Saranno i Giochi del silenzio. Gli sponsor sono in fuga…

Dopo la storia del poker di donne azzurre alla conquista dell’Olimpiade, oggi vi racconto una storia di soldi.
Il Giappone non vuole i Giochi, le compagnie non vogliono inimicarsi potenziali clienti. E così escono di scena.
Ha cominciato la Toyota, ci stanno pensando altre sessante aziende che sponsorizzano la manifestazione con tre miliardi di dollari…

Se vuoi capire cosa stia accadendo, segui il cammino dei soldi. È sempre stato così. I Giochi di Tokyo 2020 non fanno certo eccezione, anzi.
Il Comitato Olimpico Internazionale perderebbe almeno sette miliardi di dollari se dovessero saltare, ne svanirebbero 15,6 che rappresentano il costo degli impianti (6,7 da parte di privati, 1,5 dal CIO, il resto è denaro pubblico come ha documentato nei giorni scorsi il New York Times) e il Giappone dovrebbe occuparsi di un calo dell’1,4% del prodotto interno lordo.
Seguendo la via dei soldi, si scopre che l’organizzazione giapponese sta tremando.
La Toyota ha annunciato il blocco degli spot pubblicitari televisivi previsti per l’Olimpiade di casa. C’è il reale pericolo che l’esempio possa essere seguito da molti dei sessanta sponsor che hanno sottoscritto un contratto da tre miliardi di dollari con il Comitato locale.
I giapponesi non vogliono l’Olimpiade. E le aziende nazionali devono tenere in considerazione l’opinione dei potenziali clienti.
L’Asahi Shimbun (milioni di copie vendute ogni giorno) aveva chiesto tempo fa ai suoi lettori cosa pensassero dei Giochi. In meno di due settimane sono arrivate 400.000 firme di persone che volevano che l’Olimpiade fosse annullata.
Sempre l’Asahi Shimbun ha fatto un sondaggio in questi giorni, è risultato che il 68% dei votanti non pensa che l’organizzazione riuscirà a contenere i contagi, mentre il 78% resta comunque contrario alla manifestazione.
Davanti a questi numeri la Toyota (ha un contratto da un miliardo per otto anni con il CIO) si è arresa, niente spot e nessun rappresentante della casa presente alla cerimonia inaugurale.
Le altre industrie meditano sul da farsi.
In tutte le prefetture che ospitano le gare è stato prolungato lo stato di emergenza almeno sino al 22 agosto. Come si sa, non ci saranno spettatori. L’intero programma sarà a porte chiuse, dalla cerimonia di apertura di venerdì alla conclusione dei Giochi. Senza eccezione alcuna.
Ci sono zero rischi che gli atleti contagino il popolo giapponese, il Villaggio Olimpico è il posto più sicuro di Tokyo” ha detto Thomas Bach, presidente del CIO.
Poi sono arrivati i primi cinque atleti positivi: un giocatore di volley, due calciatori, un ginnasta, una tennista. Successivamente i casi riconducibili all’Olimpiade sono saliti a quindici.
E ieri un giornalista italiano appena atterrato a Tokyo non ha passato l’esame salivare. Positivo al Covid. Dall’aereo è stato direttamente accompagnato in un albergo per la quarantena prevista. Le gare le vedrà dal televisore della sua camera.
Il possibile annullamento dei Giochi non avrebbe solo fatto perdere una montagna di soldi al CIO e agli organizzatori, ma avrebbe messo in serie difficoltà lo sport mondiale.
È vero che la NBC ha pagato a peso d’oro i diritti televisivi (4,38 miliardi di dollari per quattro edizioni dei Giochi: due estive e due mondiali), ma è anche vero che ha incassato solo per Tokyo 2020 la considerevole cifra di 1,250 miliardi in pubblicità.
“Sono Giochi tenuti in piedi per i telespettatori americani” ha scritto il Washington Post.
Senza i soldi della televisione (il 73% degli introiti) il CIO si sarebbe visto costretto a diminuire e in alcuni casi ad annullare i contributi alle Federazioni Internazionali mondiali, con la conseguenza di bloccare l’intero movimento sportivo. E in seconda battuta avrebbe annullato i finanziamenti ai Comitati Olimpici Nazionali (circa 260 milioni di dollari). E molti CN vivono solo di questo.
Al momento sono otto le Federazioni che potrebbero garantire sulla loro sopravvivenza: atletica leggera, nuoto, calcio, pallavolo, basket, ginnastica, tennis e calcio. Le andrebbero incontro a tempi duri.
È in questa insolita e assurda cornice che si colloca l’Olimpiade giapponese. Si corre, si salta, si gioca in uno stadio muto, lungo strade deserte, in palazzetti vuoti. Non c’è pubblico, non c’è amore. Resta solo il sacrificio degli atleti, esaltati da una passione infinita. Alla fine neppure un applauso a celebrare il trionfo. Solo silenzio.

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