MILAN umiliato a Madrid. Ma non sono sorpreso. La squadra naufraga in campionato, è dunque naturale che affoghi in Champions League. Non c’è bisogno di farsi tante domande sul perché questo accada.
La difesa è il reparto peggiore, vero. Restando legati solo alla doppia sfida con l’Atletico si vede che Abate a Milano e due volte Essien (una con la compartecipazione di Rami) al Calderon, hanno sul groppone il peso di almeno tre gol spagnoli su cinque.
Ma anche in avanti le cose non vanno meglio. Balotelli (a sinistra nella foto, a destra Arda Turan) prima giocava solo per se stesso, ora non gioca proprio più. Zero gol, zero assist nelle sei partite della fase a eliminazione diretta. Tre gol (uno nei preliminari, un rigore, uno al Celtic) nel torneo. In compenso ha messo assieme cinque gialli in dieci partite, uno ogni due gare. Questo sì che è un record, non quelli di Ibrahimovic.
A proposito. La vendita di Ibra, Thiago Silva e Pato ha portato nelle casse milaniste 77 milioni di euro. Undici sono stati spesi per comprare Matri…
Una volta i soldi delle cessioni venivano reinvestiti in acquisti di spessore. Oggi ci si muove su un livello medio basso sull’intero fronte.
Per la quarta volta negli ultimi cinque tentativi, il Milan è uscito fuori dagli ottavi di Champions. In compenso è decimo in classifica dopo 27 giornate. Ha un distacco di 37 (dicasi trentasette!) punti dalla Juventus, 23 dalla Roma (che ha una partita da recuperare) e 20 dal Napoli. Ha perso tre delle ultime cinque partite ed ha incassato la bellezza di 38 gol, più o meno tre ogni due gare.
Ho letto dotte disquisizioni sull’assetto tattico scelto da Seedorf: 4-2-3-1 in fase di attacco e un 4-4-1-1 in copertura. La realtà del tracollo va cercata altrove, magari dando un’occhiata alla formazione di Madrid.
Abbiati; Abate, Rami, Bonera, Emanuelson; Taarabt, Poli; de Jong, Kakà, Essien; Balotelli.
E poi magari girarsi per guardare chi giocava nel Milan del passato.
Il Milan di Sacchi: Galli; Tassotti, Costacurta, Baresi, Maldini; Donadoni, Ancelotti, Rijkard, Evani; Van Basten, Gullit.
Il Milan di Capello: Rossi; Panucci, Costacurta, Baresi, Maldini; Donadoni, Albertini, Desailly; Boban, Savicevic, Weah.
Il Milan di Ancelotti: Dida; Cafu, Nesta, Stam, Maldini; Gattuso, Pirlo, Seedorf; Kakà, Inzaghi, Shevchenko.
Ma smettetela con i numeretti!
La verità è che la squadra di Madrid, come quella del campionato, è una squadra di livello medio-basso. Roba da fare contente società che sono abituate a quel ruolo, non certo chi è solito frequentare il mondo del calcio da protagonista.
Non ci sono più soldi. E allora Berlusconi venda la società. Perché qui non servono due o tre ritocchi, qui bisogna rifondare. Cambiare tutto. Non solo allenatore. Allegri non aveva ormai più in mano la gestione dei giocatori, da quello che si è visto a Madrid non è che Seedorf stia meglio.
Oltre alla pochezza tecnica, il Milan ha evidenziato una mancanza di carattere, tranne qualche eccezione tipo Kakà e Poli. Il tracollo era inevitabile, ma qualcosa di buono l’eliminazione dalla Coppa l’ha prodotto. Ha esaltato lo scarso valore assoluto della squadra.
Con una difesa come quella di ieri, Diego Costa già bravo di suo si trasforma in un misto Maradona/Pelè/Messi. Con un centrocampo che non riesce a dare la minima copertura ed espone una difesa già debole a infinite incursioni è già un bene che sia finita solo 4-1. Con un attacco inesistente, mai in ripiegamento, mai propositivo è un lusso che si sia segnato un gol.
Non sono un mago, né un genio del calcio. La prima cosa che mi viene in mente per uscire dal tunnel è il cambio totale della società. Via proprietario, allenatore, almeno l’80% dei giocatori. Ogni altra soluzione servirà solo a rallentare la caduta verso la tristezza della lotta per non retrocedere che aspetta il Milan in un futuro ormai prossimo.