Pugilato, pro e dilettanti insieme. Come nasce la pazza idea?


“È ridicolo e sciocco
che dei professionisti possano
battersi con dei dilettanti.”
Mike Tyson

Era l’inizio di giugno del 2016.
La Federazione Mondiale del pugilato dilettanti (al tempo si chiamava ancora AIBA) era riunita a Losanna per un Congresso straordinario. In quell’occasione approvava, con 84 voti a favore su 88 votanti, l’ingresso dei professionisti ai Giochi Olimpici, a partire da Rio de Janeiro 2016. Al via due mesi dopo.
Al torneo mondiale di qualificazione si erano presentati 79 atleti per 26 posti a disposizione. La regola era che le Federazioni Nazionali li avrebbero potuti inserire in quelle categorie in cui non avevano giù un qualificato. Sul ring di Rio erano saliti solo tre professionisti.
Avevano perso agli ottavi Amnat Ruenroeng, sconfitto per kot 3 dal francese Sofiane Oumiha che lo aveva già fatto contare due volte nel round precedente, e Carmine Tommasone, superato dal tre volte campione mondiale Lazaro Alvarez.
Fuori al primo turno il camerunese N’Dam N’Jikam.
Tre su tre eliminati.
Era andata decisamente meglio a Tokyo 2020.
Albert Batyrgaziev, oro nei pesi piuma.
Bakhodir Jalolov, oro nei supermassimi.
Proprio oggi ho scritto del pugile uzbeko. E ho ricevuto molte sollecitazioni a spiegare la storia dei professionisti alle Olimpiadi.
Il pugilato è stato uno degli ultimi sport a legittimare questo inserimento. A partire dal 1992 le varie Federazioni Mondiali si erano aperte all’inclusione dei professionisti all’interno dei Giochi. Può andare nel volley, basket, tennis e altri sport. Personalmente sono da sempre convinto che professionismo e dilettantismo nel pugilato rappresentino due sport diversi. Per regolamenti e per chiave di lettura dell’evento agonistico.

  1.         All’Olimpiade ogni match (dal primo turno alla finale) si combatte sui tre round, i mondiali professionisti sono sui 12 round.
  2.         All’Olimpiade, i due finalisti fanno il peso cinque volte al mattino del combattimento per due settimane. Per un mondiale professionista ci si pesa una sola volta a 24 ore dall’incontro. 
  3.         All’Olimpiade si combatte (se si vuole arrivare all’oro) cinque volte in due settimane. Nei professionisti si fanno uno/due mondiali l’anno.
  4.         Solo due categorie di peso tra dilettanti e professionisti coincidono.
  5.         Il bendaggio per i pugili che competono ai Giochi ha una lunghezza che va da un minimo di 2,5 metri a un massimo di 4,5 con una larghezza di 5 centimetri. Per i professionisti il bendaggio arriva sino a 15 metri ed è largo 5 o 7 centimetri. Mediomassimi, massimi leggeri e massimi possono arrivare a una lunghezza di 20 metri.
  6.         Alle Olimpiadi i guantoni pesano 10 once sino a 63,5 kg. Da 71 chili a +92 si usano guantoni da 12 once. I professionisti usano guantoni da 8 once fino ai welter, dai superwelter ai massimi guantoni da 10 once.


C’è ancora qualcuno che nega il fatto che siano due sport diversi?

Lo sono al punto che sino a qualche tempo fa era vietato a professionisti e dilettanti fare sparring assieme. Ce lo siamo dimenticato?
E nel regolamento dei dilettanti della Federazione Pugilistica Italiana (Art. 11, comma 1) leggoo: “È consentito al pugile che abbia ottenuto il passaggio nel settore Pro di chiedere una reintegrazione alla qualifica IBA, a condizione che non abbia disputato più di tre match”.
Le sigle mondiali (WBC, WBA, IBF, WBO) avevano dapprima strillato minacciando squalifiche, poi si sono adeguate. E qui nulla di nuovo sotto il solo della boxe.
Due pareri in chiusura.
Carl Frampton (ex campione del mondo dei pesi gallo e dei pesi piuma).
“Il professionismo alle Olimpiadi è ridicolo. Sono due sport differenti, è come se un giocatore di badminton volesse partecipare a Wimbledon.”
Eddie Hearn (organizzatore, Matchroom).
“Il professionismo alle Olimpiadi è importante per i Paesi che pagano i pugili per prendere parte ai Giochi. Decisamente non è il nostro caso.” 





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