Due parole su Tyson Fury, Mike Tyson, Muhammad Ali e Joe Louis…

Tyson.
Se lo leggete come nome proprio e aggiungete Fury, riceverete commenti (nella migliore delle ipotesi) controversi. Se lo prendete come un cognome e lo fate precedere da Mike, avrete solo consensi.
Qualcosa non mi torna.
Mike Tyson è stato un pugile che ho ammirato, oltre ad averlo seguito da bordo ring nei match più importanti della carriera. Non era solo un’espressione di potenza, era abile soprattutto sul piano tecnico.
Fisicamente partiva con l’handicap dell’altezza. È vero, nel passato due grandi come Rocky Marciano e Joe Frazier misuravano più o meno gli stessi centimetri di Iron Mike. Ma con il passare degli anni la fisicità dei campioni tra i pesi massimi è cresciuta e Tyson si è trovato ad affrontare quasi sempre pugili più alti di lui.
Questa situazione gli poneva due problemi.
Primo, la difficoltà ad accorciare la distanza. Secondo, la necessità assoluta di chiudere quando era nei corpo a corpo.
L’uomo di Brownsville li ha risolti brillantemente. La capacità di raggiungere l’obiettivo evitando i colpi con una continua oscillazione del tronco, millimetriche schivate, scelta di tempo e rapidità di esecuzione erano il suo marchio. Una volta agganciato l’avversario, l’abilità tecnica nel portare i colpi da vicino abbinata a velocità e precisione, ovvero potenza, faceva il resto.
Ecco, questo secondo me è un concentrato di quello che è stato Tyson sul ring. Forte, bravo. Nessuno ha messo in dubbio il suo valore, nessuno si è preoccupato di offendere lui e i suoi rivali.
E sì perché Tyson per il titolo ha affrontato: Berbick, Smith, Thomas, Tucker, Biggs, Holmes (aveva 38 anni e veniva da due sconfitte), Tubbs, Michael Spinks (un mediomassimo salito di categoria nel finale di carriera), Bruno, Williams, Seldon e li ha battuti. Pensate che tra questi ci sia qualcuno che possa essere inserito tra i grandi di sempre?
Preciso. Larry Holmes a mio avviso è stato un fuoriclasse, degno dei migliori. Ma non lo era più nel momento in cui è salito sul ring contro Tyson.
Iron Mike ha perso contro Douglas (forse uno dei rivali meno forti tra quelli da lui affrontati), due volte con Evander Holyfield, è stato distrutto da Lennox Lewis e ha chiuso la carriera perdendo con Danny Williams e Kevin McBride.
Ecco. Nomi e risultati. Eppure nessuno mette in dubbio il suo valore. Nessuno sottolinea come il livello medio dei rivali non fosse eccelso, pochi ricordano le devastanti sconfitte (umilianti sul piano tecnico le due contro Holyfield, pesante su quello fisico il ko subito da Lewis). Nella testa di tutti noi rimane l’immagine di un giovane campione che stendeva chiunque avesse il coraggio di affrontarlo.
A Tyson Fury non è riservato lo stesso trattamento.
Ha battuto Wladimir Klitschko, due volte Deontay Wilder. E poi Whyte e Chisora che valgono più di alcuni dei rivali per il titolo di Tyson.
Fury paga un fisico non certo statuario. Il grasso che appesantisce i suoi fianchi straccia l’immagine del peso massimo alla Muhammad Ali. E mi fermo un attimo su Ali. Non voglio certo paragonarlo a Fury, voglio solo dire che nell’immaginario collettivo è stato il più forte peso massimo di sempre. Ancora una volta quello che il personaggio, l’uomo, rappresenta travalica il valore tecnico. Riguardatevi i match di Joe Louis e il suo record, fatelo senza preconcetti e con attenzione. Magari potreste accorgervi che è stato lui il più grande peso massimo di sempre.
Torno a Fury.
È un gigante di 2.06 per 120 chili che si muove con agilità, a tratti addirittura danza sul ring. Il suo jab è uno spettacolo. La resistenza ai colpi è incontestabile. Il knock down subito per colpa del destro di Deontay Wilder è stato devastante. Pochi, pochissimi sarebbero stati in grado di rialzarsi e combattere. Perché Wilder non avrà tecnica, ma il suo destro è un’arma che quando arriva provoca disastri.
Fury è intelligente, sul ring sa cambiare tattica a seconda dell’avversario e del momento. Ha pesantezza nei colpi.
È un campione.
La mania delle classifiche all time, un gioco e niente più, sminuisce la bellezza della boxe. Diverso il contesto storico, gli avversari, la preparazione, l’alimentazione, gli aiuti della scienza, gli studi tecnici.
E poi, la memoria inganna. Ci portiamo dietro i ricordi belli, cancelliamo quelli scomodi. Ali, Frazier, Foreman sono stati dei grandissimi. Joe Louis lo è stato di più. Per modernità, tecnica, potenza, longevità. Ma lo sento citare meno volte rispetto al trio delle meraviglie.
Il presente non può competere su questo piano, manca della drammaticità del pionierismo, della risonanza universale degli anni Settanta, della popolarità mostruosa di più campioni nello stesso periodo storico, di una diffusione planetaria degli eventi attraverso il mezzo televisivo che ora opera seguendo dinamiche diverse.
Tyson Fury non è Ali, né tantomeno Joe Louis. Ma è un grande peso massimo, degno campione del mondo e re indiscusso del momento in cui esercita il suo mestiere. Credo meriti rispetto, se non addirittura ammirazione.

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