Alla fine di ottobre del 1929 c’era stato il crollo di Wall Street. La Borsa americana aveva subito il più grande colpo della storia, la Grande Depressione era appena cominciata.
Cuba viveva il secondo mandato di Gerardo Machado ed era sotto l’influenza politica ed economica degli Stati Uniti. Il prezzo dello zucchero era calato precipitosamente, le tensioni era aumentate.
Studenti e ribelli tentavano di opporsi ad una situazione che sembrava senza futuro.
Machado si vantava di avere incrementato il turismo, ma gli effetti più evidenti di quel progresso eranio l’aumento della prostituzione e del gioco d’azzardo.
Lo sport, soprattutto la boxe, costituiva una boccata d’aria fresca in quel clima di tensione continua.
Il 25 gennaio del 1930, esattamente novanta anni fa, due uomini salivano sul ring della Pollar Arena all’Avana.
Panama Al Brown era il chiaro favorito, aveva un record di 60-8-6, era il campione del mondo della NBA per i pesi gallo
Lo chiamavano il Ragno Nero: 1,78 per 53 chili e mezzo. Alto, braccia lunghe, gambe senza fine, magre, robuste. Sembrava avesse la fame dipinta sul volto. Il suo nome era Alfonso Theophilo Brown, aveva una grande grande classe.
Un gigante tra i pesi gallo. Danzava sul ring, agile nel movimento di gambe, braccia basse e colpi precisi. Da otto anni tirava e incassava colpi come ogni bravo professionista.
Era forte, ma poco propenso a osservare una rigida disciplina. Soffriva a rientrare nei limiti di peso, non riusciva a resistere al richiamo dei locali dove poteva consumare alcool, ballare fino all’alba e concedersi ai piaceri del sesso senza stare tanto a chiedersi chi fosse a fargli compagnia nella stanza da letto.
Grande come pugile, altrettanto grande nella trasgressione. La leggenda narra che tra un round e l’altro bevesse un bicchierino di cognac quando altri mandavano giù al massimo un sorso d’acqua. Un artista, ballerino e poeta che aveva conquistato tifosi e intellettuali. A Parigi frequentava un giro importante. Il pittore Eduardo Arroyo, lo scrittore Ernest Hemingway. Con il poeta francese Jean Cocteau aveva il legame più forte. Panama Brown si muoveva come un divo anche sulle strade della vita, leggero, affascinante e senza falsi pudori.
L’altro aveva un curriculum meno affascinante.
Pincus Pinky Silverberg era nato nel Bronx, New York. A 16 anni la sua famiglia si era trasferita ad Ansonia nel Connecticut e lui aveva deciso di fare il pugile. Aveva falsificato il documento di identità, anticipando la sua data di nascita di due anni. Ne servivano 18 per ottenere la licenza e combattere. Il 20 settembre del 1920 aveva debuttato.
Sette anni dopo aveva approfittato del ritiro di Fidel LaBarba, che aveva lasciato il titolo per andare a studiare alla Stanford University.
Il 22 ottobre del 1927 era diventato campione del mondo dei pesi mosca. Poi la NBA gli aveva tolto il titolo per “combattimento insoddisfacente”, in realtà Pinky aveva retto dieci round con una mano rotta. Ma né le sue proteste, né la testimonianza del medico lo aveva salvato.
L’anno dopo nella mitica St Nicholas Arena di New York aveva perso ai punti in otto round contro Kid Chocolate.
E adesso era all’Avana per affrontare Panama Al Brown che lo superava ai punti in dieci ripresa, arbitro e giudice unico Lou Magnolia.
Molti anni dopo tutti ricordavano vita, carriera e imprese del Ragno Nero. Nessuno sembrava invece sapere che Pinky Silverberg avesse fatto il pugile. Il figlio Ron era andato su Internet e aveva scoperto che digitando il nome del papà usciva praticamente il nulla. Aveva interpellato alcuni siti specializzati di boxe e aveva ottenuto lo stesso risultato. Anzi, ancora più deprimente.
“Pincus Silverberg? Mai sentito nominare. Se vuole potremmo fare delle ricerche”.
“Certo, mi farebbe piacere”.
“Ci mandi dieci dollari e provvederemo a spedirle quanto riusciremo a scoprire”.
Non conoscevano le imprese pugilistiche di Pinky neppure Steve e Victor Parkosenich, i due fratelli polacchi che vivevano sullo stesso pianerottolo dell’ex campione del mondo ad Ansonia.
Ignoravano chi fosse i curatori del Museo dei pugili ebrei di Filadelfia.
“Papà non amava parlare di quei tipi, non se ne andava in giro a raccontare i suoi succressi sul ring” ha detto Ron, il figlio.
Poi lo storico Mike Silver si interessava di questa incredibile storia e scopriva match, titoli, personaggi.
Raccontava tutto in un servizio di quattro pagine per The Ring Magazine, compreso l’incredibile viaggio di Pinky per la tournèe australiana nel 1929: cinque giorni in treno da Ansonia a San Francisco, quattro settimane su un battello a vapore per attraversare l’Oceano e raggiungere Melbourne.
A completare il ritratto ci pensava Dave Cassetti, ex peso medio dilettante, ma soprattutto sindaco di Ansonia. Era lui a intitolare, nel giugno del 2017, l’incrocio tra Main e Front Street a Pincus Silverberg detto Pinky che proprio lì aveva vissuto. Da quel giorno il posto diventava L’angolo del Campione.
Per l’altro uomo della sfida, nessun problema.
Chiunque ami la boxe sa benissimo chi sia stato Al Panama Brown, il Ragno Nero.
Tutto giustissimo, caro Dario, ma permettimi di fare una doverosa precisazione. Al Brown non poté mai frequentare Edoardo Arroyo, suo biografo, perché il celebre artista madrileno, nato nel 1937, si trasferì a Parigi nel 1958.