
Rebecca Nicoli ha 21 anni e un cuore da guerriera.
Ci sono quelle giornate in cui devi mettere da parte la ricerca della perfezione, l’esasperazione del bel gesto tecnico, Sali sul ring e sai che come unica compagna di avventura avrai la tigre che si nasconde dentro di te. Rebecca non ha dimenticato di scavare in fondo all’anima per tirare fuori ogni goccia di coraggio.
La rivale cercava lo scontro fisico, una guerra fatta di piccoli sotterfugi e grandi trattenute. L’avversaria, Nikoleta Pita. L’avevo definita la regina delle sorprese. La vittoria nella prima fase delle qualificazioni a Londra contro Delfine Persoon, mi aveva fatto pensare meritasse quel soprannome. Dopo averla rivista all’opera, mi sono convinto che il nickname che le si addice di più è un altro. La piovra.
Mille scorrettezze per tenere a freno la migliore tecnica dell’azzurra. Un’esagerazione di trattenute che le sono valse la prima ripresa a stretta maggioranza (due giudici per Rebecca, tre per la greca). Poi non c’è stata più storia. La più brava, la migliore delle due ha staccato il pass per Tokyo.
I pugni delle donne hanno la forza della determinazione.
In quattro voleranno in Giappone, il poker è stato calato e ha fatto rumore.
Non c’era nessuna italiana a Londra 2012 quando il pugilato femminile ha esordito in maniera dirompente nell’agone olimpico. Claressa Shields, Nicole Adams e Katie Taylor hanno scritto la storia. La nostra, di storia, è quella raccontata da Irma Testa a Rio de Janeiro. Prima e (finora) unica italiana a salire su un ring ai Giochi. Era troppo giovane, troppo inesperta, troppo affaticata, troppo convinta che fosse più semplice di quanto pensasse. A fine luglio la campionessa di Torre Annunziata tornerà in un’Olimpiade, stavolta per boxare da protagonista. Non più una speranza, una promessa. Ma la certezza che laggiù saprà farsi valere.
Accanto a lei ci sarà Angela Carini, altra capitana coraggiosa, altra solida pedina in maglia azzurra. E poi due ragazze esuberanti che non hanno paura di nulla. Giordana Sorrentino e Rebecca Nicoli.
Sono loro che mostrano i pugni delle donne. Rappresentano, mi sia concesso, un pugilato antico, legato alla tradizione. Una boxe classica ed efficace che, non so quanto volontariamente, si ispira a quella di Simona Galassi. Una fuoriclasse assoluta, una pioniera del pugilato femminile, una campionessa mondiale da professionista e da dilettante. Peccato che ai suoi tempi l’Olimpiade del ring fosse ancora una competizione only for men. Solo per uomini.
Rebecca è stata l’ultima a unirsi al gruppo. Lo ha fatto mettendo sul piatto dello spareggio una forza d’animo e di fisico che potrebbe essere presa da esempio. Una voglia di arrivare, non sporcata dalla mancanza di lucidità provocata dall’importanza del premio in palio.
I pugni delle donne hanno calato il poker.
A Tokyo 2020 sapremo chi andrà a vedere il punto.
E alla fine saremo pronti ad applaudire la vincitrice.
Spareggio donne, leggeri (60 kg) Nicoli (Italia) b Pita (Grecia) 5-0.