Holyfield e altri orrori. La boxe è una pietra che rotola

Come una pietra che rotola è un capolavoro di Bob Dylan.
La canzone, Like a rolling stone, parla di una condizione di privilegio persa lungo il cammino della vita.
È ispirata da Edie Sedgwick, una ragazza che Dylan conosceva, attrice e musa ispiratrice di Andy Warhol, che morì a soli 28 anni distrutta dalla droga. Ciò che rende grande la canzone è la lezione trascendente che ci dà sulla vita, in quanto parla dei valori che ritiene più importanti: l’integrità, l’onestà, la famiglia. Edie Sedgwick aveva abbandonato tutte queste cose per un mondo di divertimento. Era riuscita a entrare in quel mondo perché attraente, ben istruita e, almeno per un po’ di tempo, aveva goduto della compagnia di questa società. Quando i soldi e gli sguardi erano finiti, non era più stata accolta dalle persone di quel mondo. Purtroppo, non aveva più una famiglia da cui tornare perché anche loro l’avevano abbandonata a causa dei suoi segreti e bugie. Alla fine, diventata “invisibile”, non aveva più “segreti da nascondere”. Era letteralmente “senza una casa, come una sconosciuta, come un sasso che rotola via”. (cit. blogdellamusica.eu)
Rivedo a grandi linee la storia della boxe.
Dove sono Ali, Hagler, Leonard, Chavez, Mayweather, senza andare per forza lontano nel tempo fino a incrociare Sugar Ray Robinson? Lì dove erano loro, oggi c’è un protagonista di YouTube, una ex leggenda cinquantottenne che torna sul ring e prende botte per un minuto e mezzo, qualche lottatore delle arti marziali, vecchie glorie in lotta con il tempo.
Ho visto Evander Holyfield. È finita come ogni essere umano, in possesso di tutte le facoltà mentali, pensava finisse. Per una volta guardiamo la Luna e lasciamo stare il dito. La Commissione della Florida ha sancito il match tra l’ex campione mondiale dei massimi e Vitor Belfort, ha detto che i due protagonisti avevano i requisiti per essere autorizzati al combattimento. Un uomo che il 19 ottobre compirà 59 anni e un altro che ha disputato un solo incontro quindici anni fa, potevano salire sul ring e prendersi a pugni.
È lo specchio della peggiore boxe di oggi. Ci sono ottimi campioni in giro, mancano i personaggi carismatici. E allora si aprono voragini per chi sullo spettacolo vuole speculare. A qualunque costo. Ma la boxe ha un coefficiente di rischio che non permette errori. È pericolosa.
Anche all’interno di quella che dovrebbe essere una normalità che non esiste più, troviamo falle sempre più grandi. Fino a quando non ci scapperà il morto. Dovesse accadere, seguirebbero lacrime e promesse di giustizia, urla scandalizzate, cambiamenti che durerebbero pochi giorni, al massimo un paio di settimane. Per poi farsi trovare pronti a tornare nel fango.
Il sistema è marcio dall’interno. In molti aspetti.
Ieri ho visto per caso un match su YouTube.
Venerdì in Austria è andata in scena una sfida tra pesi massimi imbattuti, sul ring per il titolo Internazionale dell’IBF.
A prima vista sembra una normale serata di boxe.
Uno dei due aveva un record di 12-0, con 11 successi per ko.
Il record dell’altro era 22-0, 22 ko.
Quei numeri però raccontavano un’altra storia, per conoscerla era necessario scavare tra i nomi, leggere tra le righe.
Si poteva così scoprire che Marko Radonjic, montenegrino che vive in Germania, quasi tutte quelle ventidue vittorie le aveva ottenute contro rivali che avevano più sconfitte che successi. Vittime designate, knock out facili. Tanto per spiegarmi meglio, otto dei peggiori avversari vantavano un record complessivo di 40 vittorie e 215 sconfitte.
Salito sul ring con quasi otto chili sopra il limite segnato negli ultimi incontri, Radonjic è andato quattro volte al tappeto nel secondo round e una nel terzo.
L’arbitro ha interrotto il match prima che cominciasse il quarto. Non capisco perché il signor Jorge Milke non lo abbia fatto durante la seconda ripresa, quando il montenegrino andava giù praticamente ad ogni colpo incassato.
Nessuna delle quattro associazioni maggiori (Wbc, Wba, Ibf, Wbo) pone Radonjic tra i primi 15 del mondo. Il sito specializzato boxrec.com lo mette al numero 233 nella graduatoria mondiale. Eppure l’International Boxing Federation lo ha designato per un titolo.
Visto all’opera, non credo che abbia grande futuro. Oltre ad avere subito cinque knock down, non ha mai impensierito il rivale. La sua percentuale di colpi a vuoto è stata imbarazzante.
Ma non è che l’altro abbia fatto una gran bella figura.
Filip Hrgovic (13-0, 11 ko) è in classifica per tre enti: 4 Ibf, 9 Wbc, 13 Wbo.
Dicono sia candidato a sfidare qualcuno tra i migliori delle graduatorie. Non credo che, se ciò dovesse accadere, avrebbe possibilità di vittoria.
In pochi giorni i pesi massimi hanno offerto il peggio di sé, in un mondo che perde sempre più colpi.
Come una pietra che rotola.

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