HALL OF FAME ITALIA 6. fine
Le storie dei sei personaggi che,
il 26 ottobre a Castrocaro Terme,
entreranno a far parte della Hall of Fame Italia.
La protagonista di oggi è Simona Galassi.
Maria Moroni la prima. Ma sono stati la classe e i mondiali della Galassi a fare innamorare di uno sport che sembrava fosse riservato agli uomini…
di Franco Esposito
“Il quesito è questo”, chiede e si chiede Dario Torromeo, nell’articolo sotto il titolo di spalla, prima pagina del Corriere dello Sport-Stadio. Franco Ligas lo fa suo, al microfono di Italia 1, in telecronaca diretta da Forlì. Ventinove marzo 2008, sul ring a breve Simona Galassi, la regina di Romagna, campionessa in carica, e Stefania Bianchini, sfidante, in palio il titolo mondiale WBC pesi mosca. Grande amico della boxe, la competenza e il mestiere affinati alla scuola del grande Rino Tommasi, Ligas ripropone fedelmente la parte inziale dell’articolo di Torromeo, lui tranquillo confesso prigioniero del dubbio. “Giusto domandarsi: questa sera celebreremo la fine del pugilato in Italia o l’inizio di nuova epoca?”.
Il dubbio tormenta l’inviato dell’allora togato quotidiano edito a Roma. Un esperto di boxe, preparato e competente, informato e aggiornato, Dario Torromeo, titolare di numerosissime frequentazioni intorno ai ring del mondo. Ne ha viste di tutte e le ha raccontate con infinita classe. Il pugilato delle donne non lo convince, è scettico. Il dubbio è condiviso da noi viaggiatori di boxe, come lui, fortemente legati agli aspetti classici, canonici, del pugilato inteso come esercizio complesso, tosto, durissimo, interpretabile in esclusiva dagli uomini.
Compagni delle perplessità, abbiamo a lungo guardato il pugilato delle donne con occhi gonfi di dubbi. In Italia, all’alba del Duemila, è sport giovane, verde, a lungo compagno dell’illegalità. Proibito, vietato.
Divenuto legale a ottobre del 1999, auspice il match vittorioso, una lunga aspra battaglia, condotta e portata a compimento da Katia Belillo, ministro delle Pari Opportunità, con l’essenziale determinante contributo di Umberto Veronesi. L’illustre oncologo allora ministro della Sanità. Modificata la legge che escludeva le donne dalla pratica pugilistica.
Maria Moroni la prima tesserata e la prima titolata, campionessa europea nel 2002, e con lei la cancellazione di anni in cui le donne sul ring hanno consumato esibizioni alla macchia. Incontri abusivi, non riconosciuti, in manifestazioni talvolta interrotte dall’intervento di carabinieri e polizia. Mai tesserata, snobbata, perfino insultata, la pioniera. Assunta Agliata, campana, la prima a chiedere l’affiliazione come pugile in Italia. Grida e invocazioni non raccolte, non si può, la legge non prevede che le donne possano affrontarsi in un incontro di pugilato. “Un divieto assurdo e ingiusto”, fa notare con fermezza Maria Moroni, boxeur e avvocato, futura consigliere federale Fpi.
Appena appena amletico, il punto di domanda di Torromeo discende da considerazioni personali, figlie a loro volta di positività ancora latenti, ma in costante crescita. In attesa che Simona e Stefania se le diano nella loro sfida, montano i dubbi dell’articolista legato al pugilato da un amore enorme. Dario è davanti a un bivio, mentre lievita in lui, cresce fino ad acquisire chiara forza, l’idea che il pugilato al femminile debba essere accettato da noi scettici e miscredenti. In forza di una prepotente evidenza: Simona Galassi l’ha sdoganato.
Proprio lei, romagnola, casa e affetti dalle parti di Bertinoro. La magnifica artefice, missionaria e predicatrice in grado, prima in Italia, di dotare il pugilato femminile di un’immagina nuova, diversa. Molto affine con quella dei maschi, a questo punto non più gli esclusivisti dello sport pugilistico.
Simona, sul ring, è un invito/obbligo per gli uomini a stropicciarsi gli occhi. Come usa dire, boxa col libro in mano. Un lavoro da manuale. Noi tutti piacevolmente costretti ad ammettere: brava davvero, due volte brava, con lei siano benvenute le donne pugili, giusto trattarle alla pari, parlarne con rispetto. Mai più sorrisini di scherno e sfottò; mai più greve ironia, mortificante superficialità, giudizi tipo “non vanno prese in considerazione, il loro non è pugilato, praticano un altro sport”.
Il marchio, Simona Galassi, la firma sul riscatto delle donne pugili. Anzi di più, l’autografo indelebile in calce alla marcia trionfale della boxe rosa in Italia. L’inversione di tendenza oggi piena di convinti consensi ad accompagnarne la conquista di spazi larghi, giorno dopo giorno. Purtroppo compressi qua e là dalla povertà generale del pugilato professionistico in Italia. Le donne pugili non sono più all’angolo. Grazie soprattutto a Simona, si sono prese il centro del ring.
Abituato e allenato a guardare, possessore di una sorta di palla di vetro, Dario Torromeo forse era conscio di rivolgere a se stesso una domanda retorica. Quella replicata da Franco Ligas in tv. Aveva intuito che la boxe in Italia stava vivendo una svolta precisa. Simona ne era il simbolo, l’emblema, la propagandista, il depliant più incisivo. La reclame, con quella sua frase pugilistica elegante e composta, perfetta l’impostazione, corretta la guardia, i colpi, tutti, eseguiti come da manuale. Intanto, un piacere anche per gli occhi. Una roba simile l’avevamo vista solo negli Stati Uniti, noi viaggiatori di boxe.
