
New York, 30 dicembre 1949.
È la notte in cui Rocky Marciano scopre cosa sia la paura. Quella vera che sembra blocchi il battito cardiaco, che ti fa sudare anche se sei fermo, che riempie la testa di brutti pensieri.
Sale sul ring per affrontare Carmine Vingo, un ragazzo di vent’anni, origini italiane. I genitori lottano ogni giorno contro la bestia feroce della povertà. Vivono tutti in un quartiere difficile come il Bronx.
L’arena è quella del Madison Square Garden.
Rocky ha vinto tutti e 24 gli incontri disputati, è già un eroe popolare. Ci sono diecimila spettatori sulle tribune, l’arbitro è Harry Ebbets: ex pugile con 146 match all’attivo. Ne ha vinti 116.
Dopo due minuti Vingo è già al tappeto, un doppio gancio sinistro di Rocky gli frattura la mascella, ma il ragazzo si rialza al nove e va avanti.
Va ancora giù, il volto è una maschera di sangue, i lineamenti sono deformati dai colpi di Marciano. Altri due conteggi nel round successivo.
Nella sesta ripresa è ancora un gancio sinistro a mandarlo giù, la testa impatta violentemente sul tappeto, perde conoscenza.
L’arbitro guarda gli occhi vitrei di Vingo e chiama immediatamente il medico. Non c’è un’ambulanza ad aspettare fuori del Garden, non ci sono ambulanze che possano arrivare dal vicino Santa Clara Hospital.
Il dottor Vincent Nardiello gli fa un’iniezione direttamente sul cuore, riesce a rianimarlo. Pochi istanti dopo, Carmine collassa di nuovo. Il medico lo fa trasportare a piedi. Lo avvolgono in coperte che diventano un’improvvisata barella e corrono fino all’ospedale che è a due isolati di distanza.
Venti minuti tra il ko e il ricovero. Una vita.
Quando i paramedici superano la porta di ingresso, Vingo è in coma. Ha un ematoma cerebrale, deve essere operato.
L’equipe medica si prepara all’intervento, un sacerdote gli dà l’estrema unzione.
Rocky è accanto a lui, distrutto, ha un leggero malore, si riprende in fretta. Ha paura. Cammina su e giù lungo il corridoio pregando Dio di salvare la vita di quel ragazzo. Incrocia la mamma di Vingo, si scusa, piange. È distrutto.
Carmine viene operato, la situazione è disperata. La tragedia è dietro l’angolo.
Poi, improvvisamente, tutto cambia.
Servono venti giorni per i primi miglioramenti, ma il miracolo di un ritorno alla vita si avvera. Nel febbraio del 1950 Vingo lascia l’ospedale, può tornare a casa. Dopo due anni recupera la completa efficienza fisica.
Marciano paga le spese mediche e quando il ragazzo celebra le nozze con la bella Kitty, regala agli sposi la stanza da letto. Vingo è presente a ogni match importante dell’ex rivale.
Se ne va via per sempre il 2 giugno del 2015, a 85 anni.
Rocky Marciano muore il 31 agosto del 1969, il giorno prima del suo quarantaseiesimo compleanno. Precipita, assieme al pilota del suo aereo privato, a Newton nell’Iowa durante un volo partito da Des Moines e condotto in condizioni atmosferiche proibitive.
(da DODICI GIGANTI di Dario Torromeo, editore Absolutely Free, 2003)

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