Il presidente della Fpi, un articolo e il disastro azzurro

Il presidente federale scrive su Facebook (in fondo il testo integrale) una nota che penso sia una risposta al mio ultimo articolo (pubblicato in coda, dopo quello del presidente).
Purtroppo, come ormai è diventata una norma, non nomina né il servizio, né l’autore dell’articolo, né dove è stato pubblicato.
E allora, sentendomi tirato in causa rispondo a prescindere.
Chi ha mancato di rispetto non sono certo stato io, ma il responsabile della pubblicazione ripetuta più volte sul sito federale, con grande evidenza, delle sei medaglie di bronzo prese ai campionati europei Schoolboys e Schoolgirls di Sarajevo. Risultato esaltato senza indicare il contesto in cui è stato ottenuto.
Probabilmente il presidente è un sostenitore del placebo (una sostanza inerte o un trattamento medico senza alcuna proprietà terapeutica), usato nella speranza che abbia effetto.
Raccontare a delle ragazze che debbono esaltarsi per un bronzo conquistato senza combattere, questa sì è “mancanza di rispetto”.
È distorcere la realtà, per agevolare una narrazione affabulatoria e decisamente di parte. Non ce la faccio a condividere il modo di agire di chi spinge affinché al malato si racconti che è in ottima salute e gli si somministri acqua facendola passare per antibiotici.
La passione che ho per la boxe mi ha spesso consigliato di contare fino a dieci prima di esprimere un’opinione. Vedo che non è così per tutti. E, per favore, non insultate la mia intelligenza dicendo che le giuste critiche o le critiche costruttive sono accettate. Voi non volete proprio essere criticati. E poi, leggete con attenzione prima di sparare a pallettoni, che per fortuna sono a salve.
L’articolo è a sostegno dei giovani, il che non significa raccontare loro delle favole. È a sostegno perché riconosce il grande temperamento di tutti, una dote indispensabile per fare il pugile; perché suggerisce di tutelare la loro incolumità fisica; perché invoca prudenza nella gestione di ragazzi di 13/14 anni. Questo ho scritto, questo ho suggerito di fare.
Le dosi di ottimismo le lascio ai federali che da tempo immemorabile ci stanno inondando di chiacchiere. Ci hanno raccontato che tutto andava bene, ci hanno spiattellato centinaia di medaglie e medagliette per poi restare a zero in rapida successione in tre mondiali e due Olimpiadi.
I giovani vanno aiutati nel processo di crescita, non fatti vivere nell’illusione di qualcosa che non c’è.
Complimenti poi ai saltatori professionisti, quelli che con incredibili acrobazie, senza neppure curarsi di sapere di cosa si parli, si lanciano sul carro del presidente.
Non commento i deliranti post che ho letto, dico solo al capo allenatore Valeria Calabrese che non ho geniali soluzioni, che non ho mai avuto ambizioni dirigenziali di alcun tipo. E, mi creda, scrivere richiede lo stesso impegno di qualsiasi lavoro. A patto che il lavoro sia fatto bene, ovviamente.
Continuate pure così. Esaltatevi per la memorabile impresa di avere conquistato sei bronzi con quattro match (la risposta al miracolo è nel mio articolo in fondo), senza spendere neppure una parola sulle 22 sconfitte in 30 combattimenti. Le brutte notizie è meglio nasconderle sotto il tappeto.
Io resto dell’idea che ragazzi/e di carattere andrebbero accompagnati/e verso una crescita tecnico-tattica con meno rischi.
Voi non siete dello stesso avviso.
Ma io faccio il giornalista, voi siete dirigenti e tecnici. Siete voi i deputati all’opera di ricostruzione di un tessuto devastato, ridotto ai minimi termini, quasi azzerato. Finora ho avuto la fortuna di raccontare la verità, i risultati mi hanno dato ragione. A voi è andata decisamente peggio, sono i fatti a testimoniarlo. Perché, caro presidente, è difficile raccontare che lei non sia coinvolto nello sfacelo dei Mondiali e dell’ultima Olimpiade essendo stato il volto, la parola e il compagno di lavoro del primo della lista. Questo rimbalzo delle responsabilità l’ho già visto fare all’ex Vittorio Lai (giustamente nominato presidente onorario per meriti ottenuti sul campo) che ha scaricato tutte le colpe del mondo (gli ha risparmiato solo l’uccisione di John F. Kennedy e Martin Luther King) su Alberto Brasca. Poi ha preso lui il comando, con lei a fianco, e la tradizione italiana è tornata a brillare.
Il paziente è in uno stato di salute precario (ct. presidente FPI), solo voi potete curarlo. In bocca al lupo.
Mondiali e Olimpiade di Parigi 2024 sono dietro l’angolo.


Flavio D’Ambrosi (Facebook)
Volteggiare la scure della critica utilizzando anche i giovani atleti non è bello e ancor di meno sminuire pubblicamente i risultati da loro raggiunti.
A mio modesto parere, ciò equivale a mancanza di  rispetto non tanto alla Fpi ma al lavoro dei tecnici e delle società che quei ragazzi hanno individuato e stanno crescendo con passione e sacrifici.
Da sempre, il paziente che versa in stato di salute precario, lo si cura con i giusti interventi medici ma soprattutto con la somministrazione delle giuste dosi di ottimismo!
Il “ricordati che stai per morire” rischia di soppiantare ogni processo terapeutico in corso ed anzi accelera il decesso.
Per favore, se volete bene alla nobile arte italiana, divulgate un po di positività pur senza lesinare le giuste e legittime critiche.


