Se non tiri in porta non segni, se non segni non vinci…

Due parole su Italia-Spagna.
Ho letto e ascoltato l’identico messaggio ripetuto mille volte.
Ci è andata bene, siamo stati fortunati, la Spagna ha giocato meglio.
Ho sempre pensato che nel calcio il successo vada a chi fa più gol.
E l’Italia ne ha fatti più della Spagna tra tempi regolamentari, supplementari e calci di rigori.
E la fortuna non è mai intervenuta in favore dell’una o dell’altra squadra.
La Spagna ha dominato.
È vero, nel possesso palla ha dominato. Ha tenuto il pallino in mano 63 minuti su 90 nei due tempi regolamentari, poi la percentuale si è decisamente abbassata.
Nonostante questo, nell’intero arco della partita ha avuto tre occasioni da gol.
25’ primo tempo, tiro di Olmo dal dischetto e parata di Donnaruma.
Nella ripresa occasione divorata (colpo di testa sbagliato) da Oyarzabal.
35’ della ripresa gol di Morata.
Stop.
L’Italia ha preso la traversa con Jorginho al 45’.
Ha segnato con Chiesa al 15’ della ripresa.
Ha avuto nei piedi di Berardi la palla della sicurezza, tiro goffamente ma efficacemente parato da Simon.
Questi i fatti.
Se non tiri nello specchio della porta non puoi fare gol, se non fai gol non puoi vincere. Anche se hai la pala nei piedi per i l 70% del tempo.
E arriviamo ai rigori.
Una grande squadra si vede anche in questi particolari.
Sono momenti in cui: bisogna ancora avere lucidità e precisione anche se stravolti dalla fatica, i muscoli doloranti, gli occhi appannati. Bisogna avere coraggio e fiducia, in undici metri il bicchiere mezzo vuoto può riempirsi. Bisogna avere tecnica, quella serve sempre in un calcio che non viva di soli contrasti e raddoppi. Bisogna mettersi nei panni dell’altro e capire cosa ha in mente, oppure ignorarlo del tutto. Non esiste una via di mezzo.
Infine, bisognerebbe smettere di chiamare lotteria dei rigori uno spazio di bellezza crudele, di altalene emotive, uno spazio imprevedibile e brado in un calcio sempre più d’allevamento. Lo dico a nome mio, di Franco Esposito e, se permettete, in nome di quel calcio che abbiamo amato.
Così scrive Gianni Mura nella prefazione del libro E continuano a chiamarli lotteria di Franco Esposito.
Non posso che accodarmi.

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