Due parole su Simona Galassi. Una gigante, anche se combatteva da mosca

Le donne vanno forte nel pugilato, un argento e un bronzo negli ultimi Mondiali. Un titolo europeo appena conquistato tra i professionisti. I giornali parlano di loro, i social le seguono. C’è attenzione attorno al movimento.
Ma credo sia giusto, proprio oggi, dare uno sguardo al recente passato, perché senza memoria non c’è futuro. Tra poco più di un mese, la ragazzina come la chiama Alessandro Duran che l’ha allenata, compirà cinquant’anni. È tempo di ricordare a tutti cosa sia stata capace di fare Simona Galassi sul ring, cosa ha vinto, quanto ha vinto.
Su una cosa non ho dubbi. È la più grande pugile donna nella storia della nostra boxe.
Metto in fila alcuni dei suoi successi. Tre mondiali dilettanti, due volte campione del mondo professionisti.
DA DILETTANTE (sempre nei pesi mosca)
86 vittorie
1 sconfitta
Campionessa europea a Pecs 2003, Riccione 2004, Tonsberg 2005.
Campionessa del mondo a Scranton nel 2002, Antalaya 2002, Podolsk 2005.
DA PROFESSIONISTA
23 vittorie
5 sconfitte
1 pari
Campionessa del mondo IBF nei pesi supermosca 2011/2012
Campionessa del mondo WBC nei pesi mosca 2008/2011
Campionessa europea (nei pesi mosca) 2007, 2013/2015.
Su di lei, Flavio Dell’Amore ed io abbiamo scritto un libro: A MODO MIO, Simona Galassi storia di pugni e di passioni (Edizioni INMAGAZINE, 2014).
Così su quelle pagine, Simona si presenta ai lettori…
Il mio lavoro è dare e prendere cazzotti.
Sono una professionista.
Spesso sono sola, ma non mi lamento.
L’ho scelto io.
Amo l’odore della palestra, il cigolio dei sacchi, il ritmo della palla francese. Mi piace sudare e soffrire in allenamento, spingere fino a quando non sento i muscoli tirare e mi sembra di non avere più forza nelle braccia e nelle gambe. È la fatica la compagna più fedele delle mie giornate. Mi regala serenità, mi fa sentire in pace con la coscienza. Misura la mia voglia di essere pugile. Mi piace meno quando mi spacco, quando il sangue scende giù dalle ferite a ricordarmi che con la boxe non si può scherzare.
Sono una ragazza semplice, sincera, ironica. Ma sono anche permalosa e pigra. Ho tanti difetti, uno su tutti. Sono golosa. Con il cibo ho un rapporto intenso, mi sembra di essere addirittura in competizione. Combattiamo da tanti anni e non so ancora chi ne uscirà vincitore.
Del pugilato amo tutto, tranne le attese. Non mi piace il tempo buttato via aspettando una chiamata che non arriva, detesto i giorni dei rinvii. Essere pugile non è un lavoro come tanti. Mi preparo, mi danno l’anima in palestra, fisso una dieta che mi fa soffrire più di un montante o di un gancio bene assestato. Poi bastano quattro parole e tutto fugge via avvolto nella nebbia dell’incertezza. “Il match è rinviato.”
La boxe mi ha fatto piangere, ma mi ha anche regalato una gioia così forte che ho dovuto dividerla con gli altri: non ce la facevo a tenerla solo per me.
Il pugilato non mi ha negato nulla. Ho avuto quasi tutto quello che ho chiesto, anche se forse ho dato qualcosa in più.
Ho vissuto una vita piena.
Ho viaggiato su tutte le strade.
E molto, molto di più rispetto a questo,
l’ho fatto a modo mio.
La voce del vecchio Frank arriva spesso a farmi compagnia. Quelle parole le ho scelte come manifesto della mia esistenza. Ogni volta che sono in difficoltà mi tornano alla mente, mi cullano, mi aiutano a rilassarmi. C’è tristezza in quei versi, ma la vita non è solo sorrisi e momenti felici. Nessuno più di un pugile conosce questa grande verità.
“My way”, la melodia cantata dalla voce magica di Sinatra, racconta lo stile che ho scelto per vivere. A modo mio.
Sul ring aveva classe, grande tecnica, determinazione, senso tattico. Una fuoriclasse assoluta. Nel 2019 è entrata nella Boxing Hall of Fame Italia, in quell’occasione Franco Esposito, un grande giornalista, appassionato e profondo conoscitore del pugilato, così ha scritto di Simona.
Proprio lei, romagnola di Forlì, casa e affetti dalle parti di Bertinoro. La magnifica artefice, missionaria e predicatrice in grado di dotare il pugilato femminile di un’immagina nuova, diversa. Simona, sul ring, è un invito/obbligo per gli uomini a stropicciarsi gli occhi. Come usa dire, boxa col libro in mano. Un lavoro da manuale. Noi tutti piacevolmente costretti ad ammettere: brava davvero, due volte brava, con lei siano benvenute le donne pugili, giusto parlarne con rispetto. Il marchio, Simona Galassi, l’autografo indelebile in calce alla marcia trionfale della boxe delle donne in Italia. L’inversione di tendenza oggi piena di convinti consensi ad accompagnarne la conquista di spazi larghi, giorno dopo giorno. Le donne pugili non sono più all’angolo. Grazie soprattutto a Simona, si sono prese il centro del ring.
Mi fermo qui.
Volevo solo chiedervi di tenere viva la memoria.
Simona Galassi è una gigante del pugilato. Anche se combatteva da peso mosca.

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