
Il giornalista e scrittore Angelo Carotenuto è l’ideatore e il curatore dell’imperdibile blog “LO SLALOM, il meglio del racconto sportivo. Scelto e commentato.” Questa pagina è uscita nell’agosto del 2020. Racconta un grande campione della boxe attraverso le testimonianze di chi l’ha conosciuto. Il titolo che riassume il tutto è “Mazzinghi, la purezza sul ring”. È un racconto a più voci, entra nell’animo di uno dei pugili più amati della storia di questo sport in Italia.

Noi Mazzinghi, il pane si inzuppa nel rischio
La guerra, Pontedera, l’infanzia, la fame
Un sibilo, un altro ancora. Il luccichio delle bombe, il rumore sordo dei caccia bombardieri, il fumo nero delle esplosioni. Il quartiere è un cumulo di macerie. I morti sono più di duecento. Il cortile dove Sandro giocava con i piccoli amici adesso è una buca enorme, piena di calcinacci e pezzi di legno. La guerra porta via la vita, se non ce la fa si prende i ricordi. Ti lascia lì a soffrire davanti alla distruzione di quello che avevi imparato ad amare. … Sandro guardava a quello spiazzo sotto il suo palazzo e ci vedeva il mondo intero. Gli occhi di un bambino misurano la realtà con l’innocenza nel cuore.
di dario torromeo. Anche i pugili piangono (Absolutely Free, 2016)
➣Il rapporto con sua madre, la pesca a mani nude nell’Arno da bambino, la fame nel dopoguerra; se dovesse raccontare la sua infanzia con un’immagine quale sarebbe?
«Ci vorrebbe un dipinto caro mio. Mia madre era una donna fantastica, ho avuto un’infanzia molto dura, ho fatto mille lavori per portare a casa un pezzo di pane ma ero orgoglioso di quel che facevo per la mia famiglia. Se ci penso mi commuovo ancora».
intervista di fabrizio rostelli, il Manifesto, 18 agosto 2018
La faccia che aveva Mazzinghi
Il naso a tre curve, gli occhi celesti presi in prestito da qualche pozza del mare, i lineamenti antichi che parevano stampati fin dalla culla, la voce rugginosa.
di riccardo signori, il Giornale, 23 agosto 2022
L’attesa di un campione
Dal giorno in cui Duilio Loi l’ha smessa con la palestra e il ring, Milano sportiva è alla ricerca di un nuovo idolo da esaltare e da incitare. Si ricorre a immagini del genere pur sapendo che non è tutta Milano ad avere questi desideri, ma – nel caso del pugilato – qualche decina di migliaia di appassionati in cifra tonda, neanche tanti, in gran prevalenza uomini. … Forse Sandro Mazzinghi, che è tutto diverso da cima a fondo ma ha già una personalità prepotente, anche se da soli due anni è professionista. Lo sapremo stanotte. Lo potremo dire domattina.
… Tra Guido e Sandro ci sono differenze non da poco, a parte il senso della disciplina. Sembra che la boxe, passando dal fratello maggiore al minore si sia arricchita in eleganza e in tecnica, senza perdere in forza e aggressività. Guido aveva uno schema elementare e vi insisteva con monotonia, Sandro è capace di mutare ritmo e tattica a seconda del tipo che gli mettono di fronte. Può diventare l’uomo nuovo che gli appassionati di pugilato cercano.
di luigi cecchini, Corriere d’informazione, 6-7 settembre 1963
➣ Com’era il rapporto con suo fratello Guido, dentro e fuori dal ring?
