Interviste senza tempo La vita e il pugilato 4. Patrizio Oliva

Senza memoria non si costruisce il futuro. In questi giorni mi sembra sia un concetto da urlare, non c’è domani senza il rispetto del passato. Lo sport è fermo, la boxe non fa eccezione. E allora sono andato a cercare in questo blog delle parole che propongano una storia. Un intreccio tra ieri, oggi e domani. Interviste con personaggi che si sono saputi raccontare. Sono dieci, ve le ripropongo ferme nel tempo, domande e risposte senza (quasi) alcun ritocco. Buona lettura.

4. continua
(1. Leonard Bundu, 6 aprile; 2. Luca Rigoldi, 7 aprile;
3. Mario Romersi, 8 aprile)

 

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Patrizio Oliva, oro e miglior pugile dei Giochi di Mosca 1980.
Campione italiano, europeo e mondiale da professionista.
Allenatore della nazionale e di un campione del mondo prò
(Giacobbe Fragomeni). Ex arbitro e commentatore televisivo.

 

18 settembre 2015

In una recente intervista Carlo Nori, presidente della Lega Pro Boxe, mi ha detto: “Visto il non esaltante successo di Wsb e Apb, l’ala moderata dell’Aiba potrebbe anche imporre un atteggiamento meno duro nei confronti delle Federazioni Nazionali. Potrebbe quindi accadere che la Fpi ci chieda di restare al suo interno”.

Cosa ne pensi?

“L’Italia è fuori dalle Wsb. Hanno detto che è stata una scelta politica dettata dalla necessità di prepararsi all’Olimpiade di Rio. Io credo sia stata una scelta dettata dagli investimenti mai rientrati, soprattutto dai gravosi impegni economici dell’ultima stagione. Dicono che anche l’Apb sia un bagno di sangue dal punto di vista finanziario. Non so se l’Aiba tornerà sui suoi passi, se lo facesse sarebbe un ulteriore passo falso. Come quello che ha fatto in passato la Fpi”.

In che senso?

“Resto dell’idea che la nostra Federazione avrebbe dovuto opporsi alle strane idee dell’associazione mondiale. Il distacco dal professionismo, salvando solo quello Aiba, è stato un clamoroso passo falso. La Fpi non ha avuto la forza di opporsi, di creare un’alleanza magari arrivando anche a minacciare un boicottaggio olimpico. Non si deve cedere ai ricatti”.

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E adesso abbiamo in casa un problema serio, quello del professionismo.

“Vero. Abbiamo rinunciato alle Wsb. E nell’Apb ci sono solo due italiani, Russo e Valentino. Restano i dilettanti a vita, ma anche loro dovranno soffrire. L’Aiba non si cura del dilettantismo, tranne che per due manifestazioni: Mondiali e Olimpiadi. Con questi programmi rischiamo di tenere in piedi una Federazione con appena tre o quattro atleti impegnati in attività di vertice”.

Ci aspetta dunque un brutto futuro?

“Diciamo che chi ci ha portati a questo punto non ha avuto a cuore le sorti del pugilato italiano”.

A chi ti riferisci?

“A Franco Falcinelli, che oggi è vice presidente mondiale. Lo reputo il principale responsabile della situazione in cui si trova oggi la Federazione Pugilistica Italiana”.

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Un oro, un argento e un bronzo a Pechino 2008. Due argenti e un bronzo a Londra 2012 sono risultati esaltanti, non credi?

“Certo. Ma sono merito del valore di pugili che erano già forti prima e che hanno avuto la possibilità di disputare più Olimpiadi. Bravi loro, bravo Damiani. Ma chi avrebbe dovuto garantire un equo criterio di giudizio, a protezione del reale valore dei pugili, non è stato all’altezza. A Londra 2012 abbiamo assistito a imbarazzanti verdetti, tipo lo scippo di Joshua ai danni di Cammarelle. Eppure ho letto alcune dichiarazioni di Falcinelli in cui diceva che le giurie erano state brave…”

Dicono che ti sei tagliato i ponti con il passato, che non frequenti più l’ambiente.

“E si sbagliano. Proprio recentemente sono stato a una cena con ex pugili campani, è stata una serata molto gradevole. Abbiamo toccato tanti argomenti, quello che ha suscitato maggiori discussioni è stato l’ammanco milionario della Federazione”.

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La colpevole è stata individuata.

