
È stato un marine, un giudice in tribunale, un laureato, un personaggio televisivo, un pugile, un arbitro di boxe.
Era Mills Lane.
Sino alla fine degli anni Novanta è stato uno dei più popolari arbitri del mondo.
Poi la malattia lo ha fermato.
Oggi se ne è andato via per sempre nella sua casa di Reno, in Nevada. Accanto aveva la famiglia, la moglie e due figli.
Figlio di un banchiere della Georgia, ha studiato, si è laureato. Ma non ha mai rinunciato alla grande passione. Pugile, peso welter, mancino. È arrivato a giocarsi la partecipazione ai Giochi di Roma ’60, ai Trials non ce l’ha fatta.
Come arbitro invece è arrivato in vetta, nel 2013 è entrato nella Hall of Fame mondiale. Ha diretto decine di campionati. Autoritario, con un pizzico di ironia, è diventato una figura popolare senza mai rimanere schiavo del personaggio.
Si è trovato coinvolto in molti casi incredibili.
Era sul ring quando Mike Tyson ha morso l’orecchio di Evander Holyfield.
Qualcosa scattava nella testa del campione di Brownsville. Si sentiva odiato dal mondo intero, era convinto di essere solo contro tutti. La mente era attraversata da lampi di follia. Cominciava il terzo round senza paradenti.
Mills Lane lo costringeva a rimetterlo, ma quando mancavano quaranta secondi alla fine della ripresa, lui lo sputava via. Spalancava la bocca come un leone e azzannava la preda. Abbrancava Holyfield, gli mordeva l’orecchio destro, gli staccava un pezzetto di carne, lo masticava poi lo sputava sul ring. Quel pezzetto di carne rotolava lentamente fin quando non si fermava sul cartellino del giudice Duane Ford. La televisione consegnerà la foto del morso a tutto il mondo. Holyfield saltava e urlava sul ring.
“Fermate questo pazzo! Qualcuno fermi questo pazzo!”
Mills Lane penalizzava di due punti Iron Mike e sospendeva il match per quattro minuti. Il dottor Flip Homansky visitava il campione di Atlanta.
“Si può andare avanti”
Iron Mike Tyson mordeva ancora l’orecchio del rivale, solo che stavolta preferiva quello sinistro. Lane lo squalificava.
Iron Mike cominciava a colpire chiunque gli capitasse a tiro. Doveva intervenire la sicurezza per portarlo via.
Lane scendeva dal ring con la camicia insanguinata.
Lane era lì quando Oliver McCall è scoppiato in un pianto diretto e si è rifiutato di continuare a boxare contro Lennox Lewis.
McCall è incappato nella droga, si è disintossicato in un centro specializzato. È stato arrestato più di una volta, l’ultima per avere picchiato otto poliziotti prima che questi riuscissero a immobilizzarlo nella hall di un albergo di Nashville.
Il match va avanti senza colpi di scena per due round, poi si trasforma in un dramma. McCall si rifiuta di combattere, passeggia per il ring a mani basse, senza guardia. Lewis non lo colpisce per un’intera ripresa. Il Toro Atomico va all’angolo, piange, singhiozza tra le braccia del maestro George Benton. Poi torna al centro del ring per un nuovo round. Ma ha ancora le lacrime agli occhi, lo sguardo implorante e le mani basse. Lennox lo mette ko dopo 55 secondi della quinta ripresa. Finisce così uno dei più strani campionati del mondo dei pesi massimi.
Mills era al centro del quadrato in uno dei match più intensi di sempre, il mondiale dei pesi medi tra Marvin Marvelous Hagler e John Mugabi.
Era il terzo uomo sul ring in Larry Holmes vs Gerry Cooney, la sfida che ha scatenato accuse di razzismo negli States.
Ha diretto Iron Mike Tyson nel suo ritorno sul ring, dopo la prigione, contro Peter McNeely. Rissa compresa.
C’era anche nel mondiale tra Evander Holyfield e Riddick Bowe.
Io sono a bordo ring, lui sul tappeto quando James Miller, soprannominato Fan Man, si lancia dal tetto del Caesars Palace. Bianco, trent’anni, una corporatura minuta. Fa tre voli in circolo, alto sulle teste degli spettatori. venendo giù in discesa controllata. Scende fino a sfiorare a gran velocità le teste di un centinaio di persone, passa a meno di dieci metri dalla mia, evita per puro miracolo di provocare una tragedia, tira disperatamente i fili e chiude la sua corsa sul ring. All’angolo di Bowe. Sta bene, riesco a vederlo sorridere
Rimane impigliato tra le corde laterali, si dimena, non ce la fa a liberarsi.
Mills Lane sbarra gli occhi, dirà: “Mi sembrava di vivere un sogno”.
Ferma l’incontro.
Marc Ratner, presidente della Commissione Atletica del Nevada, chiede al capo del servizio di sicurezza dell’albergo se ci sia una situazione di pericolo. Fa appena in tempo a finire la frase quando alcuni uomini con le magliette nere si avventano su Miller. Lo prendono, lo buttano a terra, lo riempiono di schiaffi e pugni. Gli sbattono ripetutamente in testa i loro telefoni. Arriva la polizia, toglie l’uomo dalle mani di quelle furie scatenate della sicurezza. Miller sviene, viene messo su una barella e trasportato al Sunrise Hospital.
Holyfield e Bowe tornano a combattere. E Mills Lane a gestire la lotta.
L’hanno sempre chiamato così, con nome e cognome come se fosse un logo. E forse era proprio così. Un marchio di fabbrica per rappresentare un’intera categoria. Lui era l’arbitro con la boxe nel cuore. E ora che ci ha lasciati mi sembra che abbia portato via con lui qualcosa che ci apparteneva. Parte dei nostri ricordi.
Aveva 85 anni, trentacinque dei quali passati sul ring.
Condoglianze alla famiglia.