«Stupendo, non avevo un fratello ma un padre, con lui mi sentivo al sicuro dentro e fuori dal ring. Il nostro era un legame molto forte. Abbiamo girato il mondo e vissuto dei momenti indescrivibili, abbiamo scalato montagne sempre insieme. La nostra è stata una vita intensa e ci siamo voluti un gran bene; questa è la cosa più importante».
intervista di fabrizio rostelli, il Manifesto, 18 agosto 2018
Il mondiale Mazzinghi-Dupas
Il nono round si inizia sotto cattivi auspici per Mazzinghi il quale ha l’occhio sanguinante. Ma è proprio ora che l’italiano ritrova tutta la sua forza e il suo orgoglio: in uno scambio al centro del ring. Mazzinghi lancia un potente destro che coglie come una folgore Dupas alla mascella. L’americano crolla al tappeto con gli occhi vitrei e l’arbitro lo conta. Il pugile statunitense si rialza, ma è completamente groggy: l’arbitro lo accompagna nel suo angolo. Mazzinghi ha vinto. Ha vinto per k.o. a 2 e 45 della nona ripresa. Mazzinghi è il nuovo campione mondiale dei medi junior.
da l’Unità, 8 settembre 1963
Il flop di pubblico
Si è cominciato sotto la pioggia che veniva giù fitta a un cielo nero come l’umore di Vittorio Strumolo, che contava straordinariamente sulla riunione di ieri sera al Vigorelli imperniata sul mondiale dei welter pesanti per rilanciare in grande stile il pugilato a Milano e che invece dovrà registrare un grosso deficit: forse una decina di milioni. Una scoppola da impensierire e che ripropone più che mai il problema di un locale coperto dove sia consentito – come avviene a Roma – di allestire riunioni senza rischi.
di mario sanvito, la Gazzetta dello sport, 8 settembre 1963
La rivincita con Dupas in Australia
Lo splendido combattimento sostenuto ieri sul ring di Sydney ha permesso al nostro boxeur di conservare il titolo mondiale. Forse stasera in tv il film del match. Il film dovrebbe giungere in aereo nel tardo pomeriggio. La rivincita di Sydney non ammette alcuna discussione sui meriti del pugile toscano. Dupas, stavolta, sapeva molto bene di quale potenza fossero i pugni di Mazzinghi, e si era preparato con il massimo scrupolo sul terreno stesso dell’incontro. L’americano inoltre, residente ormai in Australia, poteva contare su un ambiente di amici, su un arbitraggio presumibilmente favorevole (o almeno non severo quanto quello di un “referee” europeo) sulle possibili influenze dei rapporti d’affari tra il suo procuratore Angelo Dundee e l’organizzatore australiano Miller.
Tra Mazzinghi e Dupas, insomma, era l’americano che, praticamente, combatteva in casa. In condizioni ambientali tanto sfavorevoli, Mazzinghi ha saputo, ripetere l’impresa di Milano, accentuandone anzi la portata. Anche all’estero si può vincere per k.o., si può indovinare un colpo risolutore. È meno facile invece dare alla propria superiorità un peso così schiacciante da indurre un arbitro a sospendere addirittura il combattimento e a proclamare il k.o. tecnico. Sandro Mazzinghi ha fatto questo dopo essere stato, come a Milano, sull’orlo della sconfitta. Come nell’incontro di tre mesi fa infatti, la subdola boxe di Dupas è riuscita a mettere a segno, nel corso del sesto round, la botta maligna, che avrebbe potuto propiziare all’americano un successo per ferita. In un concitato “a corpo a corpo”, la testa abilmente manovrata come “terzo pugno” dall’astuto Ralph ha aperto uno squarcio sanguinoso allo zigomo sinistro del campione e da quel momento il solco rossastro sul viso dell’italiano è stato il bersaglio unico dei punzecchiatissimi sinistri dell’americano. Mazzinghi senior e Sconcerti hanno fatto miracoli, negli intervalli tra un round e l’altro per allontanare la minaccia di una sconfitta, tamponando la ferita, mentre Mazzinghi junior, sul ring, stringeva i denti per non cedere e, accecato dal dolore, picchiava e picchiava.
di gianni pignata, la Stampa, 3 dicembre 1963
➣ Incontrò Benvenuti per la prima volta nel 1961 durante il servizio di leva. Che impressione le fece?
