Signani, lo sfavorito di successo, è pronto per il suo “mondiale”


Matteo lo sa.
La boxe è uno sport da affrontare seriamente, ogni giorno, ogni ora, ogni minuto. Il pugile non deve mai dimenticare di essere tale, la sofferenza e il dolore sono i suoi compagni di viaggio. È una vita dura, non è un mestiere per tutti.
Ogni volta che parlo con Matteo Signani sento una ventata di aria fresca. Entusiasmo, consapevolezza, determinazione, senso della disciplina. Il rischio è dietro l’angolo, lo sa anche lui. Così fa quello che ogni atleta impegnato in sport da combattimento dovrebbe fare, cercare di ridurre al minimo quel rischio.
Il fighter di Savignano sul Rubicone meriterebbe più di quello che ha ottenuto, che è comunque tanto. È stata una corsa in salita la sua, adesso è arrivato alla tappa più importante, la più dura.
Tanti rinvii, finalmente ci siamo.
“Mi hanno chiesto se tutto quello che ha preceduto la sfida mi abbia fatto innervosire. Innervosirmi per cosa? Per il vento che soffia?”
Adesso finalmente la data è sicura, la sede anche.
“L’ho detto più volte, mi sarebbe piaciuto fare un mondiale. Non è arrivato, pazienza. Ma questo match alla 02 Arena di Londra, davanti a ventimila persone, contro un pugile forte come Felix Cash sarà il mio Mondiale. È come se lo fosse”.
Il combattimento contro Cash è in programma il primo di aprile.
“Ne ho fatti tanti di scherzi quando ero giovane, sono romagnolo, allegro per natura, burlone. Sto preparando un pesce d’aprile davvero bello, se mi riesce, ti faccio sapere come ho fatto a realizzarlo”.
Un tour attraverso le palestre d’Italia in preparazione alla sfida. Ravenna, Ferrara, Bologna. Adesso è alla Phoenix Gym di Pomezia, poi partirà per una settimana in Austria. Gli sparring giusti, il calore del clan: il maestro Gian Maria Morelli, il cutman Daniele Scarpellini, il rispetto delle regole. Perché Signani è un professionista che solo raramente cede alle tentazioni.
“Per capire quanto sia forte la mia volontà mi sottopongo al test di resistenza”.
Cioè?
“La tortura della mamma
“Continuo a non capire.”
“Vado a trovarla a casa. Se passo quella prova, tutto il resto diventa facile. Affettati, pasta al forno, cacciagione, cinghiale. Se passo da casa senza sgarrare non mi tocca più niente. Potrebbe anche arrivare uno chef stellato, mi farebbe sorridere”.
Scherza, Matteo. Prova ad alleggerire una tensione che comunque mi sembra di avvertire.
“Lui è forte, è imbattuto, è più alto, più giovane, fa male. Le ha tutte porcaccia la miseria. Vado in casa sua. Combatto in una riunione in cui il clou lo fa Anthony Joshua. Tutto vero, ma questo non aumenta la tensione. Sono consapevole della difficoltà, ci darò dentro come sempre. E poi c’è qualcosa, quella sì, che mi dà una spinta forte”.
Si prende una pausa, da attore. Poi spara.
“Sono sempre stato sottovalutato. Sono lo sfavorito di ogni match. Ho iniziato a tirare di boxe perché ero vivace, per caso, vai lì così non rompi le palle. Dal non rompere le palle al ring, ho fatto 1, 10, 20 match. I campionati regionali, ho messo assieme 140 incontri. Poi, visto che non valevo niente, sono passato professionista. Una roba così, tanto per provare. Sempre accompagnato dal minimo della considerazione. Si impegna, però… Ho trovato le persone giuste, il gruppo giusto. Ed è uscita fuori la bestia. Mi sono preso le soddisfazioni più grandi. Molti non avrebbero scommesso un soldo su di me, anche per un titolo italiano. Ma io ho la testa dura, sono andato avanti e le gioie sono arrivate. Hai visto? Si può fare”.
Quanto è bello essere campione europeo dei pesi medi? Glielo chiedo. Stiamo parlando al telefono, ma ne sono sicuro. Adesso quel faccione da romagnolo purosangue si è riempito di un grande sorriso.
“È bello Dario, hai ragione. Lunedì scorso mi ha chiamato il Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, l’ammiraglio Enrico Credentino (foto sopra). Sono stato invitato a Palazzo Marina. Un posto meraviglioso. Ero con tutti i campioni che avevano partecipato alle Olimpiadi e vinto medaglie importanti. Poi l’Ammiraglio ha detto: “È con noi il collega Matteo Signani, lavora ed è campione d’Europa dei pesi medi”. È stato emozionante”.
Prima di entrare in quel luogo che lo ha incantato, il Giaguaro aveva ricevuto un ammonimento dal suo comando.
“Quando saluterai l’Ammiraglio, guardalo negli occhi e stringigli forte la mano”.
E tu?
“Ho obbedito, ovviamente”.
E lui?
“Mi ha guardato, poi ha detto. ah, questa sì che è una stretta ti mano…”
Una carica in più, ne ha bisogno.
“Sono ancora lo sfavorito. Me la giocherò alla grande, stanne certo. Ho visto il suo ultimo match, non sembrava lui, non so cosa sia successo. Sono cose che capitano. Ma non mi faccio ingannare, è uno davvero tosto”.
L’altro giorno ho visto un post di Signani su Facebook, aveva letto qualcosa che non gli andava bene e aveva voluto precisare.
“La gente parla, parla, parla. Spara a vanvera. La boxe non è un gioco. Se ne stanno seduti al bar a guardare la televisione e giudicano, mangiano un panino e sparano cazzate. Ho letto che criticavano un pugile. Dicevano che era uno che aveva paura. Ogni atleta che sale sul ring è un combattente che merita rispetto, questo avevo dentro, questo ho scritto. Se non siete d’accordo, provateci vuoi a tirare di boxe”.
Signani mi dice qualcosa anche sul nostro pugilato.
“Avrebbe bisogno di disciplina, di maggior rigore. Riempiono i social, si inventano le diete. Devi essere atleta ogni momento della tua vita. Se vuoi bene al tuo corpo, lui ti aiuterà. Prima di essere pugile, devi essere un atleta. I maestri non devono avere paura di essere severi, dal rigore nasce la prestazione”.
Martedì 28 marzo, Matteo Signani volerà a Londra. Cinque giorni dopo salirà sul ring della O2 Arena per difendere l’europeo dei medi contro Felix Cash, sedici match, sedici vittorie, dieci ko. Un lungagnone di 185 centimetri, quattordici anni più giovane del nostro fighter. 
Il Giaguaro è pronto. È uno che merita rispetto, ha il fuoco della passione dentro. È il campione. Sono quelli come lui che oggi fanno grande la boxe italiana, non dimentichiamolo mai.

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