
Sono emersi inquietanti retroscena dopo la morte del giovane pugile giordano Rashed Al Swaisat, che ha perso la vita martedì 27 aprile. Al Swaisat, che era nato il 18 maggio del 2002, è stato messo ko nel terzo round dell’incontro valido per i sedicesimi di finale dei Mondiali Youth, contro l’estone Anton Winogradov. Dopo avere subito la boxe del rivale nelle due riprese iniziali, ha preso l’ennesimo colpo ed è finito al tappeto. Ha perso conoscenza ed è andato giù. Soccorso da due medici, trasportato d’urgenza in ospedale è stato operato per un ematoma al cervello la notte del 16 aprile.
Ora sembra che la causa di quell’incidente non sia totalmente da attribuire ai colpi subiti nel combattimento contro l’estone.
“L’infortunio probabilmente non è stato solo il risultato dei pugni di Winogradov. C’è in ballo un vecchio trauma” Lo ha detto a Radio Kielce il presidente dell’Associazione polacca di pugilato Grzegorz Nowaczek. E il quotidiano online polacco Fakt lo ha prontamente riportato.

Anche su questo l’Ufficio di Polizia del Dipartimento di Kielce East sta indagando. Ha sequestrato documenti, interrogato testimoni e ascoltato persone vicine al pugile.
Rashed, che avrebbe compiuto 19 anni tra meno di un mese, aveva cominciato a boxare quando ne aveva 13. Mancino, si era fatto subito notare. A 15 aveva esordito in nazionale arrivando ai quarti di finale nei campionati Asiatici Junior. A 17 era arrivato ancora una volta nei quarti. Era il 2019 e militava ancora nei welter, combatteva cioè a 69 chili. In Polonia ha invece sostenuto l’incontro da mediomassimo, a 81 kg.

“Non è chiaro se il suo infortunio sia stato riportato durante il combattimento o sia invece la conseguenza dell’aggravamento di una condizione già esistente” scrive il Daily Mirror, a conferma delle voci che arrivano dalla Polonia.
Il mistero avvolge la tragedia e getta luci ancora più inquietanti sulla vicenda.