Tokyo, 11 febbraio 1990
Un sogno lungo quaranta minuti. Poi il risveglio e la scoperta che tutto sta per trasformarsi in un incubo.
James Buster Douglas (28-4-1) sale sul ring del Tokyo Dome per battersi contro Mike Tyson (37-0, 33 ko). Sul contratto c’è scritto 1,3 milioni di dollari per il massimo di Columbus. Per lui è la più grande borsa di sempre.
Nessuno accetta scommesse sull’incontro. Nessuno tranne il Mirage Hotel di Las Vegas. Il capo dei bookmaker Jimmy Vaccaro quota lo sfidante 42/1. Ogni dollaro puntato su di lui ne frutterebbe 42 se Tyson perdesse. Un risultato impensabile.
Ne sono tutti convinti, Iron Mike compreso.
Ha avuto un’infezione intestinale da virus, è debilitato, ma è ugualmente sul ring. Non è l’unico errore. All’angolo ha Jay Bright e Aaron Snowell. Due vecchi amici. “Due ragazzi che non potrebbero insegnare neppure come si nuota a un pesce” dice Teddy Atlas. Ha ragione.
Buster Douglas è lì, con il cuore che ancora piange per la morte della mamma. Lula Pearl, appena 47 anni, uccisa da un infarto ventitrè giorni prima. Come se non bastasse, James ha anche litigato con il papà che non l’ha raggiunto a Tokyo come aveva promesso. Non c’è neppure Bertha, la moglie da cui si è separato da pochi mesi.
“Nessun uomo al mondo è solo come è solo un pugile sul ring” dice George Foreman. Mai come stavolta ha ragione.
A poco meno di trent’anni Douglas compie il miracolo.
“Quello che è stato capace di fare rende Cenerentola una storia con un triste finale” dice il commentatore della tv americana.
Regge l’urto di Tyson, lo tiene a distanza con il jab, lo martella di colpi. A pochi secondi dalla chiusura dell’ottavo round, un devastante montante destro di Iron Mike lo manda al tappeto. L’arbitro Octavio Meyran Sanchez va in confusione, inizia tardi il conteggio e chiude a 9 quando in realtà sono già trascorsi almeno 12 secondi. Il gong aiuta Buster.
Ma è dopo 1:23 della decima ripresa che l’impossibile diventa realtà.
Douglas spara cinque jab sinistri in successione, poi colpisce Tyson con un potente montante destro, a cui seguono gancio sinistro, gancio destro parzialmente a segno, definitivo gancio sinistro. Iron Mike va giù, in croce. Lentamente prova a tirarsi su, si mette carponi, cerca il paradenti, si rialza, barcolla.
È out.
James Buster Douglas è il nuovo campione del mondo dei pesi massimi.
La più grande sorpresa di sempre per la boxe, una delle più grandi per l’intero sport.
Qui finisce il sogno.
Nello spogliatoio il nuovo campione viene informato che Don King ha appena fatto un esposto per la ripetizione del match, vuole bloccare il passaggio di consegne, chiede che venga riconosciuto l’errore dell’arbitro al momento del conteggio di Douglas.
L’International Boxing Federation respinge la protesta. Il World Boxing Council e la World Boxing Association sul momento non convalidano il risultato. Lo faranno in seguito davanti alle minacce di molte federazioni, quella inglese in testa.
Ma non finisce qui. Buster scopre che del milione e trecentomila dollari di borsa, solo 15.000 finiranno sul suo conto. Il resto servirà a pagare tasse, manager, allenatore, sparring, spese di preparazione, promozione e viaggi.
Il Sognatore Deluso si lascia andare e sfoga nel cibo la depressione. È un omone alto 1.92, ma anche per uno come lui 190 chili sono troppi! Va in coma diabetico, per tre giorni non dà segni di vita. Si riprende lentamente. Si mette a dieta, perde novanta chili e sei anni dopo il ko torna sul ring.
Il fratello Robert L. viene ucciso da un colpo di pistola durante un conflitto a fuoco con due sconosciuti. Un cancro al colon uccide il padre Billy, buon peso medio degli anni Sessanta.
Douglas si ritira il 19 febbraio del 1999, nove anni dopo il capolavoro.
Lentamente e con grande fatica torna alla normalità.
Si sposa, ha quattro figli. Scrive un libro per raccontare come sia riuscito a tenere sotto controllo il diabete. Torna in palestra, diventa allenatore. Fa il maestro anche a due dei suoi quattro figli. Gli piace, si sente a suo agio.
Oggi Buster fa beneficienza, è coinvolto in iniziative benefiche. E lavora sempre come maestro di boxe.
Il 7 aprile scorso ha festeggiato i suoi primi 60 anni. Ha rivisto Tyson solo nel 2011, si sono scambiati poche parole e poi ognuno ha ripreso la sua strada.
Trent’anni fa James Buster Douglas ha vissuto il sogno di una vita. Poi è precipitato nell’incubo più nero. È riuscito a rialzare la testa, ha ripreso a lottare e ce l’ha fatta. Ma tra i ricordi più cari ci sarà per sempre, ne sono certo, quell’immagine di Mike Tyson che cerca disperatamente di agguantare il paradenti. Sconfitto, umiliato, distrutto nel fisico e nella mente.
Sports Illustrated ne ha fatto una copertina. Douglas ne ha fatto l’orgoglio di una vita.
La gioia più grande
è quella che non era attesa.
(Sofocle)