“E io mica dico che i soldi li hanno presi i dirigenti federali. Non potrei mai pensare una cosa del genere. Dico però che se per anni ti fai soffiare i soldi sotto il naso senza accorgerti di nulla, quantomeno sei inefficiente. L’altro giorno mia figlia Alessandra, sentendomi parlare di questo in casa, mi ha fatto leggere una frase di Milan Kundera. In “L’insostenibile leggerezza dell’essere”, il drammaturgo ceco ha scritto: “E si disse che la questione fondamentale non era: Sapevano o non sapevano?, bensì: Si è innocenti solo per il fatto che non si sa? Un imbecille seduto sul trono è sollevato da ogni responsabilità solo per il fatto che è un imbecille?” Chiarisco. Non sto certo dicendo che i capi della Federazione fossero degli imbecilli, ma dico che il solo fatto di non sapere non li assolve. Anzi, se copri cariche di responsabilità, aumenta le tue colpe. Come hanno fatto a non accorgersi di nulla per anni?”

Dicono che sei così polemico nei confronti della Federazione perché punti alla presidenza. Hai intenzione di candidarti?

“Stiano tranquilli. Non ho alcuna intenzione di candidarmi. Chi parla così, ignora totalmente la situazione politica e sportiva del pugilato italiano. Io non sono polemico, osservo la realtà e da vecchio innamorato della boxe, quello che vedo mi fa male. Mi piacerebbe seguire i bambini, vorrei che imparassero il pugilato. La boxe mi ha dato tanto e io ho sempre cercato di ricambiare. È uno sport che insegna il sacrificio, il rispetto per gli altri, ti aiuta a essere consapevole dei tuoi limiti, a lottare. È questo che vorrei trasmettere ai ragazzini. Certo sarebbe bello che anche i dirigenti facessero propri questi concetti, ma loro hanno deciso di seguire altri percorsi”.

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Nella nostra ultima chiacchierata avevi attaccato le Apb dicendo: “Come è possibile assegnare la carta olimpica in sfide che si disputano su 8 o 12 riprese. È come se un torneo di calcio giocato su due tempi regolamentari di 45’ valesse per la qualificazione a un torneo mondiale in cui i tempi di gioco fossero sempre due, ma di quindici minuti!” Ovviamente, non hai cambiato idea. Giusto?

“E perché mai avrei dovuto farlo? Le Apb sono un torneo che non ha senso. E hanno cominciato a capirlo tutti, anche quei Paesi che dovrebbero rappresentare i capisaldi del movimento. La finale dei 91 kg tra Egorov e Russo, quello che loro hanno chiamato pomposamente campionato del mondo, si è disputata sul ring della Druzhba di Mosca davanti a pochi intimi, se escludiamo gli ufficiali di gara il totale dei presenti era davvero imbarazzante. Ho visto il match su YouTube… Questa è l’Apb. E la Fpi si è impegnata economicamente anche in questo spazio. Per non lasciare solo Clemente Russo ha organizzato due eventi dei pesi massimi nel nostro Paese. E proprio Russo è la testimonianza del fallimento delle Apb: non si può combattere sui tre, poi sui sei, poi sui dodici round e poi tornare ai tre. Un maestro dello sport dovrebbe sapere che abisso ci sia tra le diverse metodologie di allenamento…”.

Un’ultima domanda.

Pensi che le colpe di questa situazione siano dei pugili, cioè di coloro che hanno preferito la certezza di una carriera con meno rischi, piuttosto che l’avventura del vero professionismo?

“Ripeto quello che ho detto l’ultima volta che ci siamo parlati: “Il problema non sono le scelte dei singoli, è la scelta politica e strategica della Federazione. L’Aiba non rappresenta tutti i mali del mondo, ma sicuramente ha contribuito a peggiorare uno sport che aveva bisogno di alzare il suo livello qualitativo. E la Fpi gli è andata dietro, con il risultato di privarsi dei professionisti e tagliare gran parte dell’attività dilettantistica E poi mi chiedo: come mai per tanti anni non ha investito sul professionismo e adesso spende somme ingenti per l’attività di un solo atleta nelle Apb?”

Vuoi aggiungere qualcosa?

“Molte delle colpe che hanno portato alla situazione negativa in cui si trova e soprattutto si troverà la Federazione dopo Rio 2016 sono sulle spalle di una sola persona. Sono pienamente convinto che Franco Falcinelli non abbia aiutato il movimento pugilistico italiano. Né da presidente federale, né da vice presidente mondiale”.

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