Europei giovani, bilancio negativo. Altro che bel futuro

Leggo sul sito federale le parole del presidente Flavio D’Ambrosi.
Non dobbiamo dimenticare che – a prescindere dalla medaglia olimpica di Irma Testa – il movimento pugilistico azzurro è ancora lontano da quella posizione di alto livello che meriterebbe in relazione alla sua gloriosa storia. 
Un passo avanti rispetto al recente passato.
Poi aggiunge.
Per le squadre azzurre di categoria sono stati scelti dei tecnici con spiccate attitudini all’insegnamento delle abilità tecnico tattiche di base, e con la capacità di lavorare in stretta sinergia con i tecnici delle società. In altre parole, in questa fase della carriera i giovani atleti dovranno apprendere i fondamentali del pugilato – quelli che la tradizione ci ha tramandato – e si dovrà, nei limiti del possibile, rendere omogeneo l’insegnamento e la preparazione tra società e Squadre azzurre. 
Altro passo avanti.
Convinto, presumo, di essersi sbilanciato troppo,frena. E ci ripropone per l’ennesima volta su fpi.it la favoletta incentrata sulle sei medaglie di bronzo conquistate dall’Italia agli Europei Schoolboys e Schoolgirls di Sarajevo.
Credo sia necessario chiarire il peso di quelle medaglie.
Due bronzi sono arrivati senza la necessità di salire sul ring.
L’esordio di due ragazze è avvenuto nella semifinale della loro categoria.
Gli altri quattro sono arrivati dopo un solo match.
Gli Europei hanno evidenziato lacune preoccupanti sul piano tecnico-tattico nella squadra azzurra. Tutti, e dico tutti (quattordici ragazzi tra i 13 e 14 anni, nove ragazze della stessa età), si sono battuti con grande coraggio, dimostrando di avere temperamento. Questo, in fase di scelte, avrebbe dovuto consigliare prudenza, così da non disperdere il valore assoluto della preziosa caratteristica.
E invece la decisione sul numero degli atleti partecipanti è stata la stessa degli ultimi anni.
La maggior parte degli atleti non aveva la caratura tecnico/tattica per affrontare un impegno che li avrebbe visti (come poi è stato) opposti a rivali russi e ucraini dotati di maggiori qualità su questo fronte.
Mi dispiace, ma non sono d’accordo con il capo allenatore Valeria Calabrese quando dice a gazzetta.it (articolo pubblicato ieri sul sito federale): “Per i pugili così piccoli, oltre la condizione fisica e la tecnico-tattica pugilistica, è necessario allenare anche l’aspetto psicologico perché hanno avuto meno occasione di vivere emozioni così forti data la loro giovane età”.
Ecco, quelle emozioni forti,gliele avrei evitate. Avrei invertito la scaletta degli impegni. Prima mi sarei preoccupato che i ragazzi/ragazze avessero le giuste qualità tecnicotattiche, poi li avrei portati a un campionato europeo, anche se di categoria.
Ho dato uno sguardo alle nazioni in competizione, delle 26 squadre che hanno partecipato solo due erano dell’Europa occidentale: Italia e Spagna. Non vi suona strano? Non vi chiedete perché Gran Bretagna, Irlanda, Francia, Belgio, Olanda e Germania siano rimaste a casa?
Portando sul ring ragazzi/e inesperti/e si rischia due volte.
La prima, la più importante, è che si facciano male.
La seconda è che possano perdersi come atleti.
La boxe non è uno sport per tutti, le partecipazioni, soprattutto quelle giovanili, vanno gestite con estrema prudenza.
In conclusione, credo che dagli Europei di Sarajevo l’Italia non sia uscita arricchita, ma con un consuntivo decisamente negativo. Ha portato 23 partecipanti, affrontando la manifestazione come una lotteria che ha prodotto
13 sconfitte e 6 vittorie tra i maschi,
9 sconfitte e 2 vittorie tra le donne.
Ventidue sconfitte in trenta match (73%) sono un risultato decisamente negativo. Altro che sei bronzi, altro che… bello il futuro del pugilato italiano.

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