
Il 18 settembre del 2013 Ken Norton lasciava questo mondo. Aveva settant’anni. Aveva boxato in un periodo d’oro dei pesi massimi, chiudendo e la carriera con un record di 42-7-1, 33 ko. Era stato campione del mondo, aveva affrontato tre volte Muhammad Ali. Così l’ho ricordato il giorno della morte, così mi piace ricordarlo anche oggi.
Ken Norton è stato uno che si è battuto contro i migliori ed ha anche vinto. Erano i giorni in cui la categoria era frequentata da gente come Muhammad Ali, Joe Frazier, George Foreman, Larry Holmes. Miti del pugilato, personaggi che avrebbero segnato da soli qualsiasi epoca.
Nonostante fosse costretto a muoversi in simile compagnia, Ken Norton è riuscito a recitare da protagonista. L’ho visto soltanto in tv, mi è bastato. L’ho stimato come si stima un campione, uno per cui si prova rispetto assoluto.
L’ultima volta che mi era venuta voglia di scrivere di lui è stato dopo aver letto su un giornale di Las Vegas di quello che la Patway Service, un servizio che aiuta i disabili di Jacksonville, aveva fatto per l’ex campione dei massimi. Gli aveva dedicato una statua, creata dall’artista Lindsay Woodward ed inaugurata dallo stesso Norton nella sua città nel 2009.
Anche il vecchio Ken, nato il 9 agosto del 1943, ha corso il rischio di rimanere disabile. Nel 1986 ha avuto un terribile incidente d’auto. Si è fratturato il cranio, la mandibola ed entrambe le gambe. I dottori gli hanno detto che avrebbe dovuto passare il resto della vita su una sedia a rotelle. Non è andata così. Dotato di grande forza di volontà, aiutato da un fisico che in passato aveva sperimentato a ogni livello, Norton è tornato a camminare e poi a vivere un’esistenza normale.
Ma non è per questo che è diventato famoso.
Il 31 marzo del ’73 ha sconfitto Muhammad Ali, provocandogli la frattura della mandibola e diventando incredibilmente popolare in una sola notte .
Ali era il netto favorito, i bookmaker lo davano vincente arrivando a pagare fino a cinque volte la puntata. Dopo il match, Ken Norton aveva sottolineato l’impresa citando una frase che aveva letto nel libro “Think and grow rich” di Napoleon Hill.
“Le battaglie della vita non sempre vanno al più forte o al più veloce, prima o poi vince l’uomo che pensa di poterlo fare.”
Ali era stato meno filosofico.
“Immagina di avere una mandibola rotta e di dover disputare altre dieci riprese!”.
Poi aveva aggiunto.
“Io con quello non salgo più su un ring.”
Il 10 settembre dello stesso anno erano tornati a combattere e Ali aveva vinto con una contestata split decision (5-7 5-6 6-5, all’epoca i giudici non davano un punteggio, ma indicavano le riprese assegnate a ciascun pugile).
La trilogia si era conclusa il 28 settembre del 1976 con una decisione unanime, anche se di stretta misura, a favore di “The greatest”.
Quattordici mesi dopo, Muhammad Ali aveva preferito difendere il titolo contro Leon Spinks pur di non concedere la quarta occasione a Ken Norton. Il gigante, 100 chili per 193 centimetri di altezza, era così stato nominato a sorpresa, unico nella storia dei pesi massimi, campione del mondo dal Wbc senza che si fosse battuto per la corona. L’Ente aveva semplicemente considerato, a posteriori, valido per il mondiale il match che Norton aveva disputato contro Jimmy Young e che era stato etichettato come eliminatoria.
Pugile di valore, forte fisicamente e dotato di gran pugno, molto potente dalla corta distanza, Norton a fine carriera era diventato attore per la Paramount di Dino De Laurentis. Protagonista in “Mandingo” e di “Drum, l’ultimo Mandingo”, è entrato nel cast di altri venti film.
Ha avuto cinque figli. Uno di loro, Ken jr, è stato per tredici stagioni stella dei San Francisco 49er di Football Americano per poi fare il coordinatore della difesa degli Oakland Raiders.
Norton ha vissuto per lungo tempo come un uomo felice nell’Orange County, California. «Vedere la strada che è riuscito a fare questo piccolo nero mi inorgoglisce. Mi hanno anche dedicato una statua, ma allora qualcosa di buono l’ho fatto».
Gli anni Settanta erano quelli di Muhamad Ali, Joe Frazier e George Foreman. Tutti e tre nella stessa decade. C’erano anche Ron Lyle, Earnie Shavers, Oscar Bonavena, Joe Bugner.
Ken Norton quel decennio magico ed esaltante l’ha percorso da protagonista. E quando è morto in tanti, non solo noi anziani, ci siamo immediatamente ricordati di lui. La nostalgia, lo so, tende a cancellare i momenti brutti esaltando solo le cose buone della vita. Ma so anche che una volta i pesi massimi erano eroi popolari.
Oggi faticano a lasciare un segno nella storia.
