Mazzinghi, il Ciclone distrugge Högberg. Ricordi di una notte europea

 

Ho letto, un paio di ore fa, un post di Sandro Mazzinghi su Facebook. Ricordava il match contro Bo Högberg per l’europeo dei superwelter. La storia di quell’incontro l’ho raccontata in un libro. Mi piace riproporla.

 

 

La prima difesa europea è in programma a Stoccolma, contro Bo Högberg.
Piove senza sosta sulla Toscana, il fiume Era raggiunge il limite di piena. L’Arno cresce di un metro l’ora, si teme possa rompere gli argini. A mezzogiorno gli altoparlanti trasmettono l’allarme del sindaco alla cittadinanza.
L’Arno tracima, le spallette lungo la Tosco-Romagnola cominciano a cedere e si ritiene possano cedere all’altezza di via Saffi. E invece resistono, tengono l’urto.
Ma l’alluvione arriva lo stesso. È l’Era a straripare in località Montagnola. L’acqua sommerge la città. Nel tardo pomeriggio di venerdì 4 novembre tocca l’altezza di tredici metri sul livello stradale.
Pontedera è isolata, senza corrente elettrica. I Vigili del Fuoco non riescono a raggiungere gli ospedali.
Il danno alla Piaggio è contenuto in limiti accettabili grazie all’intervento degli operai che mettono in salvo i macchinari.
Non ci sono vittime, ma la città è in piena sofferenza.
Sandro deve partire, volare in Svezia. Ma rimanda, rimanda fin quando è possibile. Vorrebbe dare una mano, lo convincono che può farlo regalando un attimo di felicità, battendosi e vincendo su un ring straniero.
Raggiunge Stoccolma.
Ancora una volta, a sfidarlo è un uomo impegnato nelle riprese di un film sulla sua vita.

Quella di Reine Bo “Bosse” Högberg è una storia piena di colpi di scena. Andato via di casa poco più che bambino, si imbarca su alcune navi da trasporto. Viaggia nascosto nella stiva o in cabina, ma solo dopo essersi fatto assumere a tempo come mozzo. In ogni porto approdi, la prima cosa che fa è quella di cercare un ring su cui battersi.
Picchiatore, playboy, dotato di una grande capacità di infilarsi negli affari sbagliati. Cresciuto a Göteborg, città conosciuta come l’anima creativa e visionaria della Svezia, ne assorbe lo spirito anarchico uscendo spesso dagli schemi e faticando a gestire una vita decisamente non regolare.
Conosce la prigione, poi torna a boxare.
Il giorno di Capodanno del ’66 batte Visintin a Copenaghen e conquista il titolo europeo dei superwelter. Lo perde contro Leveque in un match pazzesco. Bo si rompe la mascella al primo round, ma va avanti sino alla fine rimanendo sconfitto ai punti.
«Nella vita a volte bisogna fare i fatti, non sempre ci si può giustificare usando solo le parole».

La sua compagna è Anita Lindblom, cantante e attrice. Una bella ragazza dal viso tondo, i capelli a caschetto, corti e biondi.
D’inverno, quando siede a bordo ring indossa una pelliccia di visone bianco. Ha una personalità forte, una spiccata carica di sensualità, dicono che in casa sia lei a comandare. Di certo è lei che gestisce la carriera del marito. E così, dal momento che la sfida contro Mazzinghi sarà la scena finale del lungometraggio Io pugile sulla vita di Bo, chiede l’esclusiva dei diritti di ripresa cinematografica.
«Signora, per averli deve pagare».
«Quanto?»
«Millecinquecento corone».
«Non pago. E se non mi accordate il diritto, mio marito non sale sul ring».
Gli organizzatori dell’Europeo sono l’ex campione mondiale dei pesi massimi Ingemar Johansson e il re delle roulette Bertil Kimtsson. Non si fanno certo impressionare dalle parole della bionda barricadera.

Chiamano Bo Petterson. Il 24enne di Gothenburg ha un record di 13-2-1 e, soprattutto, è inserito nel cartellone della riunione di Stoccolma, dovrà sostenere otto riprese al limite dei medi contro Peter Sharpe.
È in peso ed è allenato.
«Bo, sono Ingemar».
«È saltato il mio match?»
«Tranquillo. Va tutto bene».
«E allora perché mi chiami?»
«Voglio sapere se, in caso di necessità, saresti pronto a batterti contro Mazzinghi per il titolo».
«E Högberg?»
«Non preoccuparti per lui, ha dei problemi con la moglie. Allora, saresti d’accordo a fare il match?»
«E la borsa di quanto sarebbe?»
«Il giusto, vedrai che non ci saranno problemi».
«Considerami pronto».
«Grazie, sapevo di poter contare su di te. Ti faccio sapere a breve».
Basta e avanza per convincere Anita a ritirare i progetti di contestazione.
A Petterson va un piccolo premio per la disponibilità dimostrata.
Sandro intasca dieci milioni e sale sul ring.

Stoccolma, 11 novembre del 1966.
Come sempre, il match è spettacolare. Quattordicimila spettatori restano incantati dall’aggressività, dal ritmo e dalla grinta di Mazzinghi.

È un incontro selvaggio.
Un gancio sinistro di Sandro fa oscillare la testa di Högberg. Un gancio destro lo fa traballare. Montante sinistro, diretto destro e quello va giù. In dodici secondi il Ciclone porta una serie impressionante di colpi. Una macchina sparapugni fino a quando l’altro non cede e crolla al tappeto. Si rialza, ci riprova, ma l’arbitro pone fine a quello che stava diventando un match troppo pericoloso.

 

(daAnche i pugili piangono. Sandro Mazzinghi, un uomo senza paura, nato per combattere” di Dario Torromeo. Edizioni Absolutely Free. Vincitore del Premio Selezione Bancarella Sport 2017)

 

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