«Diciamo che già non ci sopportavamo, sai io toscano molto serio e anche permaloso, Giovanni sorridente e molto burlone, già si potevano intravedere due caratteri molto diversi».
intervista di fabrizio rostelli, il Manifesto, 18 agosto 2018
La rivalità con Benvenuti
Bartali e Coppi mi hanno fatto litigare con i miei compagni di scuola, Benvenuti e Mazzinghi sono stati i protagonisti degli anni migliori della nostra boxe. Vincendo l’inevitabile spareggio, Benvenuti ha confermato la migliore qualità della sua boxe, ma Mazzinghi ha ugualmente trovato modo di chiudere bene la carriera lasciando il ricordo di un guerriero che si è meritato i suoi titoli nonché il tifo e gli applausi del pubblico. È fin troppo evidente che la diversa natura delle discipline che li hanno avuti come protagonisti ha limitato le occasioni di un confronto diretto. Coppi e Bartali si sono confrontati moltissime volte al Tour, al Giro, in tante classiche. Benvenuti e Mazzinghi si sono trovati di fronte solo due volte, il 18 giugno 1965 sul ring dello Stadio di San Siro e il 17 dicembre dello stesso anno a Roma sullo stesso ring dove Benvenuti aveva conquistato la medaglia d’oro all’Olimpiade del 1960. Benvenuti ha vinto la prima sfida per k.o. alla sesta ripresa, la seconda soltanto ai punti ma con verdetto unanime. Abbastanza per archiviare una pratica, ma non per chiudere una storia e una polemica che non si sono mai chiuse, perché è più facile festeggiare una vittoria che giustificare una sconfitta.
di rino tommasi, la Gazzetta dello sport, 18 giugno 2015
La morte della moglie
Era campione del mondo quando, nell’inverno del ’65, tornando fresco sposo da una festa a Montecatini, ebbe un incidente d’auto slittando contro un albero. Riportò la frattura della base cranica e altre ferite, la moglie Vera, cui Sandro aveva detto sì 12 giorni prima, morì.
La regola era che la difesa del titolo, pena la decadenza, doveva avvenire entro sei mesi. Mazzinghi chiese una deroga, ma non gli fu concessa. Dicono che né Nino, né il clan di Sandro che apparteneva da sempre (e per sempre) alla scuderia Ignis, quella del “cumenda” Borghi, che oltre a produrre elettrodomestici sosteneva campioni d’ogni sport, consentirono.
Così Mazzinghi, non al meglio delle sue possibilità, salì sul ring di San Siro, 22 milioni di lire per lui, 15 per Benvenuti, il 18 giugno 1965.
di piero mei, il Messaggero, 22 agosto 2020
Il primo match con Benvenuti
Sarà l’era del demolitore Mazzinghi o del raffinato Benvenuti? Un fatto è tuttavia certo: che sta per aprirsi il più favoloso capitolo del pugilato italiano: perché mai dalla nostra terra sono usciti, contemporaneamente, due simili campioni. Non è improbabile che questo capitolo sia destinato a non chiudersi con la vittoria dell’uno o dell’altro. Forse potrebbe aprirsi addirittura una storia con tutta una serie di incontri, andata e ritorno, botta e risposta, sconfitte e rivincite.
di adriano ravegnani, Corriere d’informazione, 18-19 giugno 1965
Il ko subito da Benvenuti
La favolosa leggenda del pugile sempre imbattuto continua: non è riuscito a infrangerla neppure la commovente combattività di un Mazzinghi scatenato, tutto teso a condurre quel forcing massacrante che gli ha propiziato tante vittorie. E’ stato un colpo da manuale quello che ha rovesciato Mazzinghi sul feltro del ring, un colpo da filmare e da mostrare ai giovani pugili come prezioso insegnamento. Benvenuti non sorrideva più già da tre o quattro riprese: aveva di fronte un avversario che non si preoccupava troppo di scoprirsi pur di portare le sue fitte scariche al bersaglio grosso, un pugile che lo costringeva talvolta a ricorrere a vistose tenute pur di salvarsi. Gli incitamenti per Mazzinghi piovevano copiosi sul ring, la folla incoraggiava a gran voce il pugile più generoso ma meno tecnico. A Benvenuti si schiudono adesso traguardi notevoli. Di Mazzinghi c’è da lodare il coraggio. Non sarà facile, per il toscano, riprendersi fisicamente e psicologicamente da una sconfitta del genere.
