
Anthony Joshua è tornato a vincere per knock out, non accadeva dal 12 dicembre 2020 (Kubrat Pulev, ko dopo nove round). È una nota positiva.
Accanto però ci sono tutti i dubbi lasciati dentro e fuori dal ring di Londra.
Per sei round è andato a rimo lento, molti colpi fuori misura, nonostante Robert Helenius gli lasciasse la possibilità di percorrere praterie sconfinate. Il finlandese ha boxato con una guardia bassa che lasciava quasi sempre scoperto il volto, è stato lento di riflessi, si è accorto del colpo finale solo quando è finito al tappeto. Eppure l’approccio con il jab sinistro dalla corta distanza, per poi piazzare il destro, era stata una combinazione tentata più volte dal britannico. E quell’inclinarsi sul lato destro, piegando ginocchio e braccio era un segnale di pericolo da prendere in considerazione.
Il colpo è arrivato preciso e devastante.
“Un match da scacchista”, così l’ha definito AJ. Per palati fini, ha poi spiegato: “Tutti questi signori che mi hanno fischiato, hanno mai fatto il pugile?”.
Che voleva dire? Tutto il pubblico pagante nell’Arena e quello che in precedenza ha visto i suoi match, dal vivo o in pay per view, doveva presentare affiliazione e record per avere l’onore e il piacere di guardarlo? Solo loro hanno il diritto di esprimere gradimento o noia? Attento, perché, se così fosse, gli incassi calerebbero vistosamente e gli oltre 150 milioni guadagnati in carriera scivolerebbero nel nulla.
È chiaramente una dichiarazione di frustrazione.
Ha capito di non essere più quello di una volta e si è aggrappato alla superbia.
Il nervosismo è uno dei segnali evidenti del decadimento della prestazione.
È accaduto contro Jermaine Franklin (ricordate la rissa finale?), si è ripetuto contro Robert Helenius.
“Ho la schiena a pezzi a forza di portare sulle mie spalle l’intera categoria dei pesi massimi”, altra perla di modestia.
Qualche soldino da solo, qualche tutto esaurito da 90.000 persone l’ha fatto anche Tyson Fury…
La cosa bella di ieri sera è stato il destro che ha chiuso il combattimento.
Non tanto per la potenza devastante che ha generato, quanto per la scaltrezza tattica, il senso del tempo e la scelta della giusta misura per realizzarlo.
Se fai queste cose, vuol dire che sei bravo. Certo, sarebbe meglio farle contro qualcuno un po’ più forte del finlandese. Fuori dai Top 15 di qualsiasi Ente, 39enne messo ko in meno di due minuti da Deontay Wilder il 15 ottobre 2022, scelto nel mazzo a cinque giorni dal match.
Il record di AJ conferma che è un ottimo pugile, ha tecnica e pugno pesante (23 vittorie su 26 sono arrivate prima del limite). Manca però di una solida tenuta sotto pressione. La vittoria contro Wladimir Klitschko è l’unica eccezione, ma stiamo parlando di quasi sei anni e mezzo fa.
Il non riconoscere l’evidenza dei fatti, lo scaricare le colpe sull’ignoranza del pubblico che lo ha reso ricco e famoso, sono segnali che indicano una sofferenza interna. Il sorriso manca da tempo nei suoi post match, nonostante le vittorie. Il tarlo del dubbio, sembrerebbe tormentarlo.
Il prossimo appuntamento dovrebbe essere a gennaio, in Arabia Saudita, contro Deontay Wilder. Pare che la borsa sia di 50 milioni di dollari. Può farcela, anche se a mio avviso l’americano parte favorito (60/40).
Tyson Fury? Non so, nessuno lo sa, quale sarà il suo futuro. Ma non credo che, al momento, AJ possa pensare di batterlo.

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