Non bastano medaglie e titoli per definire un pugile “campione”

Stamattina mi sono svegliato così.
Dilettanti: (in ordine di importanza) Europei, Mondiali, Olimpiadi.
Professionisti: (in ordine di importanza) Europeo EBU, mondiale.
Tutti gli altri trofei, a livello internazionale, sono semplicemente propedeutici ai risultati nelle competizioni sopra annunciate e non rappresentano risultati tali da classificare chi li abbia ottenuti con il termine campione.
In ambito nazionale, il titolo italiano dovrebbe essere il primo importante obiettivo. Una volta raggiunto dovrebbe spingere il pugile a migliorare il proprio valore attraverso più difese, a confrontarsi con avversari gradualmente migliori fino a tentare, se dotati di talento e spirito di sacrificio, l’approccio ai titoli internazionali veri (vedi sopra).
Non si dovrebbe lasciare una cintura tricolore per avventurarsi in improbabili match con fantasiosi titoli in palio.
Sento dire: “Sono i soldi a spingere verso questo percorso”.
Ma sento dire anche: “I soldi non ci sono”.
Uno dei due concetti non è corretto.
Un pugile dovrebbe sapere quali sono i valori reali dello sport che pratica. Non è il numero delle cinture conquistare che conta, è la qualità di cosa ha vinto a indicare la strada da percorrere per potersi definire campione.
Se io dicessi “La conquista del  Premio Letterario Vattelappesca mi pone sulla stessa linea del Nobel per la letteratura”, avreste tutto il diritto di preoccuparvi per la mia salute mentale.
E questo vale nel mondo intero, non solo da noi. Nello sport come nella vita.
“Chi come me ha cominciato ad appassionasti di boxe da bambino (…) è improbabile che la consideri il simbolo di qualcosa che la trascende, come se la sua particolarità stesse nell’essere sintesi o immagine di altro. Posso però valutare l’idea che la vita sia a una metafora della boxe (…), il genere di metafora letteraria dell’inferno. La vita è come la boxe per molti e sconcertanti aspetti. La boxe però è soltanto come la boxe”.
Vorrei averlo scritto io, ma non mi sono mai neppure avvicinato a questi livelli.
Il testo è di Joyce Carol Oates.
Buona domenica a tutti.

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