di mario gherarducci, Corriere della sera, 19 giugno 1965
L’angolo di Mazzinghi
I più cattivi questa sera a San Siro non sono Mazzinghi e Benvenuti che tirano i pugni, bensì coloro che li assistono: Guido è più cattivo di Sandro, al quale lo stesso Sconcerti, che ha cuore e volto da gentiluomo, dovrebbe questa sera prestare la sua maschera etrusca, lievemente corrosa dalla rabies e da una truce emozione.
di bruno raschi, la Gazzetta dello sport, 19 giugno 1965
Buon viaggio Sandro. La tua città ti saluta e abbraccia, un’ultima volta. Per Pontedera continuerai a essere il suo Campione. Per tutti noi resterai esempio di umanità, coraggio e determinazione
Matteo Franconi sindaco di Pontedera
La rivincita con Benvenuti a Roma
Ha vinto ancora Nino Benvenuti: il titolo mondiale dei medi junior resta suo. Ma stavolta Mazzinghi gli ha resistito, replicando colpo su colpo, assediandolo a tratti con la sua commovente aggressività, costringendolo a sfoderare frequenti scorrettezze. È stato un match durissimo: Mazzinghi lo ha concluso con il naso che sanguinava come una fontana e i lineamenti tumefatti, Benvenuti con due ferite al volto e l’espressione contratta dal più severo impegno sostenuto sinora nella sua carriera. Ha vinto Benvenuti in virtù di una classe superiore ma il vero eroe dell’incontro è stato Mazzinghi: cauto all’inizio, poi sempre più generoso e combattivo. Alla fine i “mazzinghiani” hanno voluto ribellarsi a un verdetto che per essi era ingiusto: e sul ring, a guastare un’atmosfera esaltata da un match appassionante, sono piovuti agrumi e patate. È stato un grande match, non tanto tecnicamente, quanto per la violenza quasi selvaggia, per la cattiveria affiorata sovente, per la drammaticità di talune fasi, per la rabbiosa decisione dei due avversari. Un match che ci ha restituito un Mazzinghi di valore internazionale, al quale si aprono rosee prospettive. L’unico torto del generoso toscano, a pensarci bene, è solo quello di aver trovato sulla sua strada un fuoriclasse del calibro di Nino Benvenuti.
di mario gherarducci, Corriere della sera, 18 dicembre 1965
Una lunga antipatia
➣ Cosa ha cambiato nella tua vita, quel match?
«Nella mia vita privata assolutamente niente, nella mia carriera naturalmente non è stata una passeggiata, ero campione del mondo. Ho dovuto lottare molto per riconquistare il titolo».
➣ Perché la boxe non riempie più gli stadi?
«La boxe è cambiata molto dai miei tempi. Noi eravamo campioni delle due maggiori sigle mondiali, oggi ce ne sono un’infinità che, secondo me, creano molta confusione e poi in Italia non c’è più l’interesse da parte dei media. Tutto questo ha portato il nostro grande sport al declino».
➣ Perché non si è mai fatto il terzo match?
«Io all’epoca avrei incontrato Benvenuti anche una terza volta, ma molto probabilmente le nostre strade erano così diverse che le organizzazioni che ci seguivano non ritennero opportuno un terzo match».
➣ Com’è attualmente il tuo rapporto col rivale?
«Sono anni che non ci vediamo ed è ovvio che quello che è successo nella nostra carriera ha condizionato il nostro rapporto, anche perché ancora oggi la penso diversamente da lui».
intervista di giorgio lo giudice, la Gazzetta dello sport, 18 giugno 2015
Biografie e canzoni
Il divo Nino, l’antidivo Sandro, così diversi anche nei titoli delle rispettive biografie: Il mondo in pugno e Pugni amari. A Mazzinghi piaceva anche cantare: Fuoco spento e Almeno in sogno, brani molto intimisti, gli valsero persino una partecipazione a Sette Voci di Pippo Baudo. E questo mentre Nino, per non essere da meno, faceva duetti canori indimenticabili con Griffith.
