
Aziz ha un leggero alone scuro attorno all’occhio destro. Un taglio appena sotto, rimediato in semifinale, ha rappresentato l’unica incognita prima dell’ultimo match. Nessun problema, ma è stato sempre lì a ricordargli che il pericolo è in agguato, che il rischio bisogna gestirlo con accortezza.
Nello spogliatoio Aziz fa festa assieme ai compagni.
“L’Italia è tornata, l’ho gridato in tv subito dopo la vittoria. Siamo forti, siamo giovani. E non siamo solo una squadra, siamo una famiglia”.
Il giovanotto, 24 anni il prossimo 6 ottobre, ha un fisico perfetto per fare il peso massimo. È veloce di braccia, rapido nell’esecuzione dei colpi, ha un’ottima tecnica di base. Ha già dimostrato di non temere i grandi impegni, gli ostacoli più pericolosi. E ha una dote che deve custodire come un tesoro prezioso.
Nella boxe tempo e distanza regolano l’intero gioco, dettano le regole. La scelta, il controllo di quando qualcosa dovrebbe essere fatta è il confine che divide la vittoria dalla sconfitta. Lui questa dote ce l’ha, ha la giusta scelta di tempo e distanza. Se non la perderà, tra due anni andrà a Parigi, salirà sul ring e combatterà per il premio più grande.
A Belgrado, nei Mondiali dello scorso anno, ha dimostrato di essere competitivo ai massimi livelli, di non tremare davanti al grande match. Ha chiuso sul filo dell’equilibrio (a mio giudizio vincendo) la sfida contro Julio Cesar La Cruz, il fenomeno cubano, l’uomo delle meraviglie. Per due volte, in quel torneo e ieri nella finale europea, ha dominato Emanuel Reyes Pla: l’altro anello della triade che comanda la categoria.
Oggi non è però tempo di pronostici, sogni o proclami. Oggi è tempo di festa. Quando il 24 maggio 1998 Giacobbe Fragomeni vinceva l’oro, proprio nei pesi massimi, agli Europei di Minsk, Aziz non era ancora nato. Quel titolo, fino a ieri sera, era l’ultimo conquistato da un azzurro nei campionati continentali. Abbiamo aspettato ventiquattro anni per tornare sul gradino più alto del podio.
Oggi Aziz ha la consapevolezza di essere saldamente posizionato ai massimi livelli, ed è questa, credo, la gioia più grande che riporta a casa.
Solofra è la città delle concerie, il luogo che ha dato i natali a Nicola De Piano lo storico presidente del Napoli Basket negli anni Ottanta. Solofra è la città in cui è venuto al mondo Aziz Abbes Mouhiidine, vice campione del mondo e oro agli Europei.
Aziz, classe ’98, vive a Mercato San Severino con la donna a cui deve molto. Si chiama Emma Vitaglione, cuore di mamma, punto di riferimento. È lei che ha dato uno scossone al ragazzo quando le cose sembravano non funzionare come avrebbero dovuto. Non parlo della preistoria, ma di meno di tre anni fa.
“Mamma, il mio sogno è andare all’Olimpiade. Era anche il sogno di papà. Ora che lui è lassù a guardarmi, farò di tutto per realizzarlo”.
Il papà si chiamava Abdellah Marco Mouhiidine, era arrivato in Italia dal Marocco per completare gli studi di ingegneria. Aveva conosciuto Emma, si erano sposati, era diventato responsabile di una serie di cantieri. Se ne è andato via troppo presto, ma è sempre presente nel cuore di Aziz.
La strada per mantenere la promessa è quella giusta, occhi sull’obiettivo. Il cammino è lungo, il 2023 sarà l’anno degli esami. Poi arriverà la stagione dei sogni.
Aziz Abbes Mouhiidine con un grande salto in avanti, potrebbe riportarci indietro nel tempo.