Dario Torromeo (boxeringweb, blog dariotorromeo, Facebook)
Leggo sul sito federale le parole del presidente Flavio D’Ambrosi.
Non dobbiamo dimenticare che – a prescindere dalla medaglia olimpica di Irma Testa – il movimento pugilistico azzurro è ancora lontano da quella posizione di alto livello che meriterebbe in relazione alla sua gloriosa storia. 
Un passo avanti rispetto al recente passato.
Poi aggiunge.
Per le squadre azzurre di categoria sono stati scelti dei tecnici con spiccate attitudini all’insegnamento delle abilità tecnico tattiche di base, e con la capacità di lavorare in stretta sinergia con i tecnici delle società. In altre parole, in questa fase della carriera i giovani atleti dovranno apprendere i fondamentali del pugilato – quelli che la tradizione ci ha tramandato – e si dovrà, nei limiti del possibile, rendere omogeneo l’insegnamento e la preparazione tra società e Squadre azzurre. 
Altro passo avanti.
Convinto, presumo, di essersi sbilanciato troppo,frena. E ci ripropone per l’ennesima volta su fpi.it la favoletta incentrata sulle sei medaglie di bronzo conquistate dall’Italia agli Europei Schoolboys e Schoolgirls di Sarajevo.
Credo sia necessario chiarire il peso di quelle medaglie.
Due bronzi sono arrivati senza la necessità di salire sul ring.
L’esordio di due ragazze è avvenuto nella semifinale della loro categoria.
Gli altri quattro sono arrivati dopo un solo match.
Gli Europei hanno evidenziato lacune preoccupanti sul piano tecnico-tattico nella squadra azzurra. Tutti, e dico tutti (quattordici ragazzi tra i 13 e 14 anni, nove ragazze della stessa età), si sono battuti con grande coraggio, dimostrando di avere temperamento. Questo, in fase di scelte, avrebbe dovuto consigliare prudenza, così da non disperdere il valore assoluto della preziosa caratteristica.
E invece la decisione sul numero degli atleti partecipanti è stata la stessa degli ultimi anni.
La maggior parte degli atleti non aveva la caratura tecnico/tattica per affrontare un impegno che li avrebbe visti (come poi è stato) opposti a rivali russi e ucraini dotati di maggiori qualità su questo fronte.
Mi dispiace, ma non sono d’accordo con il capo allenatore Valeria Calabrese quando dice a gazzetta.it (articolo pubblicato ieri sul sito federale): “Per i pugili così piccoli, oltre la condizione fisica e la tecnico-tattica pugilistica, è necessario allenare anche l’aspetto psicologico perché hanno avuto meno occasione di vivere emozioni così forti data la loro giovane età”.
Ecco, quelle emozioni forti,gliele avrei evitate. Avrei invertito la scaletta degli impegni. Prima mi sarei preoccupato che i ragazzi/ragazze avessero le giuste qualità tecnicotattiche, poi li avrei portati a un campionato europeo, anche se di categoria.
Ho dato uno sguardo alle nazioni in competizione, delle 26 squadre che hanno partecipato solo due erano dell’Europa occidentale: Italia e Spagna. Non vi suona strano? Non vi chiedete perché Gran Bretagna, Irlanda, Francia, Belgio, Olanda e Germania siano rimaste a casa?
Portando sul ring ragazzi/e inesperti/e si rischia due volte.
La prima, la più importante, è che si facciano male.
La seconda è che possano perdersi come atleti.
La boxe non è uno sport per tutti, le partecipazioni, soprattutto quelle giovanili, vanno gestite con estrema prudenza.
In conclusione, credo che dagli Europei di Sarajevo l’Italia non sia uscita arricchita, ma con un consuntivo decisamente negativo. Ha portato 23 partecipanti, affrontando la manifestazione come una lotteria che ha prodotto
13 sconfitte e 6 vittorie tra i maschi,
9 sconfitte e 2 vittorie tra le donne.
Ventidue sconfitte in trenta match (73%) sono un risultato decisamente negativo. Altro che sei bronzi, altro che… bello il futuro del pugilato italiano.

Un pensiero su “Il presidente della Fpi, un articolo e il disastro azzurro

  1. fantastico Dario, questo “incantatore di serpenti” è ora che faccia vedere qualcosa di concreto… fatti no chiacchiere da bar.

    Ti ammiro, purtroppo sei l’unico che scrive la verità. Riporti i fatti, quello che tutti dovrebbero vedere. Tu vuoi bene al pugilato no quei “cialtroni fenomeni” dietro alla tastiera, non si rendono conto che fanno del male al pugilato. Ovvio partendo dalla testa……arrivi ai tanti, ormai troppi, pseudo “maestri” che esaltano se stessi, il pugile e l’ambiente per una “VITTORIA” ad un campionato regionale……, magari, spesso…ahimè… …., avvenuta senza avversario. Hanno portato la mentalità delle tante sigle dei sport di combattimento…..inventano titoli….vittorie…il nulla.

    Un grande abbraccio e NON MOLLARE.

    Gino Freo

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