di luigi panella, la Repubblica, 23 agosto 2020
Le chiacchiere alla stazione con gli homeless
La stazione ferroviaria è in piena attività, i treni scaricano passeggeri a ritmo forsennato. La città si prepara a un’altra calda estate. Quell’uomo seduto sotto la pensilina è un barbone. Schiena sulla parete e gambe distese. Se ne sta lì ogni sera. Indossa sempre gli stessi vestiti. Un vecchio impermeabile, un tempo bianco, che non riesce a risparmiargli il freddo nelle notti di inverno e lo fa sudare nelle bollenti sere d’estate. Un maglione sdrucito e un paio di pantaloni di qualche taglia più grande di quanto sarebbe necessario.
Come per magia lo spazio attorno a lui si allarga, da qualche parte sotto quella pensilina sbuca un altro giovane. Gli va incontro a piccoli passi, lo raggiunge, lo saluta con affetto. È vestito elegantemente, indossa una giacca blu e ha la cravatta che richiama quel colore. Ha un portamento sicuro e un fisico atletico. Capelli corti, biondi, ricci. Si chiama Alessandro Mazzinghi e fa il pugile, per vivere dà e prende cazzotti. È un mestiere che ha imparato così bene da essere diventato un campione. Ma è anche un uomo sensibile. E non solo perché è l’unico ad accorgersi di quella inquietante presenza che si muove tra altre ombre senza che nessuno lo veda.
… Si sono incontrati per la prima volta nel febbraio del ’67. Il campione era in città per difendere l’Europeo dei superwelter contro Jean-Baptiste Rolland. A Mazzinghi è sempre piaciuto passeggiare nelle stazioni, dice che lì si incontra l’umanità intera. Si muoveva con lentezza anche quella volta e quando il barbone gli si era avvicinato lui non si era voltato come avevano fatto tutti gli altri. Gli era andato incontro, gli aveva stretto la mano, offerto una bistecca e pagato anche un bicchiere di vino. Aveva ascoltato la sua storia, una gioventù piena di sogni e di qualche incontro sui ring di periferia, una maturità segnata da un matrimonio fallito e dal lento declino.
… «Come ti chiami?».
«Non ho più un nome».
«Come posso chiamarti?»
«Sandro, come te».
di dario torromeo. Anche i pugili piangono (Absolutely Free, 2016)
La riconquista del titolo contro Ki-Soo Kim
I match sono corride senza toreri. Solo due tori, lanciati l’uno contro l’altro. È un guerriero a cui madre natura ha regalato forza, resistenza, temperamento. Non esistono pause nella sua boxe. La sofferenza è un mezzo per arrivare, non l’ha mai vista come una pena da scontare. Ricorda le notti insonni, la fame come primo incubo del mattino. Lui la conosceva bene quella bestia crudele. La fame vera, quella che ti tiene sveglio la notte, che ti fa sognare un pezzo di pane. Ti sembra di sentirne addirittura l’odore mentre ne gusti il sapore. Lo baci, l’annusi, lo tocchi. E poi ti accorgi che è solo un’illusione. Nelle mani non hai niente, nella bocca ti resta un sapore amaro che non riesci neppure a definire. La disperazione crea crudeli illusioni. Quando all’alba si svegliava, c’era da andare subito al lavoro. Era un bambino che sgobbava senza pretendere riposo, senza lamentarsi. Ora è diventato grande, ma continua a lottare. Lui l’inferno l’ha vissuto, non l’ha certo letto sui libri. E allora, come può avere paura di un avversario su un ring di pugilato? Come può spaventarsi per la fatica di quindici riprese a ritmo folle? Finta, rientra. Jab sinistro. L’altro sbarella. Un altro jab sinistro. Diretto destro, gancio sinistro. Non si ferma fino a quando l’avversario non è sconfitto.
