
Dedico queste righe a tutti quei personaggi che lo scrittore americano Kurt Vonnegut descrive alla perfezione nel sua aforisma.
Ci sono troppi esseri umani che non vogliono ridere, che non riescono a pensare; vogliono soltanto credere, arrabbiarsi, odiare.

Ho letto su Corriere della Sera, Repubblica, Stampa, Gazzetta dello Sport, le interviste rilasciate da Irma Testa (foto FPI/Bozzani) agli inviati italiani a Tokyo. Non ero lì, non posso giurare sulla veridicità di ogni singola parola, ma tutte le interviste riportano gli stessi concetti.
Quando raggiungi la semifinale, in automatico pensi alla finale: fino a ieri ero tesa, ero ancora nel torneo. Ora invece voglio godermi questo podio: a freddo potrebbe piacermi ancora di più.
Dopo il prime round la Petecio mi ha sorriso, era rilassata ed era come se mi dicesse “tranquilla, ti sistemo io”. Quando l’ho vista venirmi addosso mi sono detta: nooo! Ha cambiato stile, si è messa a picchiare da vicino, era molto forte, era la campionessa del mondo. Lei ha cambiato tattica, io non ho saputo fare altrettanto, avevo la testa fissa al primo round, non ho cambiato marcia.
Negli ultimi anni ho cercato di non lasciare nulla al caso. Non è bastato, ma credo di essere stata quasi perfetta.
Ero piccolina, in Brasile. Confidavo nella medaglia più di quanto abbia fatto in Giappone. Ero un’illusa: c’erano avversarie più esperte di me, quell’approccio mi ha fregato. Adesso sono più matura: non ho dato nulla per scontato ed eccomi qui, sul podio. A parte la filippina che mi ha negato la finale, sono superiore nel fisico a tutte le altre.
Parole che confermano la maturità di Irma Testa, capace di analizzare con eleganza e sportività la sua grande Olimpiade.
Esce dai Giochi davvero a testa alta Irma, talentuosa sul ring, saggia nelle dichiarazioni.
Altrettanto non può dirsi di qualche avventuriero dell’insulto. Mai vincente, soprattutto quando sfida la lingua italiana.
