Sinner ha sbagliato. Nei tempi, nei modi e nella sostanza…

Jannik Sinner decide di non partecipare ai Giochi e quasi tutti scelgono la strada della critica morbida. Mi è sembrato di vedere in giro un po’ di difficoltà nel dire quello che realmente si pensa. C’è la paura che domani, davanti ai (si spera) successi importanti del giovane si possa subire una ritorsione. Sul piano degli errori di valutazione e su quello dei rapporti. Ho sempre detto che Sinner deve avere la libertà di crescere senza sentirsi oppresso dall’opinione pubblica. È un giocatore di talento e ha il diritto di perdere senza essere crocifisso. La stampa italiana, quella che si occupa di tennis, è da troppo tempo alla ricerca di un vincente che riaccenda gli entusiasmi di Adriano Panatta, Nicola Pietrangeli, gli azzurri della Davis. Ha fretta di celebrare.
Francesca Schiavone e Flavia Pennetta hanno vinto uno Slam, cosa che ai maschietti non riesce dal 1976. Ma lo sport in Italia è maschilista e un trionfo portato a casa da una donna nei tornei più importanti del mondo non ha lo stesso impatto promozionale di quello di un uomo che si impone nello stesso torneo.
E allora ci si aggrappa a quello che potrebbe essere.
Ogni sconfitta aiuta a crescere. È vero, basta non abusarne.
La rinuncia all’Olimpiade da parte di un ragazzo di 19 anni è una sconfitta per lui e per chi lo ha consigliato, Riccardo Piatti I presume.
“Sono sempre più infastidito da questi giovani giocatori che si ritirano dalle Olimpiadi, onestamente, e mi chiedo chi è che li consigli. Chissà se avranno mai di nuovo questa possibilità. Per molti di loro mi sembra quasi garantito un rimpianto tardivo” ha detto Ben Tothenberg, firma del New York Times e di Racquet, come ci ricorda Lo Slalom.
Il tennis è uno sport tra i più lontani allo spirito olimpico. Ma vedere con quanta passione tanti campioni tengano ancora alla partecipazione ai Giochi mi fa pensare che per due settimane all’anno ci si possa snaturare e tornare bambini, o diciannovenni, senza sovrastrutture economiche o professionali.
Non molto tempo fa mi sono lamentato della scarsa attenzione riservata dai media a Matteo Berrettini rispetto a quella che avevano per Musetti&Sinner. I due ragazzi sono bravi, forti, talentuosi e potenzialmente in  grado di prendersi il mondo in un prossimo futuro.
Ma lo sport è fatto anche di presente. E Berrettini lo era e lo è. Con il suo quarto di finale al Roland Garros, il numero 9 del mondo e oggi con gli ottavi a Wimbledon. Lui e Lorenzo Sonego, amici disincantati e divertiti impegnati a giocarsi i loro sogni sull’erba londinese.
Fa più figo parlare di quello che potrebbe essere, di quello che sarà, dipingere un domani in cui il Grand Slam diventerà italiano. Nell’attesa mi guardo Berrettini&Sonego a Wimbledon, senza lasciarmi travolgere dalla malinconia di un diciannovenne che rifiuta l’Olimpiade. E lo fa con i tempi sbagliati, rischiando di impedire, con un annuncio a ridosso della chiusura delle iscrizioni, che un altro giovane di buona volontà potesse prendere il suo posto. Libero, ovviamente, lui di fare questa scelta, come mi sento libero io di dire che è sbagliata.
Ho sentito qualche collega arrivare a ridimensionare Tokyo 2020 piuttosto che ammettere a chiare lettere: Sinner ha sbagliato.
Auguro al giovane tennista di vincere uno Slam, di vincerne tanti, di diventare il numero 1 del mondo. Gli esperti dicono che può arrivare in alto come mai nessuno italiano è riuscito a fare.
Ma questo accadrà domani.
Oggi resta l’errore di una scelta, nella sostanza, nei modi e nei tempi di comunicazione. 
Matteo Berrettini, Lorenzo Sonego. Wimbledon vi aspetta. Sarà dura, durissima, ma continuate a farci sognare.
E grazie, già da oggi.

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