… È il match più duro nella sofferta vita del toscano. Ci vuole un fisico bestiale per sopportare una battaglia così. Ci vuole soprattutto un grande cuore. Sandro quello l’ha sempre avuto. Nessuno l’ha mai fatto indietreggiare. I capelli del coreano sono corti, appuntiti. Viene avanti a testa bassa. «Mi sembrava di avere un riccio sugli occhi» dirà Sandro. E intanto continua a dare e a prendere. Ha trent’anni, quelli del pugilato dicono che è vecchiotto. … Sandro lo sa, nel pugilato il successo arriva attraverso il dolore.
di dario torromeo, Corriere dello sport-Stadio, 27 marzo 2020
Il riavvicinamento con Benvenuti
Giusto un anno fa, in un’intervista televisiva su Rai3, Benvenuti aveva usato parole splendide per Mazzinghi («Un grande campione: una parte del mio titolo mondiale può sentirla sua»), lanciandogli infine un bacio dalla telecamera. E subito dopo Sandro, in una sua intervista al blog di Dario Torromeo, aveva ricambiato il bacio e i complimenti («Abbiamo fatto la storia del pugilato italiano»). La settimana scorsa, invece, prima Mazzinghi su Facebook con un paio di giorni di anticipo aveva rivolto a Benvenuti gli auguri per l’imminente 80° compleanno («Ci siamo arrivati, 80 anni, un bel traguardo… Tra qualche mese saranno anche i miei, un’età importante dove possiamo ricordare íl nostro passato con un po’ di nostalgia per i tanti momenti di gloria e non che ci hanno accomunato, ma sempre con l’amore e l’ardore per questo bellissimo sport») e infine in un’altra intervista aveva dichiarato «Nessun rancore, siamo capitoli di uno stesso libro». Poi c’è stato il malore di Nino e prontamente Sandro, quasi 80enne ma molto social (ha anche un suo sito), aveva espresso tutta la sua preoccupazione per le condizioni dell’antico rivale: «Dio mio, non so cosa dire… Forza Giovanni». Fatto trascorrere qualche giorno da quello del grande spavento, martedì Mazzinghi ha telefonato a Benvenuti, ancora ricoverato al policlinico Tor Vergata a Roma, dove nel frattempo è stato operato per rimuovere un calcolo alla cistifellea. Una telefonata inattesa, ma proprio per questo più intensa e sentita da parte di entrambi gli ex pugili, i quali curiosamente nel messaggi televisivi o sui media hanno l’abitudine di indicarsi a vicenda con i loro nomi originali: Giovanni e Alessandro, quando per tutti da sempre sono Nino e Sandro.
di mario viggiani, Corriere dello sport-Stadio, 3 maggio 2018
Come andò la telefonata con Benvenuti
➣ Voi avete fatto la storia del pugilato. Nino fotogenico e personaggio lei guerriero ciel ring. Le differenze caratteriali e tecniche con Benvenuti sono state queste?
«Precisamente. Benvenuti è stato un pugile stilistico, molto furbo nel portare i colpi, molto ragionatore. Io invece sono sempre stato uno d’attacco: non mi importava quanti colpi ricevevo, pensavo solo a darne di più».
➣ La sua storia incarna il classico romanzo all’italiana: il ragazzo povero e scalzo che diventa campione.
«Sì, non avevo niente, ho fatto mille mestieri per portare il pane a casa e a volte non c’era nemmeno quello. Ma non ho mai dimenticato le mie origini. Sa cosa feci con la mia prima borsa da professionista? Mi offrirono un milione e mezzo, era il 1962, non avevo mai visto così tanti soldi. Rientrai dalla Francia vittorioso e comprai subito una casetta a mia madre».
➣ La vita è stata anche feroce con lei: all’alba del 1964 le ha portato via la prima moglie Vera in un incidente d’auto al ritorno da Montecatini.
«Eh sì, quando tutto sembrava andare a gonfie vele la sorte maledetta si prese mia moglie. Ho sofferto molto per quella disgrazia, pensai di lasciare tutto e tutti, poi il tempo attenua un po’ il dolore e anche io ricominciai a vivere».
➣ Che cosa accade in un campione arrivato in cima al mondo quando si spengono i riflettori?