Culla del pugilato, gli Usa si erano portati avanti, come da sempiterno copione e radicata tradizione. Non esclusi disgustosi momenti, farse da vomito, autentiche pagliacciate. Tipo il primo e unico combattimento di boxe tra un uomo e una donna, all’arena di Seattle, stato di Washington. Sul ring Margareth McGregor, trentasei anni, e Loi Chow, cameriere e fantino, forse neppure in possesso della licenza di pugile. Quattro riprese, tutte per lei, davvero una roba ridicola, allestita da un ex mediocre pugile, Rocky Newman. Il fantino Chow si prestò alla commedia in cambio di tremila dollari.
Negli Usa, ai tempi, furoreggiava Christy Salter, in arte Christy Martin in seguito al matrimonio con Joe, suo allenatore e marito. La signora boxava da dio, nulla da invidiare alla tecnica e alle capacità di un uomo pugile. Laureata in educazione fisica, magari eccedeva in generosità, i suoi combattimenti erano incendi, esplosioni di energia e di scambi. L’organizzazione di Don King la inseriva nei suoi ricchi cartelloni. Christy ha frequentato i ring e le arene storiche, le più celebri al mondo: Madison Square Garden, Cesar Palace, Hilton Las Vegas, Mgm, Mandalay. Avevamo negli occhi lei, Christy Martin, e seguivamo Simona Galassi. Un fenomeno in guardiadestra da dilettante, pluricampione (credo suoni molto meglio di pluricampionessa) del mondo: Scranton (Usa), Antalya (Turchia) e Podolsk (Russia). Altrettanti titoli in Europa nei pesi mosca: Pecs, Riccione, Tønsberg. Pugile praticamente inavvicinabile. Ma sì, imbattibile. Imprese e titoli realizzate e conquistati però mai accompagnati da squilli di fanfara. Solo i veri appassionati di pugilato sapevano, potendo seguire e documentarsi; il resto d’Italia ignorava. Ormai il pugilato aveva rinunciato agli spazi antichi che ne avevano scandito la meravigliosa affascinante esistenza sulle pagine dei giornali e in televisione.
Solo l’incredibile irlandese Katie Taylor, fenomeno assoluto, eroina in patria, quattro volte campionessa del mondo da dilettante e medaglia d’oro all’Olimpiade, meglio di lei. Al tempo di Simona, il pugilato femminile la partecipazione ai Giochi Olimpici poteva solo sognarla. Un sogno ancora lontano.
Classe 1972, laureata in scienze motorie con una tesi indovinate su cosa? Sul pugilato. Pallavolo e kick boxing come sport introduttivi al pugilato. Silenziosa ma tenace, Simona. Alfieriana di provata fedeltà, volli sempre volli. La ribalta mai cercata, lei però determinata nella realizzazione di un’opera complessa che le è venuta facile. Perfino automatica: lo sdoganamento del pugilato femminile in Italia. La perfezione stilistica, la correttezza delle sue esecuzioni, limpido l’uppercut sinistro, da manuale i ganci e il jab destro, spostamenti e movimento delle gambe da pugile vero. Lei sì, boxeur vero. La completezza tecnica per regalare al pugilato femminile italiano notevole dignità, un’immagine forte, sicura credibilità, apprezzamento e notorietà.
E titoli, corone, cinture, anche da boxeur professionista. Campione europeo e mondiale dei supermosca. Ventitre vittorie, un pareggio, cinque sconfitte. La scalata felice di una montagna.
E un libro, “A modo mio”, per dirlo, raccontarlo, e far capire come e perché in tanti, in Italia, abbiamo cambiato opinione: il pugilato delle donne si è avvicinato davvero a quello degli uomini. Comunque un successo, quasi un trionfo. Ha pari dignità, ora.
Grazie di esistere, splendida Regina.
SIMONA GALASSI
(27 giugno 1972)
23-5-1 (4 ko, 13,33 %)
Debutto: 8 ottobre 2006
Ultimo match: 12 dicembre 2015
Mondiali
29 marzo 2008 Stefania Bianchini (mosca Wbc) + p. 10
18 luglio 2008 Eileen Olszewski (mosca Wbc) + p. 10
24 ottobre 2008 Stefania Bianchini (mosca Wbc) + p. 10
4 dicembre 2009 Aziza Oubalta (mosca Wbc) + p. 10
12 marzo 2010 Esmeralda Moreno (mosca Wbc) + p. 10
11 marzo 2011 Mariana Juarez (mosca Wbc) – p. 10
28 ottobre 2011 Nadege Szikora (supermosca Ibf) + p. 10
14 aprile 2012 Renata Szebeledi (supermosca Ibf) + p. 10
27 ottobre 2012 Renata Szebeledi (mosca Wbc) – kot 3
7 dicembre 2013 Susi Kentikian (Mosca Wba) – p. 10
26 giugno 2015 Debora Anahi Dionicius (supermosca Ibf) – p. 10
12 dicembre 2015 Jessica Chavez (mosca Wbc) – TD 9
6. fine (pubblicati Primo Carnera di Gualtiero Becchetti; Sandro Mazzinghi di Dario Torromeo; Bruno Arcari di Vittorio Parisi; Gianfranco Rosi di Andrea Bacci; Francesco Damiani di Davide Novelli; Simona Galassi di Franco Esposito).