Simona Galassi, la Muhammad Ali del pugilato femminile italiano

Non mi piace la festa della donna.
Così come non mi piacciono le quote rosa.  
Paradossalmente, mi sembrano l’esaltazione di un atteggiamento denigratorio nei loro confronti. Un’ulteriore discriminazione dettata dal genere. Se proprio si vuole festeggiare, facciamolo quotidianamente. Doniamo loro maggiore sicurezza per le strade di piccole e (soprattutto) grandi città, parità di diritti nel lavoro, possibilità concrete di vivere da mamme e lavoratrici, facoltà di gestire la propria sessualità come meglio credono. Dedicare un giorno di festa, serve solo a lavarsi la coscienza. Mi sembra una manifestazione di ipocrisia.
Non pretendo che il sentimento sia universale, ma rivendico il diritto a difendere la mia idea.


Detto questo, sfrutto subdolamente la giornata, 8 marzo dell’anno 2023, per ricordare (come ho spesso fatto, senza avere bisogno di date dedicate) una donna che ha realizzato cose fantastiche per il progresso della boxe italiana. Non credo di esagerare se dico che Simona Galassi sta al nostro pugilato femminile come Muhammad Ali sta a quello del mondo maschile.
La ragazzina come la chiamava Alessandro Duran, che l’ha allenata dopo Valerio Nati, adesso ha cinquant’anni. Ogni occasione, anche questa, è buona per ricordare a chi ha la memoria corta cosa sia stata capace di fare Simona (foto di Giuseppe Gullo) sul ring, cosa sia riuscita a vincere, quanto abbia vinto.
È la più grande pugile donna nella storia della nostra boxe. Degna di entrare in ogni classifica di merito.
Maria Moroni è stata un’ammirabile pioniera, Stefania Bianchini è stata una protagonista assoluta, Simona è stata una fuoriclasse.
Sul ring aveva talento, grande tecnica, determinazione, senso tattico. Una campionessa nel pieno significato della parola.
Sono reo confesso. Guardavo con la presunzione del maschio le donne che tiravano di boxe. Poi sono stato folgorato. Ho visto combattere Simona e ho capito che potevo stracciare ogni pregiudizio. A sbagliare ero io, non loro che ci provavano.
Nel 2019 l’abbiamo, meritatamente, inserita nella Boxing Hall of Fame Italia. In quell’occasione Franco Esposito, un grande giornalista, appassionato e profondo conoscitore del pugilato, ha scritto…

Proprio lei, romagnola di Forlì, casa e affetti dalle parti di Bertinoro. La magnifica artefice, missionaria e predicatrice in grado di dotare il pugilato femminile di un’immagina nuova, diversa. Simona, sul ring, è un invito/obbligo per gli uomini a stropicciarsi gli occhi. Come si usa dire, boxa col libro in mano. Un lavoro da manuale. Noi tutti piacevolmente costretti ad ammettere: brava davvero, due volte brava, con lei siano benvenute le donne pugili, giusto parlarne con rispetto. Il marchio, Simona Galassi, l’autografo indelebile in calce alla marcia trionfale della boxe delle donne in Italia. L’inversione di tendenza oggi piena di convinti consensi ad accompagnarne la conquista di spazi larghi, giorno dopo giorno. Le donne pugili non sono più all’angolo. Grazie soprattutto a Simona, si sono prese il centro del ring.

Mi fermo qui.
Volevo solo pregarvi di non dimenticare. Il passato non è nostalgia, come chi è privo di cultura (pugilistica) continua noiosamente a ripetere. È storia da studiare, campioni da ammirare, match da ricordare.
Simona Galassi è stata ed è il massimo del pugilato. Anche se combatteva da peso mosca.

Metto in fila alcuni dei suoi successi.
Tre mondiali dilettanti, due volte campione del mondo professionisti.

DA DILETTANTE (sempre nei pesi mosca)
86 vittorie
1 sconfitta

Campionessa europea 
Pecs 2003, Riccione 2004, Tonsberg 2005.

Campionessa del mondo 
Scranton nel 2002, Antalaya 2002, Podolsk 2005.

DA PROFESSIONISTA
23 vittorie
5 sconfitte
1 pari

Campionessa del mondo IBF 
nei pesi supermosca 2011/2012

Campionessa del mondo WBC 
nei pesi mosca 2008/2011

Campionessa europea 
nei pesi mosca 2007, 2013/2015.

P.S. Quando era dilettante, le Olimpiadi erano ancora vietate alle donne. Altrimenti avrebbe vinto anche quelle, statene sicuri.

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