Ha chiuso la Fulgor, la palestra di via Goethe 7 a Napoli.
Lì si sono allenati tanti campioni, ma non Patrizio Oliva come è stato raccontato da tutti i giornali in questo fine settimana.
“La mia Fulgor aveva un’altra sede” mi ha confermato il diretto interessato. E, a testimonianza dell’affetto che porta per quel luogo, mi ha mandato le immagini tratte da un vecchio numero del Mattino Illustrato. Le foto di quella pagina, che conserva come un prezioso ricordo, dicono tutto.
La sede della Fulgor di Patrizio era in uno scantinato sotto il livello della strada: al 419 di via Roma, altezza Santo Spirito, due passi da piazza Dante. Frequentatrice più assidua del posto: l’umidità. Clienti abituali: sorece grandi come gatti. E non avevano neppure voglia di allenarsi.
Maestro incontrastato Geppino Silvestri, che così mi parlava di quel posto.
“Ogni due mesi siamo costretti a cambiare il tappeto del ring. Guanti, sacchi, pere. Possiamo usare poco questi attrezzi. Soprattutto i guantoni non durano a lungo. Sono ventisette anni che vado tutti i pomeriggi in palestra e sono pieno di reumatismi”.
Nella grotta della Fulgor c’erano due stanze. Una per gli attrezzi, l’altra per saggiare l’abilità di tutti. Veterani e nuovi arrivati. Lì c’era il ring. I muri erano cadenti, lo stabile vecchio, “ma tutte le sere potevi essere sicuro di trovarci una quarantina di pugili in piena attività”.
È lì che è nato, pugilisticamente parlando, Patrizio.
Allenandosi con Geppino, in una grotta chiamata palestra al 419 di via Roma, è diventato campione olimpico.
Dopo i Giochi di Mosca 1980, il Comune di Napoli ha assegnato alla Fulgor nuovi locali. Ma non è in quella sede che si è allenato il giovane Patrizio Oliva.
Così, tanto per dovere di cronaca.