
Il primo a usare il grimaldello della boxe per aprire la cassaforte cinese è stato Bob Arum. È sbarcato a Macao e ha cominciato a costruire il nuovo impero. Più di un miliardo e trecento milioni di abitanti sono un bacino d’utenza che ingolosirebbe qualsiasi operatore commerciale.
Il 6 aprile 2013 per il match d’esordio dell’idolo di casa Zou Shiming (due ori olimpici e tre mondiali, professionista a 31 anni) Arum ha spostato la macchina organizzativa dagli Stati Uniti in Asia. Ha prodotto in proprio l’evento, facendo venire l’attrezzatura da Hong Kong. Venti persone della Top Rank e settanta prese in loco hanno lavorato assieme. A commentare il match per Showtime e Cbs c’erano Larry Merchant e George Foreman. L’annunciatore era Michael Buffer e la musica, negli intervalli tra un incontro e l’altro, era gestita da un DJ professionista arrivato da Las Vegas.
Se la riunione si fosse fatta negli States sarebbe costata la metà. Ma era un investimento necessario.
C’erano quindicimila spettatori in sala. Trecento milioni davanti alla Tv nazionale, che ha avuto il match senza versare un dollaro. Il Venetian Casino che ha ospitato l’evento ha visto i suoi incassi crescere del 40% durante il week end.
I soldi veri nel pugilato moderno arrivano dalla pay per view. Arum stava facendo promozione. Per questo offriva tutto gratis. Poi ha pianificato una produzione di qualità, venduta a prezzo decisamente più basso di quanto non avrebbe fatto in America. I primi match costavano tra i 3 e i 5 dollari. Ma stava operando su un mercato con un potenziale di oltre 1,3 miliardi di persone!
Inoltre, visti i numeri dell’audience, Arum offriva borse più alte del solito a Zou Shiming, a patto che gli cedesse i diritti di immagine e lui potesse trattare in libertà con la Sands China Ltd che gestiva gli sponsor. Per questo la prima borsa, per quattro round contro un avversario morbido come Eleazar Valenzuela era stata di 300.000 dollari, cifra che saliva a 500.000 per il successivo impegno, sempre a Macao contro Jesus Ortega.

E così Zou Shiming (a sinistra nella foto sopra) un minimosca/mosca si è trovato improvvisamente pieno di soldi.
La boxe era stata bandita in Cina nel 1959 da Mao Zedong che la considerava violenta e troppo legata alla mentalità occidentale. Nel 1966, in piena Rivoluzione Culturale, il Partito Comunista aveva proibito qualsiasi forma di sport agonistico. L’accusa era quella di trasformare gli atleti in schiavi dei trofei vinti. Solo nel 1986 il pugilato è tornato a far parte del panorama sportivo nazionale.
Fino a qualche tempo fa la boxe da quelle parti era solo dilettantismo. Ancora oggi ci sono programmi interamente dedicati a quell’attività.
Ma poi sono arrivati i giorni in cui anche il professionismo ha ottenuto diritti ufficiali.
Si poteva fare il grande salto solo dopo i trent’anni, questo è vero, ma non veniva più visto come il nemico del popolo. C’erano promoter locali, come Wu Shi Niu e Liu Gang che mettevano in piedi riunioni interamente imperniate su pugili cinesi e con titoli asiatici Wbo in palio. E c’erano organizzatori stranieri che venivano accolti con curiosità e interesse.
Dopo Bob Arum un altro nome importante proveniente dagli Stati Uniti provava a entrare in Cina. E lo faceva attraverso la categoria più popolare. Il manager era Dino Duva, figlio del mitico Lou. Presiedeva la Dynasty Boxing, alla cui vicepresidenza c’erano Tommy e Terry: i figli del famoso arbitro Mills Lane.
Il nome guida dell’intera vicenda era quello di Zhilei Zhang (foto in alto, a destra, nel match contro Joe Joyce).

Il prossimo 2 maggio Zhilei (foto sopra) compirà quarant’anni. Ha un record di 25-1-1, con 20 vittorie per ko. È alto 198 centimetri, ha un peso forma attorno ai 115 chili. Da dilettante ha vinto un bronzo ai Mondiali del 2007 e l’argento all’Olimpiade di Pechino 2008, dove è stato messo ko da Roberto Cammarelle in finale.
Inizialmente il suo consulente per l’avventura professionistica era Evander Holyfield. Lo allenavano Joe Grier e Harold Knight, mentre il preparatore atletico veniva dai New York Rangers: squadra della National Hockey League. Oggi il coach è Shaun George.
Ha esordito l’8 agosto 2014 al City Fairground di Fallon, Nevada, in una riunione organizzata da Lou Di Bella. Ha sconfitto dopo 17 secondi della prima ripresa Curtis Lee Tate, in un match trasmesso in diretta televisiva dalla ESPN.
Boxa da quando aveva 15 anni, prima aveva provato con la canoa. È cresciuto guardando i video di Muhammad Ali, Mike Tyson e dei fratelli Klitschko. Ora vive e si allena a Bloomfield, nel New Jersey. È sposato ed ha una figlia di 14 anni.

Dino Duva (a sinistra nella foto sopra) era convinto: “Due anni, dodici/quindici match, e sarà pronto per il titolo.”
Gli anni sono diventati otto, ma a un titolo è arrivato davvero. È il nuovo campione ad interim dei pesi massimi per la WBO. Ieri a Londra ha sconfitto per kot 6 l’idolo di casa Joe Joyce. Lo ha martellato con il suo jab sinistro e alla fine l’arbitro Howard Foster ha dovuto interrompere il combattimento. Le ferite attorno all’occhio destro del britannico erano diventate troppo pericolose.
L’ho visto maltrattato da Cammarelle a Pechino nel 2008, l’ho rivisto perdere a Londra 2012 nei quarti di finale da Anthony Joshua. Mancino, discreto pugno, buona velocità. Credevo che del grande massimo avesse solo la stazza. È stata proprio questa, unita alla nazionalità, che gli ha fatto guadagnare bei soldi (oltre cinque milioni di dollari). Nonostante all’esordio avesse già 31 anni, nonostante non fosse un fenomeno.
Adesso è diventato campione ad interim della WBO, sorprendendo il mondo intero. Soprattutto gli inglesi.
Zhang non boxa più per Duva. Ora i suoi manager sono Terry Lane (figlio di Mills) della Lane Brothers Company e l’avvocato Scott Schaffer. Per il match contro Joe Joyce ha firmato un contratto con la Queensberry Queen Promotion di Frank Warren. È lecito pensare che anche i prossimi incontri saranno organizzati da questa società.
Con Zhilei Zhang come ariete, la Cina è più vicina? Non so, partire all’assalto di un universo così complesso a 40 anni è impresa dura. Soprattutto se non sei un fenomeno.
“Fatemi fare il titolo WBC con Tyson Fury, in Cina” ha detto dal ring londinese subito dopo il successo.
Beh, in questo caso, il giro di soldi sarebbe davvero gigantesco. Ma il risultato sarebbe scontato e il match, mi permetto di dire, potrebbe anche diventare pericoloso.