È il 26 dicembre 1908, il nuovo campione dei massimi è nero

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Sydney, 25 dicembre 1908

Sammy Jackson, seduto su una vecchia poltrona nella sua casa di Sydney, legge per la quarta volta una lettera. Viene da Atlanta. È il giorno di Natale.
La vita è dura per noi neri in America. Ci linciano perché siamo diversi. Non abbiamo diritto al voto. Chiese, teatri, treni, ristoranti, parchi e addirittura marciapiedi diversi. Siamo considerati inferiori anche alle bestie. La schiavitù è finita da cinquant’anni, ma continuiamo a vivere in case che rischiano di crollare da un momento all’altro. L’unica cosa che abbonda sono le malattie. La criminalità è padrona dei ghetti dove ci hanno segregato. Viviamo nel West End. Nomi diversi, per posti sempre uguali. A New York è San Juan Hill o Harlem, Seventh Ward a Philadelphia, South Side a Chicago. Ora però c’è una speranza. Jack Johnson affronterà Tommy Burns per il titolo, lo batterà e diventerà il primo nero campione del mondo dei pesi massimi. Ti invidio, perché tu potrai vederlo vincere per noi
Tuo cugino Timoty”.

 

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Tommy Burns è il nome con cui combatte Noah Brusso. È un franco-canadese di 27 anni, ha conquistato il titolo mondiale sconfiggendo Marvin Hart in 20 round.
Johnson insegue Burns sfidandolo in ogni occasione. Ma l’America non vuole un nero come campione dei massimi. In Tennessee, nel 1866, è nato il Ku Klux Klan. Un gruppo razzista che odia i neri fino a ucciderli. I suoi capi si chiamano Gran Dragone, Gran Titano, Gran Ciclope. Sono tutti alle dipendenze di uno Stregone Imperiale. Indossano tuniche e cappucci bianchi, erigono croci fiammeggianti sulle colline, si spostanto, con spedizioni notturne, per picchiare, linciare, assassinare i neri.
Il KKK si schiera decisamente contro il match. Minacciano ritorsioni contro chiunque si azzardi a organizzare la sfida.
Il campionato si fa in Australia. Anche lì le tensioni razziali sono forti, lo sterminio degli aborigeni della Tasmania da parte dei coloni inglesi e le leggi anti-immigrazione hanno creato un clima di conflittualità estrema. I giornali contribuiscono ad aumentare la tensione.
«L’Australia è per gli uomini bianchi», scrive il Bulletin.
Tommy Burns è perfetto per incarnare il ruolo del protagonista. Un piccolo bianco che deve lottare contro il gigante nero corrotto e malato di sesso.

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Jack Johnson si fa costruire un sacco di allenamento a forma d’uomo e vi dipinge sopra la faccia di Burns, sotto scrive pig, porco. Questo e altro gli ha insegnato anni prima Joe Choynski, un californiano che dopo averlo sconfitto, il 25 febbraio del 1901, per ko al terzo round è finito in prigione assieme a lui. Entrambi condannati per avere dato vita a un match tra pugili di razze diverse.
Per il mondiale con Jackson, Burns prende la più alta borsa della carriera: 30.000 dollari. Per il match d’esordio, otto anni prima, aveva guadagnato un dollaro e 25 centesimi. Intasca tanto, ma rimedia anche una dura lezione. Per rendere un’idea di come vada, basta leggere i titoli dei giornali il giorno dopo.
«Il massacro di Sydney», è il commeno più tenero.

Burns viene punito da Johnson, che dopo ogni colpo apre la bocca in un ampio sorriso, mostra i quattro denti d’oro e lo sbeffeggia.
«Ehi, Tommy. Pensavo fossi un combattente, un uomo che sapeva dare battaglia. Mi sono sbagliato. Vieni avanti, picchia. Fa’ qualcosa».
Jack tiene in piedi il rivale bianco, colpendo lui punisce un’intera razza. L’incubo per Burns finisce alla quattordicesima ripresa, quando interviene il sovrintendente di polizia Frank Mitchell e dichiara chiuso il combattimento.
È il 26 dicembre 1908, Jack Johnson è il nuovo campione mondiale dei pesi massimi.
Ed è nero.

(da “Dodici giganti. Pesi massimi, un secolo di storie” di Dario Torromeo, Edizioni Libri di Sport, 132 pagine)

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