Compagni di viaggio. Fazi, il cantore dell’epoca d’oro della nostra boxe

Si chiude qui una serie nata per ricordare alcuni compagni di viaggio. Giornalisti, amici. Le storie sono state (quasi) tutte scritte nel giorno in cui se ne sono andati via per sempre. Nell’illusione di vivere ancora qualche momento assieme.

Roberto Fazi (il primo a sinistra, accanto a lui Guido Nardecchia, Umberto Branchini e Natalino Rea. Foto Alfredo Bruno) è stato tante cose. Giornalista, direttore di banca, raffinato buongustaio, direttore di Boxe Ring, viaggiatore. E altro ancora. Fisico imponente, espressione astutamente distratta, strenuo difensore delle sue certezze.
Ha fatto l‘inviato per la Gazzetta dello Sport, dopo essere stato al Littoriale (prima che diventasse di nuovo Corriere dello Sport). Sulla rosea ha raccontato le sfide di Giulio Rinaldi contro il mitico Archie Moore. I due match di Benvenuti contro Sandro Mazzinghi. I successi di Nino contro Emile Griffith e la devastante sconfitta contro Carlos Monzon. La conquista del titolo mondiale da parte di Salvatore Burruni, Sandro Lopopolo, Bruno Arcari e Carmelo Bossi. Il trionfo di Mazzinghi contro Ki Soo Kim.  È stato uno dei cantori dell’epoca d’oro del nostro professionismo. 
Ha diretto dal 1972 al 2001 Boxe Ring, quello storico, quello che arrivava in edicola, quello che sanciva la popolarità di un atleta mettendolo in copertina. Ha frequentato la palestra, ha preso lezioni di pugilato da Steve Klaus, si è fatto accompagnare lungo il cammino dell’apprendimento da Natalino Rea e Armando Poggi. Niente agonismo, solo tanto studio e molti allenamenti. Voleva capire quello che poi sarebbe andato a raccontare.
Non ha fatto concessioni, non ha mai lodato per amicizia. Il giorno del suo funerale, in chiesa c’erano gli amici di una vita Guido Nardecchia e Natalino Rea. Di pugili, quella volta ho visto solo Vincenzo Cantatore.
Ha scritto assieme a Gianni Minà il testo di Facce piene di pugni, 14 puntate su Rai2. La più bella serie televisiva, con la boxe a fare da protagonista, che mi sia capitato di vedere.
Assieme abbiamo raccontato storie di boxe in Uomini e pugni.
Era un competente. I suoi giudizi erano attesi con ansia dal popolo degli appassionati. 
Aveva la battuta pronta, era spiritoso.
“Roberto, sei poi andato dal medico?” gli ho chiesto in un piovoso pomeriggio di pioggia di tanti, tanti anni fa.
“Certo.”
“E…”
“Ha letto le analisi:”
“E cosa ti ha detto?”
“Si è meravigliato che fossi ancora vivo.”
Il difettuccio si nascondeva in uno dei sette peccati capitali. Era goloso, oltre ogni immaginazione.
Il racconto è di Teo Betti, un altro della compagnia di giro dei giornalisti vagabondi.
“Eravamo da Mamma Leone a New York per il primo Benvenuti vs Griffith. Io e lui al tavolino, divisi da una forma di formaggio. All’inizio non riuscivamo a vederci, dopo un paio di ore ci guardavamo negli occhi.”
Scriveva con il gusto di raccontare. Nei suoi articoli trovavi sempre l’analisi tecnica del match, ma anche tutto quello che girava attorno alla sfida.
Dotato di passione vera e senso del dovere, nei grandi eventi dei dilettanti (Olimpiadi e Mondiali) era sempre presente in tribuna stampa. Vedeva tutti i match, ogni giorno. Non si sarebbe mai perdonato di avere perso la comparsa di un talento, un episodio clamoroso, una sfida di valore assoluto.
Con Roberto non ti annoiavi mai.
Soprattutto quando avevi la fortuna di essere invitato a cena a casa sua. Attorno al tavolo trovavi attori, campioni dello sport, arbitri di livello mondiale. Sembrava di essere sul tappeto rosso di qualche Festival. Altre cene, nella Roma di una volta, ti permettevano di assaporare il gusto del tempo perduto. E lì i commensali erano spesso gli stessi. Nardecchia e Rea punti fissi, a giro gli amici (fortunati) di quella sera.
Chiudo lo spazio dedicato alla gola con qualche riga in più su quella passione. Eravamo a Rimini per gli Europei juniores del 1977. Eravamo saliti in collina per mangiare da Zanni a Villa Verrucchio. Roberto aveva preso antipasto, primo, secondo con contorno e dolce. Salumi tradizionali romagnoli, tagliatelle al ragù, misto griglia, il dolce non lo ricordo. Aveva però scelto una variazione sul menù. Tra un piatto e l’altro ci piazzava un triangolo di piada con lo squacquerone. Roba da rimanere sulla sedia per una settimana. Tornati in albergo, avevo recuperato la macchina da scrivere nella mia camera ed ero sceso nella hall. Ero rimasto folgorato dalla visione di Fazi che prendeva a morsi un gigantesco club sandwich!
“Roberto, ma che fai?”
“Ho bevuto una birra e mi è tornato l’appetito.”
Cala il sipario.
Ha viaggiato molto. Ha visitato ogni angolo del mondo. A volte è stato l’unico inviato a raccontare come testimone oculare un grande evento. I giornali, all’epoca, non prendevano le loro decisioni facendo di conto sul costo della trasferta, si basavano sull’importanza della manifestazione. 
Era un professionista che amava la vita, ma amava anche i suoi lettori.
Ho cominciato questa serie con Teo Betti. Non potevo che chiuderla con Roberto Fazi. Sono una parte fondamentale della mia memoria, con loro ho visto tanto pugilato e ho conosciuto un po’ meglio il mondo. 
Roberto Fazi se ne è andato via per sempre il 30 aprile 2001, aveva 78 anni.

1. Teodoro Teo Betti (25 agosto 2024).
2. Roberto Perrone (1 settembre 2024)
3. Mario Sconcerti (8 settembre 2024)
4. Daniele Redaelli (15 settembre 2024)
5Andrea Bacci (22 settembre 2024)
6. Gianni Minà (29 settembre 2024)
7. Giovanni Maria Vanni Loriga (6 ottobre 2024)
8. Vincenzo Belfiore (13 ottobre 2024)
9. Giorgio Tosatti (20 ottobre 2024
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10. Roberto Fazi ( 27 ottobre 2024)


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