Senza memoria non si costruisce il futuro. In questi giorni mi sembra sia un concetto da urlare, non c’è domani senza il rispetto del passato. Lo sport è fermo, la boxe non fa eccezione. E allora sono andato a cercare in questo blog delle parole che propongano una storia. Un intreccio tra ieri, oggi e domani. Interviste con personaggi che si sono saputi raccontare. Sono dieci, ve le ripropongo ferme nel tempo, domande e risposte senza (quasi) alcun ritocco. Buona lettura.
7. continua
(1. Leonard Bundu, 6 aprile; 2. Luca Rigoldi, 7 aprile;
3. Mario Romersi, 8 aprile; 4. Patrizio Oliva, 9 aprile,
5. Massimiliano Duran, 10 aprile; 6. Alessio Lorusso, 11 aprile)
Emiliano Marsili, nato a Civitavecchia, tre sorelle e un fratello. Il papà da giovane aveva fatto un po’ di pugilato (“Ma solo per divertimento”), la mamma non voleva che lui salisse sul ring (“Ho firmato di nascosto e sono andato avanti”). Poi, si è arresa. Sposato con Stefania Morra, ha una figlia: “Emanuela è la mia prima tifosa, mi segue sempre”.
5 ottobre 2014
Emiliano Marsili, quanti anni avevi quando hai deciso che il pugilato sarebbe stato lo sport della tua vita?
“Ne avevo quindici. Sono entrato nella palestra del maestro Peppe Perris, e stato lui a farmi innamorare della boxe. Un grande”
Sei passato professionista a 27 anni, come mai così tardi?
“E’ vero sono stato dilettante per una vita (60 match, 45 vittorie, ndr). C’è stato addirittura un periodo in cui avevo pensato di chiuderla lì, di smettere. Poi ho deciso di andare avanti e ho trovato nel maestro Mario Massai un ottimo motivo per continuare.”
Cosa vuole dire, oggi, fare il professionista in Italia?
“Significa essere un pazzo scatenato, uno che ha sbagliato tutto. Uno che si è andato a incastrare in uno sport che richiede enormi sacrifici e ti ripaga con pochi euro. E pretende che tu sia un atleta vero, uno sempre in forma, schiavo della dieta più terribile. Intanto che fai tutto questo, devi anche cercare i soldi per andare avanti.”
Pochi soldi, anche per i match titolati?
“Se vuoi vivere di soddisfazioni, qui hai trovato il tuo paese ideale. Ma se con la boxe vuoi campare, devi andare da qualche altra parte.”
Quale è la ragione principale di tutto questo?
“Le televisioni hanno oscurato il pugilato italiano. Riservano i loro investimenti ad altri sport. Per un titolo nazionale prendi da 1.500 a 3.500 euro. E questa è la paga per due mesi di lavoro.”
Che fai in questi due mesi di allenamento?
“Ti racconto una giornata tipo. Sveglia alle 6. Alle 6.45 sono in preparazione a Ladispoli. Alle 10.30 torno a casa, faccio uno spuntino e poi vado a prendere mia figlia a scuola. Pranzo, alle 14.30 sono in palestra da Massai. Alle 17 esco per tornare a casa.”
E finalmente ti riposi.
“No, mi cambio e vado a lavorare. Sono al porto di Civitavecchia dalle 17.30 alle 23. Solo a mezzanotte riesco ad andare a dormire. E in tutto questo mettici che durante la preparazione sono nervoso, maledico ogni volta il dietologo, me la prendo con chiunque mi stia vicino. Queste cose le capisce solo chi le fa.”
Per te, la dieta è così pesante?
“Ogni volta parto piò o meno da nove chili di troppo. È dura e diventa più dura ogni anno che passa.”
Quale è il più bel ricordo che hai della vittoria di Liverpool contro Derry Matthews?
“Ero entrato tra fischi e sputacchi, sono uscito tra gli applausi.”
La conquista dell’europeo contro Luca Giacon è stato un momento molto importante per te?
“Del titolo non mi interessava più di tanto. Sia chiaro, mi ha fatto piacere vincerlo. Ma non era la cosa a cui tenevo di più. La cosa più bella è stata la soddisfazione di essermi preso una rivincita contro tutti.”
E’ stato il più bel match della tua carriera?
“No. Il più bello è stato quello di Liverpool (in palio il titolo Ibo dei leggeri, ndr). Sono andato giù, ho rischiato di perdere, ho subìto, mi sono rialzato e ho vinto. Mathews mi ha fatto soffrire, mi ha procurato dolore con i suoi colpi. E io sono riuscito a batterlo. Sono queste le sfide che mi entusiasmano, quando c’è battaglia, quando riesco a venire fuori dalle situazioni più difficili.”
E adesso che vorresti?
“Una sfida per un mondiale vero. Magari quello del Wbc.”
Fino a quando resterai sul ring?
“Fino a quando ne avrò la forza.”
Ti piace la boxe?
“Tanto.”
Che diresti a un ragazzo che ti confidasse di volere tentare la carriera di pugile?
“Cambia strada, prova con il calcio…”