
Mezzo secolo, questa è la sua età.
Danny Williams è venuto al mondo il 13 luglio del 1973. Da ventotto anni boxa da professionista. È un omone alto 1.91, pesa 107 chili.Combatte da peso massimo e nel suo record ha una vittoria che ha segnato a fuoco il momento di massima gloria, ma subito dopo si è trasformata in una condanna definitiva.
Il 30 luglio del 2004 ha sconfitto per ko 4 Mike Tyson. Ha visto la luce del successo, poi tutto è diventato buio.
L’11 dicembre di quello stesso anno ha affrontato Vitali Klitschko, per il mondiale WBC. È stata una mattanza. Quattro volte al tappeto, torturato dai colpi dell’ucraino, incapace di reagire, massacrato dalla quantità e dalla potenza dei pugni incassati. Ha resistito fino all’ottava ripresa. Poi è crollato, sconfitto per ko 8.
È stata quella la notte che ha annunciato la discesa nel girone dei dannati.
Danny Williams non sorride più, porta in giro il suo faccione triste e spera che qualcuno arrivi a salvarlo.
Diciannove anni dopo, l’uomo di Brixton sta ancora cercando un po’ di serenità. Spero ci riesca, ma penso che sarà dannatamente difficile trovarla.
Tre mesi fa, il 22 aprile, ha disputato il match numero 87 della carriera: 55 vittorie, 32 sconfitte, 17 delle quali per ko. In una palestra di Tallin ha battuto per ko, dopo 2:37, Vadims Tihomirovs (dieci chili meno pesante, undici centimetri più basso), lettone di 35 anni con un record di 2-16-1, tutte e sedici le sconfitte sono arrivate per ko. Nell’impianto una decina di persone, più per curiosità che per passione, hanno visto alcune fasi dell’incontro.
È la prima vittoria dopo quattro sconfitte consecutive. Un successo inutile, contro un rivale talmente scarso da figurare al numero 1120 su 1136 pesi massimi nel mondo, secondo il sito specializzato boxrec. Williams è pugile professionista da 28 anni, da più di dieci il British Boxing Board of Control gli ha proibito di combattere in Gran Bretagna. Ritiene, giustamente, che l’attività pugilistica sia pericoloso per la sua salute.
Lui ha preso la licenza nella Repubblica Ceca ed è diventato un vagabondo del ring. Un pugile con la valigia, per guadagnare si è battuto in quattordici Paesi: Germania, Spagna, Finlandia, Norvegia, Latvia, Russia, Romania, Emirati Arabi, Repubblica Ceca, Polonia, Estonia, Ungheria, Austria, Kazhakistan.
Le immagini dei suoi incontri sono un continuo messaggio di paura mista a tristezza.
In ordine.
11 settembre 2020
Williams vs Sergey Kharitonov (sconfitta per kot 2)
27 marzo 2022
Williams vs Djuar El Scheic (sconfitta per kot 3)
22 aprile 2023
Williams vs Vladims Tihomirovs (vittoria per ko 1)
Durissima, un anno fa, la reazione del promoter Lou Di Bella che ha postato un commento sul suo profilo Twitter.
“Danny Williams continua a subire danni cerebrali, causati dall’insensibilità dei commercianti di sangue che operano nella boxe, match resi possibili da commissioni canaglia e regolamenti irresponsabili. Questo è il lato oscuro del nostro sport ed è fottutamente disgustoso”.

I soldi sono finiti da tempo, non ha lavoro. Così si è convinto che gli sia rimasta una sola opzione, giocarsi il ricordo di un’impresa del passato. Gli serve moneta per andare avanti.
Di Bella è stato il primo donatore di una campagna in suo sostegno.

Un amico del pugile aveva aperto quasi tre anni fa una sottoscrizione attraverso il sito gofundme.com. L’obiettivo era quello di raccogliere 100.000 sterline, tante quanti gliene sarebbero servite per ritirarsi definitivamente, creare un’attività lavorativa, dare sostentamento alle due figlie e pagare i loro studi. In una settimana ne sono state raccolte 710. Oggi sono tornato sul sito, dopo trentasei mesi siamo a quota 1.200 sterline. Decisamente lontani dall’obiettivo.
Danny Williams avrebbe dovuto fermarsi dieci anni fa. Tante volte ho detto che per un pugile l’ultimo match è sempre il prossimo, ma stavolta siamo oltre ogni limite. Cinquant’anni non è certo l’età giusta per salire sul ring. Solo chi gli sta vicino potrebbe convincerlo a smetterla di camminare su quel filo teso tra due grattacieli. La vita, a volte, offre una seconda possibilità. Lui se l’è già giocata, ma continua a rischiare.

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