
Nonno, chi è Alessandro Mazzinghi?
“Oh piccolino, e tu che ne sai di Mazzinghi?”
Niente, per questo te lo chiedo.
“Dove hai letto quel nome?”
Lì in alto, sulla targa. C’è scritto Piazza Alessandro Mazzinghi.
“Sediamoci al bar, ti prendo un bel cappuccino e una pastarella. E ti racconto una storia”.
Dai, nonno.
“Sandro Mazzinghi era un guerriero”.
Con l’armatura e i superpoteri?
“Niente armatura, niente superpoteri. Lui era un guerriero nel cuore. Non aveva paura di nulla. Affrontava i nemici e li sconfiggeva tutti. O quasi”.
Ma anche lui, come noi, era nato qui?
“Certo Aldino. Era nato a Bella di Mai, un quartiere che le bombe avevano devastato nella seconda guerra mondiale”.
E lui si era fatto male?
“No, per fortuna. Era stato protetto da mamma Ernesta e da suo fratello Guido. Ma tutto attorno era un disastro”.
Non avevano neppure da mangiare?
“Ne avevano poco, davvero poco. Pensa che sognavano il pane”.
Anche io lo sogno.
“Come? Tu sogni il pane?”
Sì, quello con la Nutella sopra. Ne mangio tutta la notte e la mattina quando la mamma mi porta la colazione ne mangio ancora. Solo che quello della mamma è più buono.
“Lui aveva tanti sogni nella testa, pensa che voleva diventare un ciclista”.
Anche io. Papà mi ha comprato una bicicletta, mi ha insegnato ad andarci. Ho sei anni, sono grande io.
“Anche Sandro era grande a sei anni”.
Ma l’ha poi fatto il ciclista?
“No, lui è diventato un pugile”.
Un pugile bravo?
“Bravissimo. Lo chiamavano il Ciclone di Pontedera”.
Forte! Nonno, adesso che ci penso, tu ti chiami come lui. Sandro.
“E sì. Il mio papà amava la boxe e io sono nato il 26 maggio del 1968”.
E allora? Che vuol dire?
“Il 26 maggio 1968 Sandro Mazzinghi è diventato campione del mondo per la seconda volta. Pensa che papà ha rischiato di non vedermi nascere. Per fortuna ho aspettato la fine del combattimento per venire al mondo. L’ostetrica era in casa e stava accanto alla mamma, papà l’avevano mandato via dalla stanza. Lui era davanti alla tv a vedere Sandro combattere. Quando mi ha registrato all’anagrafe, non è stato tanto a vedere l’ora. Ha deciso che il suo figliolo si sarebbe chiamato Sandro. Nato in quella notte magica, non potevo avere altro nome”.
Ma era forte, quello che Sandro ha battuto?
“Fortissimo. Veniva da lontano, aveva uno strano nome: Ki Soo Kim”.
Kisochi?
“No, lascia perdere. Io ci ho messo una vita per dirlo bene. Tu hai tutto il tempo di impararlo. Veniva da molto lontano, dalla Corea. Era fortissimo, non si arrendeva mai. Anche lui era un guerriero senza paura”.
E Sandro ha vinto?
“Sì”.
Doveva proprio essere fortissimo. Viveva qui?
“Viveva vicino, a Cascine di Buti. Ma solo da quando era diventato grande e famoso. A Pontedera voleva un gran bene. Era famoso. Pensa che quando ha vinto il primo titolo mondiale contro Ralph Dupas a Milano c’erano quarantamila persone a vederlo”.
Quarantamila? Quante sono?
“Tante. Pensa che sono più di tutti gli abitanti di Pontedera”.
Mamma mia. E…
“Dimmi Aldino”.
Nonno, a te piace la boxe?
“Mi piace leggere le storie dei vecchi campioni, mi piaceva vederli alla tv, mi piaceva andare con il papà qualche volta al Palasport. Ecco il pugilato mi fa ricordare il babbo”.
Nonno ma che fai, adesso piangi?
“No Aldino, mi è andato un moscerino nell’occhio”.
Meno male.
“Domani ti regalo un libro, racconta la vita di Sandro Mazzinghi. Mettilo da parte, tra qualche anno quando lo leggerai ti piacerà”.
Nonno, se me lo regali io lo leggo subito. Sono grande io e questo Mazzinghi mi sta proprio simpatico.
“Adesso andiamo, si è fatto tardi. La mamma si starà preoccupando”.
Va bene, grazie.
“Di cosa Aldino?”
Di avermi raccontato questa bella storia. Ora la racconterò alla mamma, piacerà anche a lei. Tutti dovrebbero conoscere la storia di Piazza Alessandro Mazzinghi.
“Aldino, lui si chiamava solo Alessandro Mazzinghi. Senza Piazza davanti”.
Ma a me così piace di più.
“Beh, se a te piace di più, allora…”
Il Consiglio Comunale di Pontedera ha deciso di rendere omaggio al campione intitolandogli la piazza centrale (già Curtatone e Montanara). Piazza Alessandro Mazzinghi è il modo migliore per ricordare un cittadino che ha dato prestigio alla città. Due volte campione del mondo, cinque volte vincitore nei match per il titolo europeo. La moglie Marisa, i figli David e Simone ne sono orgogliosi.
Vivere nel ricordo è il modo più compiuto di vita; il ricordo sazia più di tutta la realtà, e ha una certezza che nessuna realtà possiede. Un fatto della vita che sia ricordato, è già entrato nell’eternità, e non ha più alcun interesse temporale. (Søren Kierkegaard)