
È meglio accendere una piccola candela
che maledire l’oscurità.
(Confucio)
Il messaggio arriva da Stati Uniti e Gran Bretagna, è un messaggio di speranza.
I giornali hanno un futuro.
Il New York Times si è posto come obiettivo i 10 (dieci) milioni di abbonati entro il 2025. Non è un’utopia. Al momento è a 8,4 (800.000 riguardano il cartaceo) ed è in crescita. Per consolidare il dato ha comprato per 550 milioni di dollari The Athletic.
È un quotidiano sportivo (e non solo) online che offre alcuni elementi di riflessione. È estremamente attento alla qualità della scrittura, è informato e ha messo a disposizione dei lettori una funzione che a me è sembrata rivoluzionaria. Al momento dell’abbonamento (lo confesso, sono tra quelli che l’hanno sottoscritto) viene chiesto al lettore di indicare i suoi sport preferiti, quelli di cui vorrebbe trovare notizie sul giornale. La scelta serve per creare una Homepage personalizzata.
Dici che ami NBA, boxe e tennis? Troverai in prima pagina soprattutto NBA, boxe e tennis. Oltre a tutta una serie di articoli molto ben fatti. In altre parole le possibilità del mezzo (la rete) sono sfruttate al meglio per accontentare chi ha scelto di seguirti.
The Athletic dovrebbe portare al NY Times il suo milione di abbonati. A quel punto l’obiettivo finale non sarebbe poi così lontano.
Anche The Guardian ha superato il milione di abbonati, la metà dei quali sono fuori dalla Gran Bretagna. Negli ultimi anni, quelli in cui la pandemia ha dominato, ha incrementato gli utili dell’87%.
Certo, il vantaggio è l’uso della lingua inglese. The Guardian vende bene negli Stati Uniti e in Australia, oltre che in casa. E il Times ha alcune grandi redazioni all’estero. Ma sono soprattutto credibilità e competenza a fare la differenza. Tutti e tre i giornali nominati hanno grandi redazioni, l’ultimo dato sul Times diceva che l’organico arrivava a tremila giornalisti. Ma c’è guadagno, non sono in rosso fisso. Hanno subito un calo come tutti i giornali del mondo, ma hanno saputo percorrere nuove strade e oggi sono in attivo.
Hanno capito che il referente è il lettore, ma non per questo lo assecondano pedissequamente o ne stimolano gli istinti più bassi. Sanno cosa vogliono, propongono quello che pensano sia giusto dare. Non improvvisano. Studiano, sudano e scrivono.
Per chiudere cito un esempio accaduto otto anni fa, ma che mi è rimasto impresso nella mente.
Sochi 2014, Olimpiade invernale.
Dopo la finale di pattinaggio artistico femminile si scatena l’inferno. Polemiche ovunque. Ma noi e gli americani affrontiamo l’argomento in modo diverso.
Il New York Times, offrendo anche un’affascinante elaborazione tecnico/grafica della gara di quelle che sono le due protagoniste (Adelina Sotnikova e Yuna Kim), chiede un’analisi ad Adam Leib. allenatore e specialista tecnico della squadra statunitense.
Leib dice che il successo della Sotnikova è meritato. E spiega, con parole semplici, anche il perché.
“Le sue combinazioni hanno un valore più alto perché ha scelto il più difficile doppio salto, il doppio axel. Ha ricevuto punteggi più alti anche per la fluidità di pattinaggio, l’altezza e la distanza. Ha aggiunto un 10% di bonus per avere eseguito la combinazione nella seconda parte del programma. Il doppio salto della Kim era uno dei più semplici, per cui aveva un basso valore di base. Inoltre l’entrata era facile e si è concluso con poca velocità.”
L’articolo è accompagnato da una doppia tabella che evidenzia come, dove e perché la Sotnikova abbia meritato l’oro più della Kim.
I giornali italiani affidano valutazioni e commenti a giornalisti che, nella più ottimistica delle ipotesi e salvo rarissime eccezioni, nella loro vita hanno visto al massimo dieci gare di pattinaggio artistico.
Le argomentazioni sono più dettate dalla pancia che dall’analisi tecnica. Affrontano il giudizio sulla gara facendosi guidare soprattutto dalle retorica.
Il giornalismo italiano negli ultimi anni ha perso completamente di vista la specializzazione, la capacità professionale, la qualità del prodotto. Ognuno ha il diritto di scrivere su qualsiasi argomento. Imperano le polemiche senza pezze di appoggio. La stampa scritta, che dovrebbe tentare di separarsi quanto più possibile dalla violenza verbale della Rete, finisce con l’usare lo stesso linguaggio. I due prodotti diventano sempre più spesso simili. Con l’unica variante che Internet è gratis e l’altro pretende denaro per essere letto.
New York Times, The Athletic e The Guardian offrono una boccata d’aria fresca a chi ha fatto dell’informazione (data e ricevuta) la passione e la necessità della sua vita.
C’è un futuro per i giornali.
La vita può essere capita solo all’indietro
ma vissuta in avanti.
(Soren Kierkegaard)