
È stato un match strano.
Credo che l’età (40 anni, contro i 32 dell’avversario) e la lunga carriera abbiano condizionato l’atteggiamento di Gennady Golovkin. Più che nelle frequenze del ritmo, nell’aggressività, nella velocità dei colpi, il kazako ha pagato pegno al timore di cedere. È partito a ritmi bassi, nella prima parte del combattimento ha ceduto a Canelo quasi tutte le riprese. Probabilmente non voleva arrivare agli ultimi round senza avere riserve in corpo. Una tattica che gli ha dato la possibilità di giocarsi su un piano di parità fisica i round dall’ottavo al dodicesimo, ma a quel punto spazio per recuperare gliene era rimasto davvero poco. È andato meglio di Alvarez in quei cinque round, anche se non nel modo in cui hanno decretato sui loro cartellini i giudici David Sutherland e Steve Weisfeld (quattro riprese per Triple G, una per il messicano). È andato meglio nella misura giusta per uscire dal mondiale a testa alta.
Stavolta non penso di ci siano obiezioni sulla vittoria di Saul Canelo Alvarez, per quel che mi riguarda avevo lo stesso verdetto di Dave Moretti (116-112), che per gran parte del match ha messo in mostra una più elevata sostanza nei colpi, una superiore velocità di braccia, una maggiore costanza nell’esercitare pressione sul rivale. I ganci del messicano sono stati i pugni più importanti della serata, gli otto anni che Golovkin concedeva in età sono stati l’elemento chiave del risultato.
È stato un incontro boxato su ottimi livelli, il valore dei due pugili è indiscutibile. Un confronto intenso, pieno di rispetto e allo stesso tempo voglia di imporsi. Ma non credo che si possa definire entusiasmante. È mancato il pathos, l’incertezza. Non ho mai visto uno spiraglio di vittoria per GGG. Eppure ci ha provato, ha cercato di sconfiggere il tempo, di non lasciare solo un buon ricordo in chi ha tifato per lui. In alcuni momenti si è visto il grande campione, in altri ha interpretato il personaggio del grande sfidante. È un ruolo che non gli si addice, lui sul ring è abituato ad essere il protagonista.
Alvarez è stato bravo, davvero bravo. Non si è fatto ingolosire, aveva un piano e lo ha messo in atto lasciando poco spazio alle sorprese. Costante nel ritmo, ha fatto indietreggiare per tre quarti della sfida un rivale come Gennady Golovkin. E qualcosa che potrà portarsi dietro con orgoglio.
Ha vinto il messicano, chiaramente, con un punteggio che stavolta forse non lo premia come avrebbe meritato. Ha vinto per una maggiore freschezza atletica, per la consapevolezza che alla fine la differenza di età avrebbe giocato a suo favore, per non avere avuto nessun freno in avvio.
Applausi per lui. Ma il fascino della boxe e della personalità di Gennady GGG Golovkin non potrà mai essere offuscato.