Gli ultimi colpi (a vuoto) dell’Aiba in vista di Tokyo 2020…

L’Aiba, l’organismo che governa l’olimpismo, ha dunque deciso di ridurre da 10 a 8 le categorie maschili per fare posto a due nuove categorie femminili. So già che questa mia nota suonerà stonata alle orecchie delle donne che praticano il pugilato. Ma, nel silenzio generale, credo sia giusto dire qualcosa.

Sono stato a lungo contrario, per motivi tecnici e non certo per discriminazione sessuale, al pugilato femminile. Mi sono ricreduto vedendo boxare qualche grande professionista tra cui Simona Galassi, ho cancellato definitivamente qualsiasi dubbio a Londra 2012 quando ho visto all’opera Clarissa Shields, Katie Taylor e Nicola Adams.

Ma se queste atlete hanno dimostrato con pieno merito di valere tecnicamente la grande platea dei Giochi, resto dell’idea che sotto il profilo quantitativo il pugilato femminile sia ancora lontano dal poter pretendere più spazio nel calendario della manifestazione.

Mi spiego meglio.

A Rio 2016 dodici atlete hanno avuto la possibilità di andare a medaglia disputando un solo incontro. Sono state tutte quelle ammesse direttamente ai quarti di finale dopo avere ricevuto un bye al primo turno per essere teste di serie. E questo non credo che sia accettabile visto il livello della manifestazione. Dodici per categoria, trentasei medaglie in palio, il 33% delle iscritte è sbarcata in Brasile con la certezza di salire sul podio.
I partecipanti tra gli uomini, tanto per dare un termine di paragone, sono più del doppio per ogni categoria di peso.

Fino a Rio 2016 le atlete potevano partecipare nei mosca (-51 kg), leggeri (-60 kg) e medi (-75 kg). Non so quali saranno le due new entry che l’Aiba ha intenzione di proporre. A fine luglio saranno comunicate le decisioni definitive.

In quei giorni sapremo anche quali saranno le due categorie tagliate tra gli uomini. Fino al 2000 erano dodici, fino al 2008 undici, fino al 2012 dieci, da Tokyo 2020 saranno otto.
Toglieranno una tra minimosca e mosca? Sembra sia la scelta più probabile. Ma non riesco proprio a immaginare quale possa essere la seconda.

Le novità di Tokyo 2020 per il pugilato non finiscono qui.

Vedremo gli uomini impegnati in match da cinque round di tre minuti.
L’importante è che si decidano una volta per tutte.

Negli incontri sarano tenuti in considerazione i cartellini di tutti e cinque i giudici designati.
Prima cinque giudici e cartellini con il sistema dei 20 punti, poi le macchinette, poi tre giudici su cinque per il verdetto, poi cartellini a punteggio ma con il sistema da 10, ora cinque round e cinque giudici.
L’importante è avere le idee chiare.

Gli uomini combatteranno senza maglietta, cadrà così anche l’ultimo ricordo del dilettantismo, deve essere una questione di allergia.

Le donne saranno senza caschetto protettivo.
Il presidente dell’Aiba dice che l’hanno chiesto loro, io dico che non farei mai una cosa del genere. Sono già poche, dodici, le partecipanti in tabellone. Se i match dovessero  terminare per ferita la situazione diventerebbe farsesca.

Continua intanto il giallo sui trentasei, tra giudici e arbitri, sospesi durante i Giochi del 2016. Al momento sembra che il presidente Ching-Kuo Wu, di Taipei, abbia riammesso a livello di grandi manifestazioni internazionali solo Lin Ming-Li, di Taipei, convocata a maggio per i Giochi Asiatici. Uno dei sospesi, l’argentino Poggi, è passato al professionismo. Qualche elemento è stato impiegato dalla federazioni nazionali per incarichi di minore prestigio.
E gli altri stanno a guardare…

Altri problemi turbano l’interno dell’organizzazione. Il sito aroundtherings.com ci informa delle dimissioni del tesoriere David Francis che in due lettere, una al Board e l’altra direttamente al presidente, ha comunicato all’Aiba di rimettere il suo mandato. I motivi che sono alla radice di questa scelta sono nel differente punto di vista sui progetti economici dell’Associazione, unito alla volontà del gruppo direttivo di tenerlo fuori da ogni importante decisione. L’ex tesoriere ha aggiunto che l’Aiba sta correndo preoccupanti rischi finanziari e che davanti a questo problema l’atteggiamento della dirigenza è semplicemente quello di ignorare l’argomento e ogni tentativo di discuterne.

 

 

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