«Quando sei osannato da tutto il mondo ti senti un uomo forte e pensi che sia così per sempre, ma è lì che si sbaglia. Io sono sempre stato con i piedi per terra e quando si sono spente le luci della ribalta non ho sofferto più di tanto».
di stefano lemmi, la Nazione, 8 maggio 2018
I suoi 80 anni
Mazzinghi è stato un guerriero: schietto, permaloso, furioso, generoso, scatenato e intrepido a costo di mangiare «parecchio mallegato» che si traduce sanguinaccio. Ne fece indigestione davanti allo svedese Bo Hogberg, a Stoccolma. Racconta: «Fu una notte da matti. Da allora, in Svezia, abolirono la boxe professionistica». Ottanta anni sono lunghi. «Ma non sono mai pesati e sono volati. La vita è un piacere e va vissuta piena come l’ho vissuta io». Casa Mazzinghi riassume una tribù tra figli, David e Simone, e «una moglie stupenda», vive a Cascine di Buti. «Mi dedico alla campagna ed è bellissimo. Mi basta poco per essere felice». Gli americani lo scoprirono e gli proposero un match “perdi-vinci-perdi” con Emile Griffith. Non accettò. «E non mi sono mai pentito. Mi offrirono 100mila dollari. Non mi piacevano le clausole. Peccato, sarebbe stata sfida per cuori forti». Poi c’è stato il Mazzinghi uno e trino per ciclismo, boxe e canto. «Amavo il ciclismo, ma da bambino non avevo i soldi per una bicicletta e scelsi la boxe. Tifavo Coppi e divenni amico di Bartali. Da Ray Sugar Robinson, il mio campione, ricevetti il più bel complimento: negli Usa saresti l’idolo delle folle, la tua boxe è spettacolo. Avevo appena messo ko a Roma il francese Gonzales per l’europeo medi jr.». Diceva Sandro: «Noi Mazzinghi, il pane si inzuppa nel rischio». Chissà, è stato bello rischiare? La risposta è un guizzo di giovinezza: «Era come fumarsi una sigaretta dopo il caffè».
di riccardo signori, il Giornale, 1 ottobre 2018
Se nel pugilato esistesse la categoria degli arrabbiati, senza distinzione di età e di peso, Sandro Mazzinghi sarebbe ancora il campione mondiale in carica, imbattuto. Una rabbia, derivante dalla convinzione di essere stato defraudato da chi lo ha preso di mira, che non si affievolisce neanche oggi al traguardo degli 80 anni.
di fausto narducci, la Gazzetta dello sport, 3 ottobre 2018
Il ritiro in campagna
➣ Togliamoci subito il pensiero: si considera il più grande pugile della storia italiana?
«Lo hanno detto in tanti, non io, e comunque restano i fatti: a 25 anni ero già campione del mondo, ho bruciato le tappe. Quando andai in Francia, nel 1962, non ero nessuno. Distrussi i loro due idoli, Annex e Attali, e tornai che ero popolarissimo. Avevo già in tasca il contratto per il Mondiale dei medi junior con Ralph Dupas, 7 settembre 1963, il giorno più bello della mia carriera».
➣ Qual è stato l’avversario più difficile da affrontare?
«II coreano Ki soo Kim: aveva una guardia bassa, era difficile da colpire. Era pure scorretto, al quinto round mi tirò una testata sullo zigomo sinistro. Pensava di essere un duro, io fui più duro di lui. Ne venne fuori uno dei più spettacolari match della storia. Da piccolo vidi al cinema “Lassù qualcuno mi ama”, con Paul Newman. Rimasi folgorato, la storia di Graziano fu per me un’ispirazione. Avevo solo 7 anni».
➣ Segue la boxe di oggi? «Sempre meno e solo in tv, ma soltanto quando ci sono eventi importanti. Non mi entusiasma più di tanto, non vedo da nessuna parte il guerriero che combatte fino allo stremo».
➣ Ce li descriva, questi suoi 8o anni: che cosa fa, come vive, che cosa sogna.
«Sono un uomo tranquillo, ho una famiglia stupenda, sono appagato per quello che ho saputo costruire nella mia vita. La tranquillità della campagna mi rende felice. Leggo molto e di tutto, e nella mia proprietà mi occupo della vigna di cui vado molto fiero: produrre un buon vino è un premio che ripaga i sacrifici di un anno».
