
Sono 90, caro Rino Tommasi.
Novantant’anni.
Non si può pensare alla boxe moderna senza pensare a te.
Il pugilato lo hai vissuto in molti modi.
Hai fatto l’organizzatore di successo, facendo lavorare Benvenuti, Mazzinghi, Manca, Arcari, Rinaldi, Burruni, Loi, Lopopolo. Ma anche Sugar Ray Robinson, Archie Moore, Emile Griffith e tanti altri.
Costruivi il programma con meticolosa attenzione. Match equilibrati, accoppiamenti messi su seguendo il gusto del pubblico e senza tanto protezionismo nei confronti dei nostri.
A ripagare quei rischi c’erano le borse. Sostanziose e soprattutto puntuali.
Finita l’epoca dell’organizzazione hai cominciato a raccontare la boxe sui giornali.
Hai scritto per Tuttosport, La Gazzetta dello Sport, Il Tempo. Hai vinto premi importanti, hai girato il mondo.
Con l’ingresso a Canale 5 hai fatto il grande salto. Sei diventato telecronista, ruolo in cui hai commentato circa quattrocento campionati del mondo.
“Nel 1986 a New York, Bill Cayton mi fece vedere le immagini di uno sconosciuto peso massimo. Mi è bastato qualche minuto: ho comprato quella videocassetta e i diritti televisivi dei successivi incontri di quel pugile. Era Mike Tyson.”
È così che l’Italia ha scoperto Tyson grazie a Rino e a Canale 5..
Il 22 novembre 1986 Iron Mike metteva ko in meno di due riprese Trevor Berbick e diventava il più giovane campione del mondo dei pesi massimi.
Tre giorni prima, Claudio Colombo del Corriere della Sera ed io avevamo fissato un appuntamento proprio con Bill Cayton per parlare di questo giovane fenomeno del pugilato. Ti avevamo chiesto di accompagnarci, magari ci avresti potuto aiutare con la tua esperienza e con il tuo inglese, decisamente migliore del nostro all’epoca.
“A che ora e dove?” ci avevi risposto.
Ci eravamo visti all’Hilton di Las Vegas, dove il manager alloggiava. Avevamo bussato alla sua porta e quando quello l’aveva aperta, aveva spalancato le braccia e sfoggiato un grande sorriso.
“Rino! Amico mio!”
Avevamo capito che potevamo stare tranquilli.
Era stata una grande intervista, avevamo raccolto materiale per due giorni. Appena usciti ci ha fatto una domanda.
“Pocco chiedervi una cortesia? Posso usare qualcosa di questa chiacchierata per il mio articolo?”.
Sei un grande Rino! Ci sono tuoi colleghi, ma proprio colleghi che hanno spiato a distanza e con le orecchie dritte un’intervista della stessa coppia (Colombo/Torromeo) a Don King. E l’hanno riportata sul giornale come fosse loro…
CI hai dato una lezione di etica professionale, perla rara in un mondo che ne avrebbe davvero bisogno. Non la dimenticherò mai.
Ricordo due spezzoni dei tuoi commenti da telecronista.
“Una delle più belle riprese a cui mi sia mai stato dato di assistere.”
(la sesta di Hagler-Mugabi, fantastica telecronaca)
“Deficiente!”
(Holyfield-Foreman, ad Atlantic CIty. I poliziotti avevano lanciato fuori dal ring gli spettatori che vi erano incautamente saliti. Un tifoso aveva centrato in pieno Rino durante la telecronaca in diretta).
Poi sei passato a Tele+, diventandone il primo direttore dei servizi giornalistici.
Con te ho diviso molte trasferte.
Non sempre mi sono trovato d’accordo con la teoria che difendevi. Abbiamo fatto anche un dibattito su Canale 5 dopo Hagler vs Leonard. Tu sostenevi che era stato un match combattuto, io ero dell’idea che fosse stato privo di animosità. Coordinava Guglielmo Zucconi, in studio c’era Nino Benvenuti.
Sulla cinematografia legata alla boxe abbiamo sempre avuto un punto in comune.
“Non mi piacciono i film in cui si vede il pugilato finto. Il primo Rocky sarebbe stato perfetto se fosse finito al primo colpo di gong.”
Parlare di sport con te è sempre stato un piacere. Lo ami, lo conosci. Le tue telecronache avevano il rigore tecnico del competente, la capacità analitica del giornalista di razza.
Hai sempre avuto una grande stima per la boxe.
“In tutta la storia del pugilato ci sono stati meno incontri truccati che in una stagione dei campionati di calcio in Italia dalla serie A alla Z…”
E ancora.
“Il pugilato è uno sport, una disciplina. Negli Stati Uniti ha tolto tantissimi ragazzi dalla strada, impedendogli di fare una brutta fine.”
Hai attraversato l’intero mondo per raccontare lo sport, ma c’è un momento chiave che, ne sei sicuro, ha fatto da spartiacque tra la grande boxe e la storia.
“L’evento sportivo più affascinante al quale io abbia assistito è stato l’incontro tra Muhammad Ali e George Foreman a Kinshasa nel 1974.”
È vero, non è sei un esempio di modestia, anche perché ha sempre sostenuto che sia figlia dell’ipocrisia.
“Non sono modesto? Non ho alcun motivo per esserlo”.
Oppure.
“Gli arbitri hanno due possibilità: essere d’accordo con me o sbagliare.”
E quando qualcuno, parlo dei tempi in cui ancora attraversamo il mondo sensa prenderci alcuna pausa, ti diceva: “Hai ragione”, replicavi.
“Mi capita spesso”.
Il tuo “personalissimo cartellino” non può essere messo in discussione, anche per questo è diventato famoso.
Con gli arbitri hai un conto sempre aperto.
“In questa Olimpiade di Seul i pugili sono dilettanti, ma i giudici sono ladri professionisti.”
Sei un grande.
Hai vinto il premio USSI con un’intervista a Henry Kissinger. Ma soprattutto hai vinto per due volte un premio che ti ho sempre invidiato: Tennis Writer of the year. L’Oscar del tennis, assegnato dall’ATP attraverso una votazione tra i tennisti professionisti. Cioè, tanto per capirci, votavano Sampras, Agassi, Edberg, Becker, Lendl e altri signori di questo livello. Applausi.
A tennis hai anche giocato, un terza categoria a inizio anni Cinquanta, tre volte campione italiano universitario.
Commentasti a modo tuo.
“A conferma del basso livello culturale dei migliori tennisti italiani“.
Con Gianni Clerici hai formato una coppia fantastica, ma soprattutto inimitabile che ci ha regalato indimenticabili telecronache di tennis.
Ubaldo Scanagatta, tuo collega ed amico, ti ha dedicato un libro che hai letto sorridendo compiaciuto durante un’edizione degli Internazionali d’Italia.
Circoletto rosso, questo il titolo. Dentro c’è la tua storia, le frasi celebri, il tuo taccuino e tanto altro ancora.
“Ci pagano per svolgere un lavoro per il quale pagheremmo noi. Forse sarebbe meglio che non lo sapessero”.
Avrei potuto chiudere qui questo articolo per celebrare i tuoi novant’anni. Ma mi sembra giusto che le ultime parole siano di un grande giornalista, uno scrittore che ci ha regalato splendide pagine in cui raccontava lo sport e la vita.“Stimo Rino Tommasi, uno dei più culti giornalisti sportivi in assoluto. Un cervello essenzialmente matematico però capace di digressioni etico-fantastiche quali consente uno sport come il pugilato. Io lo chiamo professore senza la minima ombra di esagerazione scherzosa.”
Parola di Gianni Brera.
Auguri Rino.

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