La prima sfida tra Usyk e Joshua, analisi di un capolavoro tattico…

Ho pubblicato questo pezzo sul Blog il 27 settembre 2021, dopo la prima sfida tra Olexander Usyk e Anthony Joshua. Sabato 20 agosto 2022 si replica…



Sabato notte ho visto un bel match.
L’esaltazione della tattica e della tecnica, merce rara. Di questi tempi si spacciano volentieri le bufale di mezzanotte. Disc jockey, YouTuber, anziani professionisti, giocatori di football americano, qualche influencer e la riunione è fatta. Stavolta invece sul ring sono andati due pugili. E ha vinto il più bravo.
È già stato detto e scritto tutto il possibile del mondiale massimi tra Anthony Joshua e Oleksandr Usyk. Provo a raccontare quello che ho visto io.
Il gong finale è suonato con una sfasatura di sei secondi rispetto al tempo tenuto dalla televisione.
AJ era in crisi fottuta, aveva preso sei colpi duri negli ultimi venti secondi. Era al limite, un altro paio di bordate e avrebbe perso per knock out.
Ma non è questo il punto chiave.
Dopo le ultime quattro riprese, se non avevi tenuto un regolare cartellino, l’immagine che avevi negli occhi era quella dell’ucraino dominatore di ogni singolo round del combattimento. Errore. Dopo otto riprese i tre giudici avevano match pari: 77-76 per Usyk, 76-76, 75-77 per Joshua. Ma l’incontro non era finito lì. Mancavano ancora quattro round, li ha vinti tutti il nuovo campione del mondo.
Li ha vinti perché per dodici riprese non ha mai cambiato ritmo, sempre con il piede sull’acceleratore e l’asticella delle difficoltà posta a livelli mondiali.
Non doveva sbagliare nulla Usyk se voleva vincere. E non ha sbagliato. Match perfetto. Credo sia giusto lodare lui, prima di capire gli errori di Joshua.
Lo sfidante non è andato a cercare la corta distanza, il destro del campione avrebbe potuto procurargli guai seri. Ha boxato facendo continua pressione, martellando con il jab sinistro, piazzando quando possibile la botta dura.
Le stranezze sabato notte le ha fatte tutte AJ.
Più pesante di 8,5 chili, più alto di sette centimetri, con un allungo superiore di dieci. Insomma un peso massimo, contro un massimo leggero. Un vantaggio fisico che non ha mai sfruttato. È stato timido nello svolgere il suo compito. Usyk è mancino, e come tale si pensava che Joshua avrebbe dovuto attaccarlo. Ma non con il sinistro, perché così gli ha fatto solo un favore. Ci voleva coraggio, personalità e la convinzione che solo dal destro potevano arrivare le buone notizie.
Joshua però il destro lo ha tenuto attaccato alla mascella. Temeva il gancio sinistro di Usyk. Capisco il timore, ma così ti privi della tua arma migliore, ti costringi a giocartela su un piano tattico sbagliato e lasci l’iniziativa all’avversario.
L’ucraino è stato perfetto. Ma credo che la sua grande arma, oltre a indubbie doti tecniche, atletiche e sul piano della strategia, sia stata la personalità.
Dopo avere sconfitto Wladimir Klitschko in un fantastico match, AJ non è più riuscito a muoversi su quei livelli. Ha toccato l’apice e poi ha gestito con accortezza la carriera.
Ha avuto più problemi di quanto pensasse contro Takam, ha vinto ai punti con Parker senza entusiasmare, ha sconfitto Povetkin dopo la grande paura del round iniziale (montante e gancio destro del russo che ha scosso il campione sino a farlo barcollare), è stato messo ko da Ruiz, ha vinto la rivincita giocandosela alla grande di gambe e jab, ha battuto il quasi quarantenne Pulev.
E sabato è arrivato Olexandr Usyk.
Joshua ha ridato dignità alla categoria, ha regalato nuova popolarità ai pesi massimi, ha riempito gli stadi e strappato dollari alle televisioni.
Non vedo tutta questa necessità di accantonarlo frettolosamente, come leggo in giro. Penso che sia un ottimo pugile, senza per questo autorizzare ridicoli paragoni. Non ritengo comunque giusto emettere frettolose sentenze di condanna senza appello.
Ammiro Joshua, credo che tecnicamente e fisicamente sia un campione che meriti rispetto. Più che la mancanza di una mascella di ferro, peccato fin troppo evidente, a fargli difetto, ne sono quasi convinto, a mancargli è uno spiccato senso di autostima. Non se l’è giocata come avrebbe dovuto, non perché sia inferiore all’ucraino per capacità tecniche, ma soprattutto perché ha minore personalità.
Usyk è stato un fuoriclasse. Un fuoriclasse con la rabbia che ogni campione deve avere dentro. Una spinta emozionale senza pari. È andato a prendersi quello che pensava gli spettasse, non avendo paura in nessun istante di tutte e dodici le riprese.
Ha anche avuto il merito di non lasciare a casa un’altra dote indispensabile, quella di non farsi ingolosire. La possibilità di chiudere prima del limite c’è stata più di una volta nella terza fase del match. Ma lui solo nell’ultimo round è andato a spingere fino a rimanere senza fiato. Poteva permetterselo, aveva il titolo in tasca.
Usyk credo abbia combattuto da massimo leggero nella terra dei massimi. Con consistenza nei colpi, tanto cervello, una difesa fantastica (spostamenti laterali da applausi, schivate di pochi millimetri) e una fase di attacco studiata e imparata a memoria negli anni, rinfrescata nella preparazione per questo mondiale.
Chiudo ribadendo il concetto. Un match di alta scuola. AJ ha perso, ma se l’è giocata alla pari per due terzi dell’incontro. Il campionato è lungo 12 round, non valgono solo gli ultimi quattro.
Alla fine avevo quattro punti per Usyk, ma a chi interessa a questo punto?
Applausi, godimento da tifoso del pugilato e timore che presto qualche gongolante vincitore di talent canori venga a riempire i fine settimana della boxe.

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