Davis, un diavolo con talento e personalità. Garcia finisce ko

Las Vegas, teatro di grandi storie.
Due protagonisti per un dramma intenso.
Gervonta Davis è pugile migliore di quanto lui stesso voglia far credere. Maschera il talento con una condotta da fuorilegge una volta sceso dal ring. Solo tra le corde, che delimitano il campo della sfida, sembra sia in grado di mantenere il controllo dei nervi e gestire con efficacia il suo spirito guerriero.
Ryan Garcia era lì a misurarne il livello. È stato un grande ad accettare la sfida, un uomo coraggioso a fare di tutto perché avvenisse. Ma sul ring ha avuto l’unico compito di esaltare la bravura dell’altro.
I colpi di Garcia partivano rapidi, veloci. Lungo il jab sinistro, preciso nella dinamica tecnica il destro. Ma sembrava che l’altro avesse un radar installato nel cervello. 
Zac, un piccolo spostamento della testa.
Un leggero movimento del tronco.
Un rapido passo di lato.
E i pugni del giovane Ryan fendevano l’aria per poi perdersi nel vuoto.
Gervonta no, lui era una macchina da guerra. Avanzava sicuro, calcolava ogni singolo movimento e partiva all’attacco. Perfetta, da manuale l’azione del primo knock down, quello della seconda ripresa.
Il gancio sinistro di Garcia scattava carico di minacce. Davis lo evitava, come aveva fatto prima, come avrebbe fatto poi. E rientrava con il suo gancio sinistro. Preciso, veloce, devastante. Centrava in pieno il volto stupito del giovane Ryan che cadeva giù, seduto sul tappeto, vittima di quello che era solo l’annuncio della brutta avventura che sarebbe stato costretto a vivere.
Più compatto nel fisico, apparentemente (solo apparentemente) meno bello stilisticamente, ma decisamente più bravo Gervonta Davis si prendeva il ring e lo teneva sotto il suo comando sino alla fine.
Il sinistro con cui ha chiuso il conto è stato, anche questo, perfetto. Ha centrato Garcia al fegato, gli ha tolto fiato e gambe. E ha chiuso la sfida nel settimo round.
Un campione degno di essere protagonista assoluto. Questo è Gervonta Davis, un pugile da passerella rossa. Ha un corpo sommerso dai tatuaggi, le treccine rasta, lo sguardo da membro di una gang di strada. È il suo stile. È una belva da combattimento. Per un momento, un lampo e nulla più, ho rivisto una scena del passato. Da una parte il volto pulito, bello, affascinante, di Ryan Garcia. Pugile dalla faccia d’angelo e dai notevoli mezzi tecnici. Dall’altra la ferocia, generata da debiti psicologici accumulati in una vita difficile, di Gervonta Davis.
E ho rivisto Carlos Monzon contro Nino Benvenuti. Dimenticate gli stili, la tattica, il modo di portare i colpi. Pensate solo all’intreccio di quel fantastico film che è un match di pugilato. E mi sono ricordato di quanto mi disse in una notte di confidenze, tanti, ma tanti anni fa, il grande Rodolfo Sabbatini.
“Dario, mi chiedi la differenza tra Monzon e Benvenuti. Eccola qui. Se in una notte triste e solitaria incontrassi Nino in un vicolo buio di New York, gli chiederesti l’autografo. Se in quel vicolo incrociassi Carlos, scapperesti via”.
Ecco, mi è sembrato di rivedere quel film.
Ryan Garcia è bravo, è forte. Gervonta Davis è un pugile feroce, spietato, un diavolo con la tecnica giusta per disegnare il suo ruolo da protagonista assoluto e imporlo a qualsiasi pari peso.

Un pensiero su “Davis, un diavolo con talento e personalità. Garcia finisce ko

  1. Dario, un grandissimo incontro, ma Garcia è stato troppo timoroso dopo il secondo round, quel KO lo ha neutralizzato.

    Pressarlo come ha fatto nel secondo round era l’unico modo per battere Gervonta, che è tecnicamente molto superiore a Ryan, una tattica rischiosa, ma avrebbe dovuto osare, altrimenti alla lunga Davis avrebbe comunque prevalso.

    Al termine del match Garcia lo ha ammesso: “ho rispettato troppo Gervonta nel ring, avrei dovuto pressarlo, insistere di più, l’ho rispettato troppo”.

    Probabilmente avrebbe perso per un altro KO, ma almeno ci avrebbe provato.

    Gervonta Davis dal canto suo è veramente impressionante, ha un radar come hai detto tu, ed ha una tecnica difensiva impressionante, e in quanto a velocità non è affatto secondo a Garcia, anzi, in certi frangenti mi è sembrato anche superiore.

    Nella boxe ci sono livelli, e Gervonta ha dimostrato di essere di un’altra classe, tecnicamente, rispetto a Garcia.

    Durante il secondo round ho sentito il mio cuore palpitare come non faceva da anni per un incontro di boxe…è stata una esperienza fantastica, come ai bei tempi nei quali i campioni combattevano molte volte all’anno sfidandosi spesso per determinare chi fosse il migliore.

    Speriamo si ritorni al passato, e non si continui con le logiche politico-economiche della boxe moderna.

    Grazie per questo blog, è un piacere leggerti. Un caro saluto.

    Alessandro

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