➣ Come le piacerebbe essere ricordato?
«Come una persona per bene, semplice come lo è la mia vita. E come un pugile puro, onesto e sempre rispettoso del proprio avversario».
➣ Ha un sogno nel cassetto?
«Vorrei vedere al cinema un film sulla mia vita: sarebbe una bellissima storia».
intervista di claudio colombo, Corriere della sera, 3 ottobre 2018
Il cantante Mazzinghi
➣ Si dice che il suo sogno da ragazzino fosse quello di correre in bicicletta.
«Sì, mi sarebbe piaciuto ma non avevamo i soldi per comprarla e così scelsi la boxe, c’era già mio fratello Guido che la faceva e indossare un paio di guanti non costava niente».
➣ Fra i suoi sostenitori c’era anche l’attore Walter Chiari.
«Ci accomunava la passione per la boxe, Walter aveva fatto il pugile e stravedeva per me, ogni volta che combattevo a Roma o Milano lo trovavo a bordo ring».
➣ Mazzinghi pugile, cantante e scrittore: un successo a tutto campo. Come è stato possibile?
«La passione per il canto l’ho sempre avuta, in un momento particolare della mia vita scrissi due brani orchestrati dal grande maestro Gianfranco Intra, piacquero così tanto che mi fu proposto di cantarli nella tournée italiana del cantante Adamo. Scrittore, invece, perché lo scrivere mi ha sempre rilassato e raccontare la mia vita mi piace perché voglio che i giovani conoscano il sacrificio di un uomo che dal nulla è arrivato sul tetto del mondo».
intervista di franco morabito, Corriere dello sport-Stadio, 3 ottobre 2018
Il gladiatore del popolo
Quel maledetto quadrato che diveniva campo di battaglia e dove usciva, anche se vincente, provato e segnato, ma sempre con la coscienza di aver dato tutto. Una specie di gabbia dove lui era un vero gladiatore del popolo e del popolino. Faccia marchiata, zigomi ancora gonfi e tanta dura esistenza ed impeto buttato nelle molte battaglie di sport e di vita. Sandro Mazzinghi lascia una grande eredità, quella dell’uomo vero sul ring.
di giovanni bruno, Sky Sport 22 agosto 2020
L’Italia del boom
Questo toscano ruvido ha rappresentato, con dignità estrema, l’Italia della rinascita, della ricostruzione, del Boom economico. Fatto, il Boom, da tanti piccoli sconosciuti Mazzinghi, che in lui infatti si identificavano in cucina, davanti al televisore in bianco e nero. A Mazzinghi, aria sghemba da guerriero sempre in cerca di una rissa, è stato fatto un torto grande come un grattacielo, raccontandolo esclusivamente in contrapposizione al rivale storico. Sandro è stato molto di più. Una volta gli ho detto: lo sa che mio padre faceva il tifo per lei? Mi rispose ridendo: beh, mica è una novità che il papà abbia sempre ragione! Non ho sentito la campana, guerriero. Fai buon viaggio.
di leo turrini, il Resto del Carlino, 23 agosto 2020
➣Ha avuto mai paura sul ring?
«Sai, io credo che ogni pugile abbia paura quando sale sul ring. Non sai mai come può andare a finire. Ho sempre pregato Dio prima di salire, non tanto per la vittoria ma per terminare il match in perfetta salute e non è cosa da poco».
intervista di fabrizio rostelli, il Manifesto, 18 agosto 2018
Mazzinghi in meno di 100 parole
Sandro era difficile da amare. Come uomo e come pugile. Fuori dal ring era un timido che tentava in ogni modo di mascherare quello che riteneva fosse un difetto. Era diffidente, si sentiva perennemente accerchiato. Per questo si rifugiava nella bolla d’affetto della famiglia. La mamma Erminia, il fratello Guido, il manager Adriano Sconcerti. Ho pensato tante volte a cosa passasse per la mente dei suoi rivali quando lo vedevano arrivare lento, ma inesorabile, verso di loro. Paura forse, di sicuro la speranza che tutto finisse in fretta.
di dario torromeo, Avvenire, 23 agosto 2020

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