra storia.
Era il 1970, cinquant’anni fa. Le vicende di Benvenuti, Monzon, Mazzinghi si incrociavano, legate l’una all’altra da minimo comune denominatore: Eddie Pace, infermiere, comparsa, pugile di valore. Un uomo che nel 1971 se ne sarebbe andato per sempre, uscendo da questo mondo a soli trent’anni, stroncato da un infarto.